L’Aquila, “Città di persone”: Politici, giù la maschera

10 gennaio 2012 | 15:59
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L’Aquila, “Città di persone”: Politici, giù la maschera

L’Aquila, 10 gen 2012 – Non è  una lista civica, né un esperimento politico alternativo ai partiti e alle liste che si sono fatte avanti in vista della competizione elettorale di maggio. “Città di persone” è un movimento d’opinione. Una lobby all’anglosassone. Così vogliono essere definiti gli avvocati, esperti di comunicazione, commercianti, commercialisti, operatori culturali, artisti che hanno aderito alla nuova creatura aquilana.

Una delle fondatrici, Roberta Gargano, rappresentante del consorzio Piazza della Prefettura e responsabile dell’ufficio comunicazione del Teatro stabile d’Abruzzo, spiega cos’è e cosa non è “Città di persone”, il movimento civico che sta acquistando sempre più consenso tra la cittadinanza tramite il web , in particolare Facebook e il passaparola.

Dottoressa Gargano, “Città di persone” è una nuova realtà politica in vista delle elezioni di primavera?

«Non è così. “Città di persone” non è una lista civica, come qualcuno sulla stampa ha detto. E’ molto di più: è un movimento di opinione. Una lobby di stampo anglossassone, un gruppo di pressione basata sul contributo delle forze sane della cittadinanza. Noi facciamo richieste ai politici e aspettiamo la loro risposta. Non siamo dei candidati, ma “portatori d’interesse” della nostra città. Vogliamo che i nostri dipendenti, cioè gli eletti, facciano qualcosa per questa città».

E se domani venisse un candidato a chiedervi di aderire alla sua coalizione, cosa rispondereste?

«Non siamo in fila per le elezioni. Non abbiamo intenzione di appoggiare candidati. Se viene un candidato a chiederci di appoggiarlo, siamo noi che gli chiediamo cosa intende fare adesso per L’Aquila subito e non dopo aver vinto le elezioni. In base alla riposta che arriverà alle nostre proposte dal mondo partitico, noi decideremo chi votare. Per le promesse non c’è più spazio. E questa campagna elettorale si sta giocando sulle parole mentre la città muore. Quello che si può fare dopo maggio, si può fare anche nell’immediato. I programmi elettorali ci lasciano perplessi. Ai candidati sindaci chiederemo cosa hanno fatto finora. I politici che hanno partiti di riferimento devono finalmente dirci cosa intendono fare nel presente. Perché L’Aquila sta morendo e noi dobbiamo pensare a restituire un futuro ai nostri figli. Luoghi di aggregazione, una città sicura, un territorio in cui si possa lavorare e non dal quale fuggire. Se le risposte del candidato o dei candidati ci piaceranno, noi lavoreremo insieme a loro».

State dunque preparando delle proposte, delle azioni da portare avanti?

«Il nostro scopo è proprio presentare proposte. Tra qualche giorno porteremo all’attenzione della cittadinanza un nostro piano di ricostruzione per tutti i centri storici dell’Aquila. Si tratta di una proposta di piano per spiegare cosa occorre, cosa serve agli artigiani, alle imprese, agli avvocati. E poi faremo una serie di altre azioni per mettere al centro i temi collettivi. Insomma, siamo una realtà molto innovativa. Mi sembra che il mondo partitico dell’Aquila non sia ancora pronto ad accogliere questa novità, tant’è che tutti ci definiscono lista civica. Invece a livello civico L’Aquila è pronta: lo dimostra il numero delle persone che ha aderito al gruppo con un semplice passaparola».

In cosa consiste il vostro piano di ricostruzione?   

«Proponiamo un documento snello, di poche pagine, un piano economico. Sono tre anni che aspettiamo quello del Comune: dov’è? Cosa ci stanno scrivendo dentro? Noi lo abbiamo messo a punto senza la grande squadra di tecnici di cui si è avvalso il Comune. Mentre per gli altri aspetti servono i progetti degli aggregati da ricostruire, altrimenti come si fa a fare un piano di ricostruzione? Prendiamo ad esempio il piano di Tempera. Il piano di spesa è stato fatto in base ai progetti presentati e ai sensi delle ordinanza vigenti. Ma in base a tali ordinanze non possiamo ricostruire il centro dell’Aquila, perché i fondi non sono sufficienti per i palazzi storici. Il nostro piano prevede leve d’attivare per lo sviluppo della città e obiettivi concreti da attuare subito. Per il centro storico dell’Aquila, ad esempio, non esiste un’ordinanza. Ma vi pare possibile dopo tre anni dal sisma? Per quanto riguarda i piani di ricostruzione ci sono dei massimali a metro quadro stabiliti in base ai canoni degli edifici popolari costruiti in cemento armato: questi sono i parametri. Ma come si fa per i palazzi storici (in muratura)? Per essi i soldi non bastano. Ci sono i sottotetti, le volte a botte, gli archi da ricostruire. Aspetti che devono rientrare in un documento che esamini quello che occorre e poi deve essere condiviso alla Regione, e alle strutture commissariali. Invece a oggi non abbiamo contezza di quello che ci aspetta».

A chi presenterete la vostra proposta di piano di ricostruzione?

«A tutte le forze sane che ci vorranno ascoltare, chiaro che poi dovrà essere il Comune ad adottarla, ma vogliamo cercare di smuovere la situazione, perché dopo tre anni non c’è stato da parte dell’amministrazione un solo atto di partecipazione. Intanto migliaia di persone e commercianti hanno le case sotto le intemperie, in rovina, abbandonate. Noi del movimento “Città di persone” riteniamo che sia  inutile aspettare le elezioni per fare le cose. L’Aquila deve essere ricostruita subito. Le promesse elettorali sono sciocche e dannose. Ognuno di noi fa il proprio lavoro. Siamo convinti che una cittadinanza propositiva riesca anche a smuovere la politica. E’ successo, ad esempio, con il Consorzio di Piazza della Prefettura, di cui faccio parte. Poi la norma ci è venuta dietro, l’iter si è smosso dopo la nostra attivazione. Il messaggio che vogliamo mandare ai cittadini è: attivatevi per smuovere la politica».

Quale episodio le acceso la lampadina e l’ha convinta che all’Aquila serviva una “lobby di pressione”? 

«Il trovare il centro storico dell’Aquila, la notte di Capodanno, completamente vuoto e desolato. Sono andata con mio marito e alcuni amici a fare un giro all’una di notte a piazza Duomo: una città fantasma. Ci siamo detti: ma che futuro vogliamo consegnare ai nostri figli? Così quella che era un’idea in formazione, quella sera è diventata certezza. Così è nato “Città di persone”».

M.Gianf.