La montagna e la ricerca delle ‘Cose maravigliose’

15 novembre 2011 | 14:31
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La montagna e la ricerca delle ‘Cose maravigliose’

di Vincenzo Battista

In un giorno imprecisato di metà novembre del 1950, “due passeggeri” sostano davanti ad una fermata. Attendono la corriera. Proviene del centro di San Demetrio. Finalmente sbuca dall’ultimo tornante, infila il rettilineo e si ferma davanti al bivio, sotto il borgo di Ripa Fagnano. Per lui non ci sono problemi, ma per l’altro passeggero, un maiale, il conducente deve scendere dal mezzo e attraverso la scaletta posteriore della corriera, aiutare ad issarlo sopra il portapacchi del tetto, sistemarlo poi dentro le “caie” in legno, e con le corde ancorare il prezioso carico. Il “tartufanare”, il cercatore di tartufi, dirà più tardi qualcuno dell’uomo che ha controllato il “bagaglio” esterno, è salito infine sulla corriera, con la bisaccia e uno strano utensile che assomiglia molto ad una piccozza utilizzata degli alpinisti.

“Nascono i tartufi in luoghi secchi, e arenosi, e tra sterpi; attesochè quei nostri contadini, che s’industriano di cavarli, non per simili luoghi, ma per mezzo i campi coltivati gli trovano; anzi sotto quei terreni, dopo possono i porci a tal’uso ammaestrati col grugno dissotterrargli. . . ” citando Plinio, nel libro Archidipitno, “overo dell’insalata, e dell’uso di essa”, lo storico aquilano Salvatore Massonio pubblica, “In Veneta”, nel 1627, quello che doveva essere “Un trattato nuovo, curioso, e non mai dato alla luce”, oggi appare un saggio agro – alimentare anche sulle “Cose Maravigliose del tartufo”, capitolo XXIV, oltre la gastronomia, nel volume, sono presenti una varietà di prodotti agricoli, con tanto di ricetta storica, di sperimentazione sulla cottura dei cibi, e infine anche di tutela dell’alimentazione e dei frutti dei campi esclusivi come appunto il tartufo. Ed è forse quello che sta pensando il “tartufanare” dentro la corriera, i “prodotti esclusivi”, che l’ingegno deve trovare, vendere e farne un reddito stagionale, anche se si tratta di attraversare la valle dell’Aterno, la Subequana, e da Forca Caruso scendere con la corriera nel Fucino fino all’estremo lembo del villaggio di Gioia dei Marsi per portare il maiale presso una famiglia del luogo che dovrà governarlo. Quella era considerata una “base di appoggio” della società, dai soli patti verbali, di dieci persone, che si era costituita tra Ripa, S. Pio delle Camere e Succiano. Ogni settimana, a turno, si doveva raggiungere Gioia dei Marsi, prendere il maiale e cercare i tartufi, spingendosi dall’area meridionale della Marsica fino al parco nazionale d’Abruzzo.

“Dovevamo essere onesti tra noi – mi dicono – bisognava andare sempre in due per non truffare la società degli uomini”. Dopo l’addestramento, che durava diverse settimane, il maiale si portava in montagna e lì iniziava a “cercare”. A differenza dei cani da ricerca, il maiale non sbagliava quando si fermava, annusava il terreno, puntava le zampe anteriori, sentiva il tartufo sotto la terra, poi scavava e con la zappa l’uomo estraeva il tartufo.

“A quei tempi, come lo zafferano – continua il racconto – la vendita del tartufo per i contadini era una risorsa e il maiale non sbagliava un colpo, ha un fiuto superiore al cane; si tiravano fuori tartufi anche di seicento grammi, eravamo gli unici, e la gente del posto non capiva la ricchezza dei tartufi, ci prendeva in giro perché andavamo per le montagne portandoci dietro il maiale. . .”

Quella “ricchezza” ambientale che è stata presentata dalla Comunità montana “Monte Subiaso”, in Umbria, in una mostra espositiva del tartufo, ospite anche la città di Alba, ha visto numerosi eventi etno – gastronomici legati al paesaggio naturale: dalla difesa del suolo alle tradizioni; dall’incremento del patrimonio tartufigeno alle numerose aziende agricole alla famiglia C. Urbani che negli anni ’30, nella provincia dell’Aquila, acquistava i tartufi da centinaia di cavatori locali, in un “paesaggio rinomato” ma che sembra essersi fermato al trattato di Massonio : “ . . . Nascono i tartufi all’ora che piove, e tuona spesso al tempo dell’Autunno. . .”.