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‘Sul Gran Sasso non nevica più’

27 maggio 2016 | 15:32
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‘Sul Gran Sasso non nevica più’

“Montagne senza neve” è stato il ritornello che ha accompagnato l’inverno appena trascorso. E’ vero che non nevica più come in passato? Risponde Emanuele Valeri, giornalista scientifico con la passione indiscussa per la meteorologia e climatologia e ideatore del sito valerimeteo.it e della pagina Facebook Neve Appennino. E’ di Roma, ma ha una casa a Rovere che lo tiene vicino alle montagne d’Abruzzo.

“Il discorso è molto complesso perché in climatologia si ragiona prendendo come riferimento non una singola annata, ma la media su cui ci si confronta è quella che va dal 1971 al 2000. Solo in questo caso le rilevazioni climatiche hanno valore: solo se fatte con un range temporale minimo che va di 30 anni in 30 anni. C’è stato un evidente aumento delle temperature che spesso non coincide con la percezione delle persone. La settimana che va dall’8 al 14 maggio è stata relativamente calda per tre terzi d’Italia, eppure noi l’abbiamo considerato un periodo freddo anche se le temperature ci dicono altro.” La settimana in questione è proprio quella che ha visto protagonista la neve, una decina di centimetri hanno imbiancato Campo Imperatore e Ovindoli.

“Dire non nevicherà più è una pazzia. Pioggia, caldo, freddo, neve, non manca nulla. Il 2014 è stato l’anno più piovoso insieme al 2015 e anche il più caldo. Così come negli ultimi dieci anni il 2005, il 2012 e il 2015 hanno visto nevicate abbondanti che hanno raggiunto il metro e mezzo di neve da gennaio a marzo a partire da 1200 metri sul livello del mare. Così come è opportuno sottolineare che l’inverno del 2012 non è paragonabile a quello del 1956 e 1985 pur restando un evento straordinario”.

Il Calderone, l’unico ghiacciaio appenninico esistente, rischia però di scomparire come annunciato più volte negli ultimi 20 anni. “Non dimentichiamo che stiamo parlando di nevi perenni. E’ evidente che alla base è rimasto poco o niente. Ma a quota 1500 metri resiste”. E lo fa grazie alle rocce del Gran Sasso che lo racchiudono nello stretto vallone. Benché molti lo considerino scomparso a partire dall’inizio degli anni ’90 oggi il ghiacciaio è presente nonostante il limite teorico delle nevi perenni posto a circa 3100 metri e nel 2008 ha avuto una piccola crescita.

 Il clima, i cambiamenti e l’industria dello sci: Valeri, appassionato anche si sci, si pronuncia sulla situazione turismo della montagna aquilana: “Dire non facciamo impianti che tanto non si scia causa mancata neve non è corretto”. Lascia la risposta al clima stesso ed al risultato delle copiose nevicate di questo inverno: “Ha cominciato a nevicare tardi, ma poi la neve è stata abbondante e ha permesso alla stazione di restare aperta 100 giorni” Insomma caldo più o caldo meno le fenomenologie non cambiano. Possono mutare i modi, possono verificarsi fenomeni estremi ma dire che non nevicherà più è follia”.

Ecco nel dettaglio attraverso i dati messi a disposizione dal centro di ricerca dell’ISAC-CNR, la passata stagione “invernale” sotto il punto di vista meteo-climatico:

Vi faccio una breve premessa. Tutte le analisi statistiche che potete vedere sono basate in riferimento alla media climatica 71-2000.
Le rilevazioni sono cominciate intorno al 1800, delle annate e dei periodi precedenti si può “purtroppo” solo fare riferimento ai sedimenti, all’altezza delle acque dell’Oceano, al grado di erosione delle rocce..ecc,ecc..

meteoDetto questo nella prima immagine vediamo quelle che realmente sono state le anomalie climatiche della scorsa stagione invernale. Stagione invernale, che ricordo, meteorologicamente parlando comincia sempre con il 1 di Dicembre e termina con l’ultimo giorno di Febbraio.
Secondo i dati statistici elaborati dal CNR, il trimestre invernale ha chiuso con un’anomalia positiva di +1.76°C. Tale valore di anomalia avrebbe garantito a questa stagione, di salire sul podio ( 3° posto) delle stagioni invernali più miti di sempre (sempre dall’inizio delle rilevazioni). Complice di questa anomalia così marcata è stata quella configurazione ad “Omega” che ha permesso all’anticiclone di piallarsi a lungo su parte dell’Europa centro-occidentale.

Il trimestre invernale più caldo, in assoluto, fu quello della stagione 2006/2007 che fece registrare un’anomalia di +2.13°C. La stagione più fredda in assoluto (dall’inizio delle rilevazioni) fu invece quella del 1830, dove il trimestre invernale chiuse con un’anomalia negativa di -5.61°C.

meteo 2Se poi passiamo ad esaminare il dato pluviometrico, sempre dello scorso trimestre invernale (figura 2), notiamo che in realtà anche qui siamo stati piuttosto sfortunati
La passata stagione invernale si è piazzata al 39 posto nella graduatoria delle stagioni più secche di sempre. Il deficit pluviometrico che abbiamo registrato con la chiusura delle registrazioni dei dati è stato di un -22% rispetto alla media 71-2000.

La stagione più piovosa “secondo le rilevazioni” è stata quella del trimestre invernale del 1800 ( con un +107% di anomalia pluviometrica finale), mentre quella più secca, sempre secondo i dati, sarebbe quella del 1849 con un deficit registrato di un -65%.

Questo che ho enunciato è solamente un discorso basato sulle statistiche di dati registrati nel corso della passata stagione. Una stagione partita male sin dall’inizio e condizionata fino alla fine.
Rientra nella casistica delle stagioni che possono verificarsi. Emanuele Valeri