
L’Aquila, 18 apr 2012 – Un irresistibile appuntamento va in scena per la Stagione Teatrale Aquilana, organizzata dal Teatro Stabile d’Abruzzo in collaborazione con l’ATAM, “Pitecus” con Antonio Rezza,venerdì 20 aprile alle ore 21.00 e sabato 21 aprile alle ore 17.30 presso il Ridotto del Teatro Comunale.
Lo spettacolo, scritto da Antonio Rezza e Flavia Mastrella, racconta un andirivieni di gente che vive in un microcosmo disordinato: stracci di realtà si susseguono senza filo conduttore, sublimi cattiverie rendono comici ed aggressivi anche argomenti delicati. Non esistono rappresentazioni positive, ognuno si accontenta, tutti si sentono vittime, lavorano per nascondersi, comprano sentimenti e dignità, non amano, creano piattume e disservizio.
I personaggi sono brutti somaticamente ed interiormente, sprigionano qualunquismo a pieni pori, sprofondano nell’anonimato ma, grazie al loro narcisismo, sono convinti di essere originali, contemporanei e, nei casi più sfacciati, avanguardisti. Parlano un dialetto misto, sono molto colorati, si muovono nervosi e, attraverso la recitazione, assumono forme mitiche e caricaturali, quasi fumettistiche.
Per quanto riguarda i quadri di scena, sempre di Flavia Mastrella, che consideriamo un’operazione di arte applicata alla drammaturgia, essi conferiscono allo spettacolo un linguaggio figurativo che mischia colori e parole.
L’uso dei materiali si rifà all’arte povera anche se un occhio é sempre attento alla moda ed al costume che influenzano mentalità e portamento dei personaggi.
Nei quadri di "Pitecus" prevale il triangolo, figura mistica un po’ per tutte le religioni: teste spigolose fingono ragionamenti razionali, spicchi di volto incattiviscono somatismi già di per se malvagi e corruttibili.
Colori usati a tinte piatte, gialli, verdi, azzurri, rossi, riportano al mondo dell’infanzia, alle costruzioni, ai giocattoli di legno. La stoffa avvolge i personaggi completandoli: juta, seta, cotone, sintetici, plastica, li rendono opachi o scintillanti. Parti di corpo che aggrediscono parti di realtà, porzioni di arti che inveiscono contro la narcosi che sembra fare scempio di uomini e desideri, parole tronche che inneggiano alla libera immaginazione: non é stato inventato tutto, non tutto é stato enunciato, le parole sono infinite ed infinite le combinazioni, chi vuole farci credere che non c’é più nulla da scoprire é il primo nemico da combattere. Uno spettacolo che si scaglia contro la cultura dell’assopimento e della quiescenza creativa.