La Conca aquilana e la storica fiera di Santa Caterina a Barisciano

25 novembre 2011 | 14:39
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La Conca aquilana e la storica fiera di Santa Caterina a Barisciano

di Vincenzo Battista

“[i]Vieni dilecta mia, speciosa mia, ecco a te è aperta la porta del cielo. . .[/i]”, così Jacopo da Varazze nella legenda Aurea (IX e X secolo) immagina la “sposa” Caterina D’Alessandria, chiamata da Cristo nel regno dei cieli per avviarla a “vere” nozze, e sottrarla, dopo l’imprigionamento, la fustigazione, il supplizio e il martirio, alla furia del suo corpo straziato.

La santa aveva rifiutato nel IV secolo di sposare l’imperatore Massenzio. Ingaggia anche un confronto con argomenti dotti per abbattere gli idoli pagani, ma Caterina (patrona dei colti e dei sapienti) affronta infine la pena della tortura e viene decollata secondo la tradizione ad Alessandria d’Egitto il 25 novembre del 305.

Per poter guardare quella vicenda agiografica d’impronta mistica medioevale, per vederla trasformata in pittura, bisogna aspettare Jacopo Tintoretto ( 1519 -1593) e il “festival” del barocco con i suoi fasci luminosi, le armature in penombra, l’angoscia delle prigioni, i panneggi arabeschi e le vesti broccate, la luce che squarcia il buoi, la luce della salvezza: è la pittura della Controriforma, imperante in quei tempi. Caterina, nuda, è coperta solo da un perizoma, scandalo oltre ogni immaginazione in quel contesto: una sfida però, a patto che si avvicinasse il popolo, per stupirlo, farlo diventare come lei nel racconto del martirio della ruota dentata: la sua sofferenza, la vittoria sul male è il messaggio subliminale per i credenti. Jacopo Tintoretto e i suoi aiuti, in sei episodi, sei teleri (grandi dipinti su tela, in cronologia, usati come rivestimento e decorazione) svelano nella metamorfosi il racconto della sua vita; come in una Via Crucis tra ombre e luci Santa Caterina rappresenta il dramma barocco e le sue ansie riformiste. Le sei tele sono riunite in un tripudio di colori con al centro la santa regina, con l’aureola, la corona in testa, raggiante, la “crolla” così chiamata da queste parti, nell’antica fiera di Santa Caterina a Barisciano: leggenda locale dedicata alla santa nell’ambito del patrimonio storico – religioso; crocevia di culture, la fiera ha caratterizzato lo scambio di esperienze e merci; incontro tra realtà artigianali, commerciali e cultura rurale alle porte dell’altopiano di Navelli, nell’imminente inverno, per approvvigionarsi, in nome della santa appunto, del necessario.

“Fatte di paglia, le crolle, e di frumento – raccontano nella tradizione orale locale – solo nella parte interna, l’anima del manufatto; segala intrecciata invece il rivestimento, ma doveva essere bagnata, messa a mollo. Dopo la mietitura si cominciavano a fare le crolle e per farle una ci voleva un’ora. Servivano per reggere la conca dell’acqua quando questa si poggiava sul camino, sulla cucina di mattoni; oppure il caldaio, quando dal camino si scendeva a terra. Una crolla si barattava con mezzo chilo di fagioli o un po’ di patate, farina, il lardo per la minestra…”, tanto valeva la crolla della povertà, ma che benedetta, per un giorno, scendeva dal capo di Santa Caterina.

Preziose, scaramantiche gioie d’oro, monili e ornamenti della tradizione abruzzese, nelle varie forme, richiamano le prime rappresentazioni, le più arcaiche, del corredo femminile, rinvenute recentemente nelle necropoli delle donne pretuzie d’età ellenistica: fogge e sagome simboliche, in definitiva, mutano solo in parte, da allora, nei materiali, a forma di luna per esempio, di sole, oppure disegni – geometrie divinatorie, ma anche vaghi d’oro di collane a girocollo, a grani di corallo esposti, invece, sui tavoli tra la polvere, gli animali e le urla e i richiami della folla che spinge, si accalca, vuol vedere quello spettacolo mostrato, unico, in un ”rito” annuale, autunnale, calendariale che si celebra, mentre qualcuno grida per richiamare l’attenzione della sua bancarella nell’antica fiera di Santa Caterina. Catenine, medaglioni, orecchini in oro, a cerchio o pendente, insieme a collane e pettorali con diverse catenelle sono esposte, mostrate ai contadini, i “clienti”, “cimeli preziosi” che si possono vedere nella tempera su tavola “ Le serpi” (anno 1900) di Francesco Paolo Michetti, ma anche nel quadro “Il suono e il sonno” (anno 1893) di Basilio Cascella, oppure nell’olio su tela “Il mio gioiello” (anno 1899) di Pasquale Celommi: contadine ritratte, dell’Ottocento verista, bucolico, agreste e pastorale, ma anche propiziatorio, apotropaico per alcuni versi; le donne mostrano “l’oro”, i gioielli indossati nella ruvidezza dei corpi, nei volti della fatica, nelle pose della festa popolare, tra sacro e profano. La fiera di S. Caterina.

{{*ExtraImg_238193_ArtImgRight_300x293_}}Al termine dei raccolti, nel piazzale della chiesa di Barisciano, appunto il 25 novembre, si apriva la “borsa” delle merci, la più importante degli altopiani aquilani, si “battevano” i prezzi dello zafferano, i mercanti fissavano le quote e con il ricavato della preziosa spezia venduta i contadini acquistavano gli orecchini d’oro, considerati un evento, il primo corredo delle promesse spose benedette dalla santa, torturata dalla ruota dentata ( diventata il suo attributo iconografico) e infine decapitata; dal suo collo sgorgò il latte che nutre e protegge gli allevatori del Gran Sasso, narra la leggenda; ma prima di tutto è icona, segno divino, magnifica statua lignea; Santa Caterina d’Alessandria, corredata da due ante di sportello di tabernacolo ( come in un storyboard sono rappresentate e illustrate le sequenze della sua mitica e mistica vita) esposta prima del terremoto nel primo piano del Museo d’Abruzzo, nel Castello cinquecentesco. Paesaggio e iconografia si soprappongono, quindi, tradizione locale e beni culturali materiali e immateriali combaciano, mercato, fiera e opera d’arte continuano a vivere, si cercano, si richiamano a vicenda, si attraggono, nell’idea che la cultura del paesaggio, il 25 novembre, testimonierà ancora una “storia” che inconsapevolmente ci appartiene.