Lavoro, under 35: precaria monotonia da bamboccioni

7 febbraio 2012 | 21:03
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Lavoro, under 35: precaria monotonia da bamboccioni

L’Aquila, 7 feb 2012 – Bamboccioni, sfigati, monotoni, chi più ne ha, più ne metta. Per descrivere la generazione “p”, gli under 35 precari e con il solo miraggio di un lavoro stabile e degnamente retribuito, impazzano i termini.

Le dichiarazioni del ministro dell’interno, Anna Maria Cancellieri, che hanno letteralmente scatenato il web, descrivono una realtà viva solo nell’immaginario comune del popolo italiano: posto fisso e la grande famiglia riunita la domenica a pranzo dalla matriarca. Peccato che la vita reale sia altra. Sembra facile per chi a fine mese ha uno stipendio decuplicato rispetto a quello di un precario guardare, per esempio, alla famosa mobilità americana senza, però, considerare gli incentivi d’oltreoceano.

Un dibattito che visto sulla scia della diatriba innescata dalla revisione all‘articolo 18 sembra più un mettere le mani avanti. Le “cause veloci” dei licenziamenti che andrebbero, così, a stridere con la tutela dei licenziamenti senza giustificato motivo se non fossero dettati esclusivamente per la salvezza dell’azienda in questione.

La riforma del mercato del lavoro deve essere, innanzitutto, fatta spalmando le tutele su tutti e riducendo i privilegi delle caste, prima fra tutte quelle di onorevoli e senatori. Ai precari, giovani e non, la promessa ingannevole di un posto fisso, vicino o meno all’ala protettrice dei genitori, non serve. Serve poter arrivare a fine mese senza doversi vergognare di dire ai figli che non possono andare in gita con il resto della classe o che non possono comprargli quella tuta che gli serve per andare a scuola. Ad una giovane coppia serve poter almeno sognare di creare una famiglia, di potersi permettere “il lusso” di pagare le bollette a fine mese senza chiedere, con l’angoscia nel cuore, ai genitori di aiutarli. A ogni lavoratore serve che sia restituita la dignità di poter portare avanti una famiglia. «Vorrei dire alla Cancellieri che io andrei anche lontanissimo pur di avere un lavoro retribuito degnamente», il pensiero di troppi giovani precari.

La rete non ci sta: blog, forum e social network veicolano la rabbia di una fetta del Paese Italia sempre più grande, e sempre più con l’acqua alla gola, che sembra proprio essersi stufata di chi, con il portafogli gonfio, e con i figli sistemati con più posti fissi, gli chiede di fare qualche piccolo sforzo.

di Sarah Porfirio