Morte e nascita di giornali, vedetta di un blog Usa

23 aprile 2012 | 14:46
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Morte e nascita di giornali, vedetta di un blog Usa

da globalist.it. 23 apr 2012 – Le testate che hanno chiuso i battenti sono sistemate nella categoria "Rip", riposa in pace, mentre i progetti online, il nuovo, sono raggruppati sotto la dicitura "Wip", work in progress. Benvenuti in "Newspapers death watch", il blog americano che monitora morte e rinascita dei giornali dal 2007, anno in cui il suo fondatore Paul Gillin, esperto di tecnologia da più di 25 anni, si vide chiudere le porte in faccia dal Wall Street Journal e dal Boston Globe.

I suoi articoli sulle mutazioni dell’editoria vennero giudicati "non plausibili" e allora decise di creare un sito tutto suo che continuasse a informasse la gente. Una lente d’ingrandimento che sarebbe utile anche in Italia dove in poco tempo hanno chiuso a catena diverse testate, tra cui Liberazione e Il Riformista e anche tante redazioni locali, ma sono nate pure interessanti realtà come LInkiesta e Il Post. Ed è boom di lettori sul web, come ha documentato l’ultimo rapporto della Fieg. «E’ dal 1999 che lavoro prevalentemente online».

«Questa esperienza mi ha aperto gli occhi sui cambiamenti epocali che stanno avvenendo nei media, cambiamenti che porteranno alla scomparsa del 95% dei principali giornali americani"» scrive Paul Gillin sul sito precisando che il titolo così diretto che ha dato al blog, ‘Osservatorio sulla morte dei giornali‘, «non nasconde nessun compiacimento nel collasso del settore». La lista dei giornali che hanno cessato la loro attività dal 2007 ad oggi – tutti quotidiani locali, alcuni anche storici – mette un po’ paura. La sezione ‘Rip’ e’ aperta dal Tucson Citizen testata fondata nel 1870 che ha chiuso nel 2009; stesso anno di cessazione dopo 150 anni di attivita’ per il Rocky Mountain News.

Mentre è diventata una free-press dal 2008 l’Halifax Daily News che ha iniziato la sua attività nel 1974. Tra gli ultimi a chiudere, nel 2011, l’Oakland Tribune dopo 237 anni di presenza nelle edicole. A rincuorare, arriva la sezione Work in Progress che documenta la nuova vita delle testate che dal cartaceo sono passate al modello ibrido online-stampa o Internet tout court. Fa parte di questa categoria Il Seattle Post-Intelligencer, fondato nel 1863 e dal 2009 trasformato in un giornale online.

Riconversione al digitale anche per The Capital Times che dal 2008 propone solo una versione Internet (ma due volte alla settimana pubblica supplementi cartacei free) e per The Christian Science Monitor che il 2008 passò al web dopo aver registrato perdite di 18,9 milioni di dollari l’anno contro 12,5 milioni di dollari di entrate. Poiché il neonato giornalismo online vive, oltre che dei soldi degli investitori, di sottoscrizioni e pubblicità, il sito va in aiuto ad esperti e addetti ai lavori con analisi, approfondimenti e contributi.

L’ultima news postata a metà aprile riporta una ricerca di LinkedIn e Council of Economic Advisors che spiega come quella della carta stampata sia l’industria che – tanto per cambiare – ha subito la maggiore contrazione dal 2007 al 2011. La buona notizia dell’indagine, invece, è che l’editoria online è tra i settori che sta crescendo di più. «Alla fine questo declino preoccupante sta facendo nascere un nuovo modello di giornalismo basato sull’aggregazione e sui contenuti generati dagli utenti. Sono ottimista – conclude Gillin – e penso che il nuovo giornalismo sarà meglio del precedente. Solo che il passaggio è dirompente».