Il parco del Castello nell’ottica del progettista e dell’amministratore riflessivi

11 marzo 2012 | 13:22
Share0
Il parco del Castello nell’ottica del progettista e dell’amministratore riflessivi

di Giancarlo De Amicis – Gli esseri umani, visti nella veste di società civile, non sono soltanto produttori di beni e di profitti, o semplicemente consumatori. Sono anche  creature che vogliono stare con gli altri, che agognano forme svariate di coesistenza e cooperazione, che vogliono influenzare ciò che accade intorno a loro (nella loro città)  ed essere apprezzate per ciò che danno al loro ambiente.

Secondo Vaclav Havel (primo presidente della repubblica Ceca postcomunista) questa potrebbe essere addirittura la loro qualità più profondamente autentica.  «La società civile infatti è uno dei mezzi fondamentali che mettono la natura umana in grado di dispiegare tutte le sue potenzialità. I nemici della società civile lo sanno ed è questa la molla che li spinge ad avversarla».

Ma dopo il 6 aprile del 2009, è ancora possibile per la società civile aquilana parlare di dispiegamento di tali attributi? 

Dall’osservatorio di facebook apprendiamo che molti cittadini di l’Aquila oggi si chiedono cosa stia accadendo lungo il viale d’accesso al Castello cinquecentesco. Il 6 febbraio scorso sono stati consegnati i lavori per la realizzazione di un auditorium provvisorio all’interno del Parco del Castello, opera dell’architetto Renzo Piano. La Provincia autonoma di Trento – che ha fatto dono del progetto e della sua  realizzazione – annuncia che fra sei mesi la struttura sarà completata e donata alla società civile aquilana. Non si sa se tale struttura conserverà il suo carattere temporaneo o de sarà definitiva. In ogni caso trattasi di un’opera che, seppure  di rilevante interesse per l’Aquila, si inserisce in uno dei contesti ambientali più prestigiosi della città, dall’alto valore simbolico, senza che sia stato predisposto un  masterplan che ne verificasse l’impatto con il castello ed  il contesto del parco.

Ci si chiede: “Quanto tempo resterà in piedi  l’auditorium?  Quanto tempo  ci vorrà ancora perché possano essere riparate le sedi storiche della cultura e quante altre sedi temporanee dovranno essere realizzate ancora senza che la società civile, fruitrice di tali strutture,  possa partecipare alle scelte?  Questione di trasparenza amministrativa o altro? E mentre la città si interroga, cerca di capire, la politica fa orecchie da mercanti. Intenta ad elaborare strategie per le prossime elezioni, la macchina amministrativa vede  i cittadini solo nella loro veste di elettori-consumatori,  sottovalutando quella, non meno importante di persone che vogliono  influenzare ciò che accade nella loro città ed essere apprezzate per ciò che danno al loro ambiente.

Sempre dall’osservatorio di facebook si apprende: «Sembra che la localizzazione l’abbia scelta direttamente l’archistar Renzo Piano. Sarà pure il migliore del mondo ma non è certo cittadino dell’Aquila. Visto che le nostre autorità non riescono a dire no alle scelte che vengono calate dall’alto, ci vorrebbe almeno un referendum o qualcosa del genere!».

Il quadro che in questi giorni si rappresenta a l’Aquila, ad un balzo dalle elezioni è dunque il seguente: da una parte un’amministrazione disattenta all’ascolto, dall’altra una società civile non disposta a sorbire piatti già pronti. Ma la disattenzione riguarda solo l’amministrazione?  E il progettista, ne è forse escluso?

«Riflessività  – scrive Giandomenico Amendola –  è per il progettista pensare se  stesso non più come creatore forte e solitario,  ma come attore in un poligono di forze in cui entrano con un ruolo ancora indefinito, ma non per questo meno decisivo, i destinatari della sua azione. L’ideologia dell’onnipotenza progettuale entra in crisi e cede il passo alla strategia dell’ascolto e a quella del coinvolgimento preventivo degli abitanti. Un atteggiamento più modesto ma certamente più efficace per evitare errori».

Il progettista deve cominciare a rendersi conto perciò che non basta progettare; è anche necessario vedere come funziona il progetto una volta che, entrato nel mondo reale, è vissuto dalla gente. Parafrasando la famosa poesia di Brecht contro la guerra, si può dire che l’architettura ha un problema, ha bisogno dell’abitante che – proseguendo con Brecht – ha un difetto: può pensare. La gente, i suoi comportamenti e la sua cultura non possono più essere assunti come scontati. La immodestia che gli esiti del progetto realizzato collimino sempre e meccanicamente ai propositi dell’architetto si manifesta sempre più spesso immotivata. In un’opera architettonica le qualità richieste – non essendo solo prestazionali, ma anche e soprattutto, simboliche, identitarie, come nel caso del castello cinquecentesco dell’Aquila e del suo Parco – necessitano dell’ascolto della società civile. L’assenza di riflessività dell’architetto e del governo della città, oggi, più che mai si configurano come un errore inammissibile, soprattutto se vagliata alla luce della acquisizione del consenso, in un periodo prossimo alle consultazioni popolari.

COMMENTI

IMPRUDENTE: A DUE MESI DAL VOTO PARTONO LAVORI – «E’ strano che, dopo quasi tre anni e alla vigilia di un’importante consultazione elettorale, si dia il via al cantiere per i lavori dell’auditorium di Renzo Piano, nel Parco del Castello». A sottolinearlo, attraverso una nota, è Emanuele Imprudente, consigliere comunale del gruppo Mpa. «L’apertura del cantiere, infatti – prosegue la nota –  fa parte del gruppo degli “effetti speciali” ai quali ci sta sottoponendo in questi giorni il Sindaco Cialente, attraverso la presentazione di tutta una serie di scatole vuote che si chiamano piano di ricostruzione, piano per le aree bianche, piano per la mobilità, piano strategico parte seconda e così via. Il nulla cosmico, che il Primo Cittadino si sta rivendendo furbescamente come successi grandiosi. Il progetto del grande architetto genovese era nato per l’emergenza post terremoto. La struttura, quindi, arriva tardivamente rispetto al momento per la quale era stata pensata e, per questo, al di là delle posizioni di chi si preoccupa per l’impatto ambientale, è lecito il dubbio sulla sua validità e su quella ubicazione, oggi, a tre anni dal sisma. Allo stato delle cose, comunque, non ha senso alimentare la discussione sul singolo progetto: si rischierebbe di farne un esercizio di estetica fine a se stesso. Al contrario, va riproposta con forza all’attenzione della Città la mancanza di un progetto complessivo per quanto riguarda la cultura e le strutture collegate. Si progettano auditorium, teatri, palazzetti… posizionandoli senza tener conto delle esigenze del territorio,  senza nessuna pianificazione. E’ questa una grave responsabilità che va ascritta totalmente a Cialente e alla sua giunta, incapace di una visione prospettica per la Città e tanto più insipiente rispetto a un progetto di respiro per le associazioni e le istituzioni culturali, private dei luoghi deputati all’esercizio delle arti e rispetto a una popolazione, peraltro provata dall’evento sismico e deprivata di quel bene assoluto che è il nutrimento delle menti e delle anime». «Ed è inutile – conclude Imprudente –  che l’assessore Stefania Pezzopane, come suo solito, scarichi le responsabilità del declino culturale dell’Aquila sulla Regione e chiami a raccolta i sindacati per cercare un misero consenso alle prossime elezioni. Nessuno è più disposto a credere alle chiacchiere che l’incapace amministrazione Cialente quotidianamente ci propina».

RIFONDAZIONE COMUNISTA: SIANO CONSULTATI I CITTADINI – «La collocazione dell’auditorium di Renzo Piano ha suscitato un forte dibattito in città, sollecitato tra gli altri da importanti associazioni che si occupano di tutela del patrimonio storico e del paesaggio. Oltre alle perplessità relative ai costi e alle procedure evidenziate da Italia Nostra, la collocazione dell’opera in un contesto già denso dal punto di vista
artistico, nel bel mezzo di castello e fontana luminosa, è quantomeno discutibile.  Potrebbe invece essere riqualificante in altre locazioni sottoutilizzate o attualmente in degrado, si pensi ad esempio, sempre nel parco del castello, al versante prospiciente la questura.  La collocazione dell’opera passò in una delibera di giunta senza il voto del consiglio comunale. Una decisione così importante meriterebbe maggiore condivisione, pensiamo che sarebbe un segnale importante coinvolgere nel processo decisionale non solo il consiglio comunale, ma anche direttamente i cittadini, mediante gli strumenti consultivi contenuti nel regolamento della partecipazione, come proposto dallo stesso sindaco Cialente in diverse iniziative pubbliche». A sottolinearlo, attraverso una nota, è  Francesco Marola, segretario provinciale Partito della Rifondazione Comunista