Processo Grandi Rischi: assente Bertolaso

12 gennaio 2012 | 11:53
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Processo Grandi Rischi: assente Bertolaso

L’Aquila, 12 gen 2012 – Riprende il Processo Grandi rischi e per la prima volta si sono schierati tutti in aula, uno al fianco dell’altro, i 7 componenti della commissione che il 31 aprile si riunì a L’Aquila mentre la città tremava. Grande assente, invece, l’atteso ex capo del dipartimento di Protezione Civile, Guido Bertolaso: della sua assenza dall’Italia ha dato notizia attraverso un telegramma in cui rendeva noto di rientrare solo nel corso della seconda metà del mese di Gennaio.

Archiviato il capitolo del teste big one, Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva, e Mauro Dolce, imputati di omicidio colposo, lesioni personali colpose e cooperazione nel delitto colposo, hanno potuto vedere alternarsi sul banco dei testimoni prima il Rettore Ferdinando di Orio, il professore Gianluca Ferrini, il dirigente servizio programmazione attività di protezione civile Altero Leone, la matematica Renata Rotondi, il sismologo Pasquale De Santis e il professore Marzocchi walter dell’Ingv.

Nel processo che vede non imputata la scienza ma gli scienziati che il 31 marzo 2009 si riunirono a L’Aquila per chiarire la natura della sequenza sismica in atto nell’aquilano da alcuni mesi, il Rettore dell’Ateneo aquilano racconta di come avesse chiesto che 2 esperti geologi in seno alla struttura universitaria da lui guidata potessero prendere parte alla commissione. «Chiesi che partecipassero anche loro alla riunione perché ritenevo opportuno che vi fosse anche una voce aquilana anche perché ritenevo che potessero avere una conoscenza maggiore del territorio. Ma non fu possibile dato che la commissione, essendo stata convocata con decreto ministeriale. Prima chiesi alla Protezione civile regionale, ad Altero Leoni, e poi alla Pc a Roma».

Il risultato del summit degli esperti di Orio lo apprese dai media: «Pensavo si dovesse tener fede a cosa veniva detto dai massimi esponenti scientifici. Con i colleghi [Moretti e Ferrini, ndr] prendemmo atto della situazione: la scossa non manifestava rischio particolare. I giorni successivi non chiusi l’università anche perché anche gli ordini scolastici rimasero aperte. Inoltre, avrei potuto farlo solo su disposizione del prefetto o del Cda».

Un punto di vista importante quello del Rettore di una comunità universitaria che ha pagato un prezzo altissimo in seguito al terremoto e che nel 2009 contava 27 mila studenti, ben 10 mila fuori sede, e si attestava al terzo posto in Italia per il rapporto studenti – cittadini.

Ferrini, il professore associato di Geologia stratigrafica e sedimentologica dell’università dell’Aquila che di Orio voleva come voce “aquilana” tra le fila della commissione Grandi rischi, ricorda come «nel periodo delle scosse avevamo fatto informazione tra gli studenti dell’università e alle scuole, avevamo una collaborazione con l’istituto agrario, per spiegare la pericolosità della zona e l’eventualità che le scosse potessero degenerare in qualcosa di peggio. La pericolosità dell’Aquila è conosciuta da tempo. Quando si vive in una zona sismica si deve essere preparati a l’eventualità di una forte scossa. Dobbiamo avere una cultura del rischio. Noi purtroppo non siamo mai stati interpellati, lo dicevamo a chi ce lo chiedeva. La riunione aveva dato un esito tranquillizzante ma io non mi ero tranquillizzato per niente».

Ferrini è un altro studioso del gas radon con all’attivo 6 pubblicazioni. Una sfaccettatura diversa da quella di Giuliani, dunque non come precursore sismico, ma per rischi di salute. «C’è una legge che obbliga alla rilevazione del radon indoor e nei sotterranei, è una legge disattesa. Abbiamo misurato il radon nella conca aquilana, abbiamo fatto una tesi di dottorato: la radioattività deriva dalle antiche esplosioni dei vulcani, fate finta come la pioggia di Pompei, poi rimodellate dalle acque si sono andate a sedimentare nelle aree depresse e spesso all’interno delle grotte come per esempio nella zona di Tornimparte. Le anomalie del radon che si registrano in superficie secondo me non hanno a che vedere che l’attività sismica».

Tutt’altro che un fiume in piena la deposizione di Leone cadenzata soprattutto da «non ricordo» e dall’affermazione che «nel corso della riunione si parlò dello sciame sismico. Nessun consulente scientifico ha escluso che ci potesse essere una forte scossa». Non solo, troppe le discrepanze tra la deposizione del dirigente regionale e quelle del suo assessore di riferimento nel 2009, Daniela Stati, tant’è che il Pm Roberta D’Avolio ha avanzato al giudice titolare del procedimento, Marco Billi, la richiesta di un contraddittorio. Stessa idea è stata avanzata anche per le dichiarazioni rilasciata dal sindaco de L’Aquila Massimo Cialente sempre in contrapposizione con la Stati, posizione che i difensori si premureranno di affrontare nelle prossime udienze se non già domani.

Nella breve presenza sul banco dei testimoni, De Santis conferma che il verbale della riunione del 31 marzo venne «firmato dopo il terremoto, mi è stato riferito da Boschi». Alla domanda se gli parve strano che gli esperti si fossero riuniti a L’Aquila e non a Roma come di consuetudine, il sismologo ha riferito che «c’è sempre una prima volta».

Sofferta la testimonianza di Marzocchi il quale ha prima esposto lo studio scientifico pubblicato il primo gennaio 2009, dove si riferiva che la probabilità che si verificasse un evento sismico superiore a 5.5 nell’area aquilana fosse del 15% nell’arco di 10 anni, e poi affermato che ha «imparato molto dopo il terremoto de L’Aquila. Prima pensavamo che un grande terremoto potrebbe innescare un altro grande terremoto, tesi che nello studio cercavamo di dimostrare, dopo ho scoperto che un sisma di magnitudo 4 potrebbe essere innesco di una scossa di magnitudo maggiore». Sulla dinamica della sequenza sismica aquilana, sul crescendo della magnitudine e della frequenza delle scosse, si pensi che nei primi 5 giorni dell’aprile 2009 ne sono state registrate 57, Marzocchi ha sottolineato che «molte sequenze hanno questi andamenti, di terremoti di magnitudo 4 ne registriamo una decina l’anno in Italia».

Il Pubblico ministero ha presentato la richiesta di acquisire le relazioni redatte in merito ai procedimenti sul crollo della Casa dello studente, affidata alla Mulas, e quella sul crollo dell’edificio di via XX settembre 79, affidata a Morassi. 

PROTESTA UNIVERSITARI CONTRO RETTORE  – Gli agenti della Digos della Questura dell’Aquila, hanno bloccato stamane, la sistemazione di un mega schermo, fuori il Tribunale di Bazzano (L’Aquila), a poca distanza dall’aula dibattimentale in cui si sta svolgendo il processo contro i sette membri della Commissione grandi rischi. A montarlo diversi studenti universitari dell’Aquila, dopo aver saputo della testimonianza in aula del Rettore, Ferdinando Di Orio. Sul mega schermo si sarebbe dovuta proiettare, l’intervista realizzata il 31 marzo del 2009, (dopo la scossa di magnitudo 4 della scala Richter) da un’emittente televisiva locale nella quale sostanzialmente il Rettore esprimeva opinioni di rassicurazione sullo sciame sismico in atto all’Aquila per le aveva deciso di non chiudere l’Università. L’accusa che molti studenti hanno rivolto al rettore è di non aver chiuso l’Ateneo, che nei crolli del 6 aprile 2009 ha perso 55 iscritti. Di questo tema il rettore ha parlato nella sua testimonianza in aula: «L’Università si può chiudere solo per l’intervento del prefetto o del senato accademico, neanche del rettore. Ritenemmo che non ci fossero i termini, visto che tutti gli altri servizi erano aperti e anche gli altri ordini di scuole».