Appello per L’Aquila, Di Cesare: alle elezioni coalizione di liste civiche per una sfida collettiva

L’Aquila, 29 gen 2012 – Abbiamo incontrato Ettore Di Cesare che, durante la scorsa settimana, ha ufficializzato la sua candidatura a sindaco per le prossime amministrative all’Aquila con il movimento ‘"Appello per L’Aquila".
Il suo nome per ora si aggiunge a quello di Vincenzo Vittorini con la lista civica "L’Aquila che vogliamo", mentre si aspetta che i partiti di centro destra e centro sinistra, anche attraverso il percorso delle primarie, indichino i loro uomini e donne per le elezioni di maggio 2012.
La conversazione con Di Cesare ha permesso di far emergere alcuni degli interrogativi ricorrenti, posti a chi si affaccia ad una tornata elettorale non avendo una "tradizione di partito" alle spalle. Per questo la prima domanda che vogliamo rivolgergli è, semplicemente: chi è Ettore Di Cesare?
«Portavoce – si definisce – di un movimento di centinaia di persone che da mesi si confronta apertamente e senza steccati ideologici su come rifondare la nostra città.
Abbiamo scritto fin da subito i nostri nomi e cognomi, tutti ci hanno messo la faccia per lavorare ad un cambiamento che ormai credo sia irrinunciabile e inevitabile.
La mia candidatura è quindi una scelta collettiva, trasparente e condivisa tra tutti quelli che si sono impegnati mettendo a disposizione tempo, saperi e passioni. Il contrario di tutte le altre candidature.
Sono nato 46 anni fa all’Aquila, in Viale Duca degli Abruzzi, mi sono laureato in matematica a Coppito, sono imprenditore dalla metà degli anni novanta nel campo delle nuove tecnologie, ho insegnato all’Università di Roma Tor Vergata e sei anni fa ho realizzato il sogno di una vita: fondare e far crescere un’associazione che si occupasse di trasparenza della politica e delle amministrazioni e di partecipazione dei cittadini alle scelte. Non un approccio teorico ma pratico fatto di strumenti messi a disposizioni di tutti. Tanti sforzi senza alcun finanziamento pubblico ma con tanta passione, sono ripagati dal vedere che le nostre azioni incidono sulla realtà e dai tanti riconoscimenti a livello internazionale come l’ultimo invito ricevuto dal Congresso degli Stati Uniti per relazionare a Washington sulla trasparenza dei lavori parlamentari in un meeting internazionale organizzato dall’Onu».
Perché candidarsi sindaco dell’Aquila con una lista civica? Non pensa che la possibilità di essere un outsider nella corsa a sindaco avrebbe concrete possibilità di successo solo se la società civile si unisse con una candidatura unitaria?
«Infatti sarà una coalizione di più liste civiche, in tanti stanno aderendo apportando idee e proposte in ogni campo. Concrete possibilità le avremo solo se questa città avrà la forza e la lucidità per comprendere che ci troviamo davanti ad un bivio. La strada conosciuta, quella delle decisioni nelle stanze chiuse e a vantaggio di pochi, è sotto gli occhi di tutti dove ci ha portato, una città immobile sotto molti punti di vista. E non potrà che peggiorare se le logiche rimarranno le stesse.
La tragedia che stiamo vivendo deve essere il fattore di discontinuità per intraprendere un percorso di evoluzione e cambiamento che prima non abbiamo avuto la forza di fare. Ma ora questa scelta è obbligata».
Lei ribadisce il vostro essere "fuori dalla politica, quando pensa di doverci fare i conti e, se lo ha già fatto, il dialogo è possibile?
«Siamo dentro la Politica! Sono mesi che combattiamo e studiamo per uno sviluppo sostenibile del nostro territorio che indichi la strada a tutta la regione. Non è questa la politica, progettare e pianificare come far emergere le migliori potenzialità e i saperi di una comunità? Lo so dovremmo fare i conti con altri, quelli che vogliono continuare a garantire le clientele. Ben venga lo scontro, lotteremo per eliminare le barriere che impediscono la crescita dei talenti, delle competenze e dell’innovazione. Le rendite di posizione non ce le possiamo più permettere».
Donne, partecipazione, bene comune. Il linguaggio dei cittadini che vogliono cambiare una modalità di gestione della cosa pubblica che mostra la corda, non solo all’Aquila. Quali i modelli "attuativi" nel nostro paese o fuori a cui riferirsi e con cui collegarsi?
«Di collegamenti ce ne sono tanti, è un sistema economico che a livello internazionale mostra la corda.
Le politiche "rifiuti zero" di San Francisco, quelle del comune di Trento sulla mobilità sostenibile, il comune di Udine sull’innovazione tecnologica, le tante esperienze di produzione decentralizzata di energia, quelle degli alimenti a km0 che rinvigorirebbe l’agricoltura dei nostri territori. Ha presente le "good news" del programma Report di Rai 3?
La scelta della difesa dei beni comuni per noi si traduce anche nella politica "zero consumo di suolo" che ha già messo in rete centinaia di comuni in Italia. Quest’ultimo punto è per noi fondamentale: dobbiamo ricostruire non costruire nuovi centri commerciali che è l’unica cosa che sta accadendo. Dobbiamo ricostruire, riqualificando le periferie e le frazioni decentrando anche alcune funzioni, nuove piazze per la creazioni di poli che non siano tristi dormitori. Questa nuova politica favorirà quelle imprese di costruzione attente a uno sviluppo sostenibile fatto di recupero, valorizzazione, risparmio e produzione energetica. Le altre, quelle abituate al compro-un-terreno-agricolo, ungo-le-giuste-ruote, speculo-costruisco, con noi avranno vita impossibile.
E questo senza cadere nella logica del "dov’era-com’era" che, prima che a livello urbanistico, è un atteggiamento mentale nostalgico sbagliato. Dobbiamo guardare oltre, avendo coscienza reale della nostra storia e curiosità per all’apertura verso i migliori modelli di sviluppo urbano».
La "squadra", nessun politico…saranno "tecnici"…?
«Affidare responsabilità specifiche a persone competenti nei vari campi, mi sembra scontato, anche se mi rendo conto che nell’attuale situazione non lo è. Ma poi anche la persona più competente, i tecnici, quando amministrano non fanno mai scelte neutre ma politiche. Per esempio per la ricostruzione scegliamo il modello dei finanziamenti/aiuti a pioggia o cerchiamo di individuare con precisione le persone e le aziende che hanno reale bisogno, come suggerisce il metodo di "microzonazione sociale del danno" del dott. Ciccozzi dell’Università dell’Aquila attento all’equità sociale e a un giusto uso delle risorse? Vede di saperi il nostro territorio è ricco, quello studio è seguito con interesse dai giapponesi per gli interventi successivi alla catastrofe nucleare. Da noi è ignorato».
E’ possibile una politica senza i partiti e le loro strutture?
«Mi scuso, ma mi permetto di riformulare la domanda: "E’ possibile una politica in cui i partiti si siano trasformati in comitati d’affari e come unico obiettivo abbiano la salvaguardia dei loro ceti dirigenti?".
C’è una vera e propria emergenza democratica dovuta dal fatto che i partiti hanno smesso di svolgere la propria funzione originaria, quella scritta nella Costituzione.
Occorre allora ritessere i nodi di fiducia tra cittadini e rappresentanti, soprattutto qui all’Aquila dove sia chiaro nessun Sindaco, Commissario o Unto del Signore ricostruiranno la città.
La funzione del prossimo Sindaco dovrà essere quella di far sentire tutti partecipi di una sfida collettiva, una narrazione condivisa della rinascita da parte di una comunità che non vuole perdere l’appuntamento con la sua storia. Solo così si ricostruisce, tutte le esperienze precedenti indicano che è il fattore fondamentale anche di più dei soldi a disposizione, che pure servono.
Ma gli elettori, io per primo, non sono più disposti a concedere deleghe in bianco. Ecco che oc
corrono segnali chiari, trasparenza totale prima che le scelte vengano prese, le decisioni partecipate risultano sempre le migliori.
A noi più che predicare piace praticare: sul nostro sito www.appelloperlaquila.org sono pubblicate tutte le nostre spese e tutti i nostri finanziatori. Il rinnovamento della politica inizia infatti dalla trasparenza degli interessi in campo. Aggiorneremo i dati periodicamente fino alla date delle elezioni e oltre. Gli altri faranno lo stesso? E se no, perché?».
La rivoluzione trasparente, la sede arancione, Monicelli sul sito dell’Appello per L’Aquila. La sua candidatura richiama molti elementi visivi e narrativi nel tentativo di creare una storia condivisa con i cittadini. A quale film, storia o canzone, fa pensare L’Aquila del dopo terremoto? E prima?
«Uhmm (pausa) la domanda più impegnativa… Ho una passione per il cinema che devo anche al festival che si svolgeva all’Aquila "Una città in cinema" quand’ero adolescente, una delle "aperture al mondo" della nostra città.
Allora i film: prima del sisma direi "L’armata Brancaleone", dopo purtroppo "Le mani sulla città" ma, aggiungo, "Speriamo che sia femmina". Monicelli docet, non solo di cinema».
Noi aggiungeremmo anche "Edward mani di forbice" per L’Aquila di oggi, una città-Frankenstein in cerca di una soluzione per evitare di restare mostro e conquistare un po’ di bellezza. (a.m.)