Che fine ha fatto la Croce Rossa Italiana?

21 gennaio 2017 | 11:31
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Che fine ha fatto la Croce Rossa Italiana?

«Chiediamo scusa a tutti, per primi ai nostri fratelli terremotati» scrive in una lettera aperta un ex militare della Croce Rossa Italiana, in prima linea in una così grande tragedia dopo il decreto Monti .

A seguito del Decreto 178/12, voluto dal governo Monti, sostenuto dai vertici della Croce Rossa Italiana, confermato dai governi Letta e dal Governo Renzi, infatti, si è sancita la privatizzazione della CRI. I dipendenti dell’ente, esperti di soccorso e specializzati nella gestione delle situazioni di crisi, sono stati trasferiti nel silenzio generale in diversi Ministeri con incarichi impiegatizi.

«Dopo 150 anni di storia al fianco del popolo italiano – continua l’ex militare CRI nella sua lettera – durante le più grandi calamità che hanno colpito il nostro Paese, questa volta non siamo ad aiutarvi. Ci piange il cuore ma ci hanno bloccato.

Eravamo il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, militari talmente disarmati da non essere riusciti neanche a difenderci, ma pieni di professionalità per portare soccorso in caso di calamità e guerre sia in Italia che all’estero.

Non siamo soli in questa triste storia di smantellamenti di professionisti del soccorso, ci sono anche i cugini del Corpo Forestale dello Stato e i Vigili del Fuoco ausiliari.

Forse qualcuno è informato di quanto è successo a loro, pochissimi sanno cosa è successo a noi. Abbiamo 150 anni di storia, il Corpo Militare CRI nasce con la Croce Rossa, è la Croce Rossa. Dalle guerre di indipendenza a tutte le calamità che hanno toccato il nostro amato Paese, noi siamo stati sempre i primi a partire e gli ultimi a tornare a casa.

Con un Decreto del governo Monti (la “g” minuscola non è un errore), il 178/12, la Croce Rossa viene privatizzata. Prima operazione che è stata effettuata è togliere gradualmente le possibilità di intervento a tutti i militari della CRI, una pastoia burocratica architettata per far calare di visibilità gli uomini che si sono formati con decine e decine di anni di interventi in emergenza.

Lo stesso “Servizio Interventi di Emergenza” che faceva parte del Comitato Centrale CRI è stato soppresso, per fare spazio ai volontari, molti dei quali hanno trovato un sostanzioso contratto di lavoro proprio per le lacune che si venivano a creare con questa paradossale operazione che inizialmente e prima del decreto doveva essere solo un semplice “riordino” della CRI.

Che fine hanno fatto e che fine faranno questi professionisti del soccorso, ormai ex militari?

Saranno ricollocati presso vari Ministeri, già una prima tranche è stata trasferita al Ministero di Grazia e Giustizia a fare i cancellieri, esperti di soccorso utilizzati per redigere verbali.

Dal primo febbraio altri si troveranno presso altri Ministeri per svolgere lavori impiegatizi, che nulla hanno a che fare con la loro pluriennale esperienza nell’ambito emergenziale.

Fra loro ci sono medici, infermieri ma anche elettricisti, idraulici, operatori di macchine speciali, tecnici di radiocomunicazioni, tecnici di laboratorio, autisti ai massimi livelli, specialisti dei soccorsi e con tanti anni di esperienza.

Ci sono anche macchine speciali per ogni tipo di emergenza, moduli abitativi da utilizzare per il sistema sanitario, interi ospedali da campo, gruppi elettrogeni, sale chirurgiche motorizzate, ambienti per la decontaminazione campale, cucine da campo, torrette di illuminazione, idrovore, potabilizzatori, ruspe e anche motoslitte.

Solo una piccola aliquota è rimasta del migliaio di persone che componeva il Corpo Militare CRI, non tutti sono abilitati all’utilizzo dei mezzi e delle attività speciali. Nella nostra stessa situazione si ritrovano i dipendenti civili della CRI, presto sostituiti da solerti volontari che dalla finestra non aspettavano altro. Ma anche chi rimane non rimarrà militare a lungo, la privatizzazione imporrà la loro decadenza con le stellette. Non esiste associazione privata con un corpo militare.

La nostra non è una guerra ai volontari, che rappresentano splendida gente comune ma allo stesso tempo straordinaria, che aiuta chi ha bisogno, ma non riusciamo a concepire come si possano mettere a paragone con dei professionisti; i volontari sono un validissimo supporto, ma non possono sostituirsi a chi lo fa da una vita per lavoro.

Potevamo fare di meglio, potevamo fare di più, questo è certo. Ma così non potremo fare più nulla, se non ritrovarci a fare gli impiegati passa-carte con tanti ricordi e senza un futuro. Potevamo essere il braccio operativo della Protezione Civile Nazionale, così non è stato. Così non potrà più essere.

Per questo chiediamo scusa ai nostri fratelli terremotati, questa volta non ci siamo, solo pochi sono rimasti a portare soccorso, li avrete visti, li avrete conosciuti, noi non ci siamo ma non per nostra colpa. Noi tutti eravamo il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana».