Intervista a Padre Quirino, i nuovi poveri in una città ferita

16 aprile 2012 | 12:32
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Intervista a Padre Quirino, i nuovi poveri in una città ferita

L’Aquila, 16 apr 2012 – Padre Quirino Salomone, membro  della commissione giustizia, pace e integrità del creato, frate francescano di origini abruzzesi – chietino di Taranta Peligna – è noto dai più come persona dedita al servizio degli ultimi. Profondo e appassionato conoscitore della storia e della spiritualità di San Pietro Celestino V, negli anni ottanta rimetteva in piedi a L’Aquila la Grande Perdonanza.

Dopo tanti anni di servizio all’Ospedale Psichiatrico di Collemaggio, da dopo il sisma, anima, tra l’altro, un interessante movimento di volontariato che gestisce la famosa “Mensa di Celestino“.  Se si raggiunge la sede di piazza d’ Armi è facile constatare come il numero delle persone disagiate che si rivolgono alla meritoria struttura è ultimamente triplicato e si possono osservare i vari volti della disperazione. Per dare una visione più ampia ed attendibile  di questa nuova realtà ho incontrato  Padre Salomone – curatore, tra i mille suoi impegni quotidiani, anche di una rubrica settimanale sulla fede alla nota e seguita emittente aquilana Tvuno – nella  nuova struttura e, in un clima di amicizia e cordialità, tipica dello spirito francescano, gli ho rivolto alcune domande 

Padre Quirino come si trova ad operare in questa realtà  post terremoto un profondo conoscitore, come Lei, della città e della Regione, e quali crede siano le  problematiche  più impellenti da affrontare, per ridare un pizzico di speranza alla gente?

R  Non è facile una sintesi del genere perché coinvolge un mondo, l’Aquila non è un’isola, è inserita in un contesto più grande di cambiamento dei nostri tempi e ne risente tutte le speranze e le problematiche identiche, peccato che questo momento non è avvenuto in un clima di serenità  ma è stata coinvolta e come travolta  dal terribile dramma che ha subìto. Quindi è come se i problemi di questa città fossero doppiamente drammatici, un’inquietudine devastante  e nessuno si sarebbe aspettato che potesse sfociare in questa rabbia, una rabbia collettiva. Meno male che il terremoto non è colpa di nessuno diversamente ci sarebbe stata la rivoluzione e forse anche qualcosa in più. Allora c’è un coinvolgimento in questo dramma che ha portato ad essere gli uni contro gli altri; in genere le tragedie uniscono, affratellano la gente, qui è accaduto un fatto molto particolare la fuoriuscita di un veleno dagli animi in maniera inaudita, senza generalizzare ma la risultante è questa.

L’Aquila non ha avuto un comportamento di gratitudine per quanto è stato fatto nei suoi confronti. Altri eventi disastrosi non hanno avuto un intervento così premuroso , cordiale e massiccio. L’atteggiamento di  presunzione arrogante e di ingratitudine non ha giovato all’immagine che la città  poteva dare di sé, e ancora oggi si continua a dire che non è  stato fatto niente, il  che è mortificante per quella parte migliore della nostra Italia, se pensiamo a quanto fatto dai vigili del fuoco e tanti volontari intervenuti da ogni parte. Ma la gente ha un diverso sentire  sebbene le contrapposizioni politiche  arrivano a disconoscere ogni cosa. Sono sinceramente preoccupato per l’avvenire di tanti giovani che, se non si arriva ad un’inversione di tendenza, lasceranno l’Aquila. Auspico un ritorno di saggezza e di buon senso che ancora non vedo se non solo a parole; io , nel mio spirito francescano, sono portato a pensare che chi ti porge una mano, un sorriso nella sofferenza è straordinariamente grande, disconoscere questo è quanto di più irritante ci possa essere. Mi auguro che da questa competizione elettorale scaturisca l’umiltà di non chiedere la luna ma che attraverso i contributi della ricostruzione,  rinascano non  solo le case ma un tessuto sociale a partire dal lavoro.

Si è voluta  spiegare, inoltre,  una rabbia assurda anche contro gli immigrati senza sapere che questa povera gente è partita dai loro paesi d’origine in cerca di lavoro, spesso sono senza un euro in tasca e bisognerebbe aver un minimo di pietà  umana ed accoglierli almeno alla maniera di cani a cui si provvede costruendo canili. Ma il vero terremoto è stato per coloro che hanno perso i  propri  cari, e per quanti non  hanno  più  il lavoro e non sanno come sbarcare il lunario. Altra grande questione aperta è lo snellimento di apparati burocratici che di fatto bloccano  tutto  rimbalzando responsabilità tra i vari enti deputati al rilascio delle autorizzazioni.  Padre Quirino ha annunciato, con soddisfazione, il suo impegno per un’associazione di antichi mestieri  con sede a Pescara che egli sta cercando di trasferire all’Aquila in quanto potrebbe creare occupazione giovanile.

Come vive un frate francescano, oserei dire un uomo di fede in prima linea, in un territorio dilaniato dal dolore e qual’è  la situazione dei poveri oggi all’Aquila?

R  I poveri hanno un denominatore comune, sempre quello, in attesa di qualche speranza. La mia è una presenza costante, in questa situazione di sofferenza io, non avendo nulla, dal primo giorno del terremoto ho viaggiato;  prima sono stato ospitato in famiglia poi al convento di Tocco da Casauria, ma di giorno sono stato sempre all’Aquila a  completa disposizione della gente nelle varie tendopoli.  Adesso con questa struttura mi sono un po’ ritirato ma questo è un centro sociale per quel che si può. Abbiamo qui vicino il centro d’accoglienza della donna con minori in difficoltà e ci prodighiamo per dare una mano anche a loro.

Ancor prima che da frate Francescano, ma da storico gestore della mensa di Celestino, mi dica:  è vero che da dopo il sisma il numero delle persone meno abbienti è triplicato?

R  Venite a vedere alle 12.30 e vi renderete conto della situazione reale;  oltre ai normali utenti ci sono quelli che non hanno più  un salario,  noi prepariamo un pasto tutti i giorni   per le 90 fino alle 120 persone. Il mercoledì   abbiamo la distribuzione di una   busta spesa; ne  diamo circa  150. Cosa si può mettere in un numero così elevato di pacchi? Per fortuna abbiamo una bella risposta da fuori Regione e  di grandi benefattori da Teramo, Chieti, Pescara.  I Sindaci dei Comuni di Gessopalena  e di Casoli ( CH ) hanno fatto una bella raccolta di viveri, dalla pasta all’olio ai formaggi. 

S. Francesco, nel cantico delle creature, parlava di sora nostra madre terra, come vivono gli ultimi della terra, ai quali si nega anche la tranquillità del nulla, in questa città martoriata dal terremoto e dalla burocrazia?

R    Noi francescani abbiamo non solo una nostra filosofia ma anche una nostra fede. Una visione che non è quella commerciale in cui tutto è finanza, tutto è merce, tutto si vende e tutto si compra. C’è da riscoprire quella sottile catena d’amore che dà senso alla vita e tutto ricollega e armonizza. La spiritualità  francescana viene dall’umiltà che poggia sulla madre terra, una madre provvida. Anche gli alberi, prima di germogliare stanno a dire “eccomi sono qui per te”. Un gesto d’amore profondo, l’uomo non riesce ad esprimersi allo stesso modo. Ritengo questo un tempo straordinariamente provvidenziale.  Può accadere che uno intenda la fede come un optional, però quando  man  mano si vede il degrado, si è aggrediti dall’ingiustizia, si sperimenta la pena , l’angustia, la sofferenza, saremo costretti a chiedere aiuto, ad invocare salvezza, a guardare oltre, ad andare un po’ più in là dei nostri schemi.

La sua struttura riaprì il 6 aprile 2010, esattamente un anno dopo il devastante sisma,
grazie  anche  alla generosità dei lettori de  “Il Centro”; cos’è cambiato rispetto a prima? Le donazioni di generi alimentari sono sufficienti a fronteggiare ed esaudire tutte le richieste? Quali, tra le maggiori difficoltà quotidiane, riscontra nella sua gestione?

Le donazioni di generi alimentari  sono la provvidenza che non ci ha mai abbandonato. Io nelle messe che celebro in questa nuova chiesa di S. Bernardino, generalmente non prendo offerte in denaro, dico ai fedeli di passate di là a vedere se serve qualcosa alla mensa dei poveri, e me li ritrovo il giorno successivo a portare un sacco di patate, una sporta di verdure, una lattina d’olio. Questa sensibilità  la sto vedendo, ma devo dire che sono sempre i poveri ad essere i più  preoccupati e attenti alle necessità dei più bisognosi. Sovvenzioni ricche qui all’Aquila non ne abbiamo né dalle Istituzioni né dai possidenti. I poveri vengono da Monticchio, da Onna, da Tornimparte ecc.  a portare qualcosa, i ricchi ci  pensano meno. Poi ho una bella cerchia di amici benefattori nel teramano e nella Val Vibrata che sono venuti di persona a vedere la struttura e ciò ha comportato, oltre ad un’amicizia personale, una loro convinzione di appassionata solidarietà, per cui ci mettono sempre da parte qualcosa, poi una telefonata ed andiamo subito a prenderla.

C’è una bella intesa anche con l’Esercito, alcuni ristoratori della città, la Guardia di Finanza; molte volte quando fanno delle cerimonie ci segnalano di non aver consumato quanto preparato e noi andiamo a prenderlo. Ci siamo dovuti attrezzare con un camioncino frigo  nel pieno rispetto della normativa riguardante il trasporto dei cibi. Il personale  che collabora alla gestione della mensa di Celestino è totalmente volontario e non percepisce un  solo centesimo di rimborso spese. Anche se non tutti ci credono perché ha veramente dell’incredibile. Abbiamo invece il grosso problema delle utenze  che si aggira intorno ai 3500 euro al mese;  credevamo ci potessero favorire in qualche modo, per il servizio sociale che svolgiamo, invece nulla. Alla fine la nostra sta diventando una bella scuola di solidarietà, sia per gli utenti che per gli  operatori; ci sono alcune mamme di famiglia che collaborano in cucina, l’unica cosa che diamo loro è un camice bianco e una cuffia. 

Lei che si rifà al poverello d’Assisi,  come  interpreta e come   replicherebbe alle parole dell’  Arcivescovo Marcinkus  quando disse:” La Chiesa non si amministra con le Ave Marie e  a S. Teresa che   sostenne: ” Con la Parola di Dio si fanno molte cose. con i soldi si fa tutto “. Quale metro di giudizio userebbe per conciliare queste  definizioni con l’affermazione di S. Francesco che invece definiva il denaro: “lo sterco del demonio”?

R  In questo c’è sempre un equilibrio, non mi sento di giudicare perché ognuno si regola secondo la sua coscienza ed è attratto dagli ideali che si costruisce. Per me non è stato mai un problema neanche quando accompagnai i 26 Tir di aiuti umanitari in Bosnia. Non mi sono mai posto il problema dei soldi o non soldi. E’  magistrale l’interpretazione che hanno dato i grandi da Follerau a Teresa di  Calcutta  che non hanno disprezzato il denaro ma neppure si sono lasciati fermare dalla sua mancanza. Ci sono altre ricchezze che rispondono ai profondi bisogni e alle drammatiche esigenze della vita delle persone. Le povertà spirituali sono molto più gravi e non si risolvono con i soldi.

Con la Curia Arcivescovile di L’Aquila pare non ci sia stato un buon rapporto nelle vicende del post terremoto, secondo il giornale  ” Il Centro “, a cosa è dovuto questo dissidio?

R   Assolutamente falso. Ci sono stati dei tentativi di creare divisioni all’interno della chiesa aquilana, ma talmente evanescenti, da risultare vere e proprie strumentalizzazioni. Bene o male le uniche realizzazioni sono state quelle fatte dalla chiesa, basti pensare ai giovani, studenti universitari, l’assistenza caritativa, la su citata mensa dei poveri ecc. un vero fastidio per una politica inconsistente e litigiosa. Reattiva spesso a creare ostacoli e impedimenti ad ogni forma di iniziative. Nessun dissidio con la Curia, se ci fosse stato qualche motivo ne avremmo potuto parlare, se ne sarebbe discusso. Ma non c’è mai stata necessità di chiarimenti perché non c’è stato nessun contenzioso.  Con Monsignor Molinari siamo amici fraterni e lo stesso con il Vescovo ausiliario, Monsignor D’Ercole, il quale mi riferì quanto ascoltato da qualche politico nei miei confronti, e subito capì di che si trattava.  C’è una sincera, reciproca stima, nonché una cordiale collaborazione.

Quale opinione ha  dei giovani aquilani che, privati dei loro punti di  aggregazione e socializzazione, ricorrono frequentemente non solo  all’alcool ma anche ad altre sostanze,  tant’è che in città si è verificato non solo un notevole aumento delle stesse, ma anche continui interventi delle forze dell’ordine per sedare   atti  di violenza  senza rispetto né  verso  se stessi né verso il prossimo.

R   Non è cambiato nulla rispetto a prima del sisma. I ragazzi facevano uso di sostanze alcoliche e stupefacenti prima e fanno uso anche adesso sebbene in posti di ritrovo diversi. Il disagio giovanile è un impegno da onorare e non un argomento di cui ciarlare. E certe forme di devianza potrebbero leggersi come reazioni ad un mondo di adulti non certo esemplare.

Un’ultima domanda prima di salutarla:  Un uomo di fede come lei quale crede siano i pro ed i contro dell’utilizzo di un social network come  facebook?

R   Un uomo di fede sta dove sta l’uomo. Se andate tutti alla spiaggia verrò lì anch’io. Se salite sui monti mi sentirete respirare affannosamente, ma staro lì, con voi.

di Nando Giammarini