Le macerie rivelano la storia antica dell’Aquila

3 marzo 2012 | 10:22
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Le macerie rivelano la storia antica dell’Aquila

L’Aquila, 3 mar 2012 – A quasi tre anni dal sisma, l’ufficio del Commissario Marchetti fa il punto sulla situazione dei ritrovamenti presentando il secondo volume “Le macerie rivelano” nella sala dedicata a Benedetto XVI dell’Istituto superiore di scienze religiose ‘Fides et ratio’.

«I frammenti di un rosone nella chiesa di Santa Giusta le sepolture “terragne” nel sub strato della Cattedrale rivelano» – spiega Vincenzo Torrieri , archeologodella Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo in forze all’ufficio del Vice Commissario per la tutela dei Beni Culturali «un insediamento umano collocabile tra la fine dell’età del ferro e la romanizzazione, è un rinvenimento importante perché documenti di questo periodo non c’erano e in questo modo si può integrare la storia della città». Vincenzo Torrieri, l’Indiana Jones della soprintendenza, arriva all’Aquila nei mesi immediatamente successivi al terremoto e dice: «i primi giorni mi vergognavo a camminare per strada perché mi sembrava di violare l’intimità della gente del posto ma una volta superato il disagio iniziale, il lavoro ha dato i suoi frutti fino ai rinvenimenti delle tombe e degli elementi di corredo personale costituito da rosari con grani di legno o pasta vitrea» scoperte queste che «mettono in discussione le preesistenze aquilane evidenziando che c’è una pianificazione più antica della città che va compresa e studiata, ma tutto questo lavoro è stato possibile realizzarlo grazie ai giovani ai quali va la mia gratitudine » conclude Torrieri.

Lo storico dell’arte Antonella Lopardi pone quesiti importanti evidenziando il fatto che: «la città cambierà inevitabilmente volto nella fase di ricostruzione, pensiamo alle mura cittadine, ben 5 chilometri, è il momento giusto per valorizzarle ma anche il momento il momento giusto per la tutela del paesaggio, penso all’edificio in via Roma, vicino Tribunale, ora crollato e si pone l’urgenza di non ripristinare edifici fuori scala rispetto le dimensioni generali della città e delle sue mura di cinta, quelle volumetrie esagerate e una volta tolte le macerie ridiamo alla città bellezza e cultura ma bisogna avere il coraggio di togliere le brutture mentre accade che progetti rifiutati dalla soprintendenza siano poi riproposti ed approvati da altri enti, non può accadere che ci prendono per sfinimento ». L’allarme sulla ricostruzione-scempio è stato lanciato pubblicamente e in un fuori programma dall’ingegner Giandomenico Cifani del CNR presso l’Istituto per le Tecnologie della Ricostruzione, sottolineando il fatto che: «il centro storico dell’Aquila non è sottoposto ad alcun vincolo paesaggistico, al di là degli edifici, pertanto è stato possibile realizzare l’edificio in via Zara» uno degli esempi di come non si dovrebbe costruire in un centro storico.

Cifani continua spiegando che: «a tutt’oggi non possediamo gli strumenti per fermare la ricostruzione-scempio nel centro città, perché il terremoto è gestito per la stragrande maggioranza da persone esterne alla città e che per giunta non si sono mai occupate di terremoti, pertanto la città corre il rischio di essere ricostruita male»

La sintesi della giornata di presentazione di quaderni di archeologia è rappresentata dall’idea di ricostruzione che deve essere fatta facendo scelte utili per il bene dell’Aquila e dei suoi cittadini non quello degli affaristi del post-sisma.

di Emanuela Salvatori