
L’Aquila – «La luce è andata via immediatamente. Ci siamo presi tutti per mano, io stavo davanti e con i piedi cercavo di capire se c’era ancora il pavimento, poi abbiamo aperto la porta di casa. La luce della luna – una bellissima luna piena – ha illuminato tutto a giorno e finalmente siamo riusciti ad uscire». La drammatica testimonianza porta subito alla mente il terremoto che la notte tra il 5 e 6 aprile 2009 trasformò L’Aquila in un campo di battaglia tra l’uomo e la furia della natura, ma in realtà descrive uno scenario di 36 anni fa: il sisma che il 6 maggio 1976 devastò il Friuli.
Il racconto emerge dai ricordi di Leonardo Nicolì, un friulano che dal 1998 vive a L’Aquila, dove ha avuto la sfortuna di affrontare per la seconda volta, il dramma del terremoto.
Nel 1976 Leonardo aveva 14 anni e viveva con la sua famiglia a Tolmezzo, in provincia di Udine, «una cittadina di 10 mila abitanti a circa 5 chilometri in linea d’aria dall’epicentro del terremoto» racconta.
Il sisma del Friuli sorprese la popolazione nelle prime ore della sera, poco dopo le 21, travolgendo più di 100 comuni nelle province di Udine e Pordenone e cancellando più di 900 vite. Secondo l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia la scossa ebbe magnitudo pari a 6.4 della scala Richter e intensità pari al decimo grado della scala Mercalli. L’epicentro venne individuato sul monte San Simeone, tra i comuni di Trasaghis e Bordano e nelle vicinanze di Osoppo e Gemona. Il terremoto del 6 maggio fu seguito da numerose repliche, tra cui una di magnitudo 5.9, che si verificò la mattina del 15 settembre, provocando ulteriori 12 vittime. Gli eventi sismici danneggiarono gravemente il patrimonio edilizio e il tessuto economico di gran parte del Friuli: dagli archivi del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco emerge che ben 45 mila persone rimasero senza casa, mentre la protezione civile nazionale rileva che 15 mila operai persero il lavoro per la distruzione delle fabbriche.
{{*ExtraImg_30380_ArtImgRight_300x455_Terremoto Friuli}}«La sera del 6 maggio la ricordo come se fosse ieri – racconta Leonardo – Io dovevo dare gli esami di terza media e stavo preparando una tesina sulla sismologia e l’astronomia, così, dopo cena, mi misi in ginocchio sulla finestra di casa per guardare il cielo, in mano avevo una fetta di pane e cioccolato. Improvvisamente vidi la volta celeste diventare totalmente rossa per un millesimo di secondo, agitato corsi da mia madre, che mi chiese cosa stesse succedendo. Risposi “niente” e subito dopo iniziò la scossa. Mio padre ci fece mettere sotto un architrave, il terremoto durò 59 interminabili secondi, più del doppio rispetto al terremoto dell’Aquila.
Durante la scossa mi sono staccato dai miei parenti e mi sono appoggiato con le mani sulla ringhiera della terrazza, pronto a saltare giù. Sentivo il rumore del cemento e le urla delle persone nelle case vicine. Di fronte a me vedevo l’ospedale della città che si muoveva. Dopo il terremoto ci sistemammo in una tendopoli, ma le tende erano molto diverse rispetto a quelle che ho visto all’Aquila: erano poggiate sul prato e dentro c’erano brandine militari. Inoltre non c’erano mense: passavano i volontari e portavano un piatto di pasta».
«La casa dove vivevo non ha subito danni in seguito alla scossa del 6 maggio – racconta Leonardo – la città di Tolmezzo, infatti, pur essendo molto vicina all’epicentro era stata già ricostruita in maniera antisismica in seguito al terremoto che nel 1928 colpì il vicino comune di Verzegnis. A Tolmezzo nel 1976 ci furono comunque danni, ma neanche una vittima».
Nel mese di settembre la casa di Leonardo subisce però un ulteriore scossa pari al VIII/IX grado della scala Mercalli e questa volta non ne esce indenne: «Vidi i muri di casa mia staccarsi dalle colonne» racconta.
«A settembre – spiega Leonardo – noi eravamo già rientrati a casa e la ricostruzione era iniziata. Intorno alla metà del mese però ripresero le scosse: l’11 settembre, alle ore 18, ci fu un terremoto intenso e molte persone tornarono a dormire nelle macchine. Io, dopo aver lasciato la tendopoli, mi ero sistemato con la mia famiglia in un garage al piano terra. La mattina del 15 settembre arrivò la seconda scossa devastante che provocò numerosissimi danni, gli edifici infatti erano già molto provati dal terremoto precedente. Dopo la scossa di settembre ci trasferimmo per qualche mese a Roma, poi mio padre fece una casetta di legno e a novembre tornammo a Tolmezzo. Rientrammo definitivamente a casa nostra tra aprile e maggio del 1977».
{{*ExtraImg_30382_ArtImgLeft_300x400_San Gregorio L’Aquila}}Leonardo si trasferisce a L’Aquila per lavoro nel 1998, undici anni dopo il capoluogo abruzzese aprirà nuove ferite sulle sue cicatrici. Questa volta tuttavia Leonardo affronta i movimenti tellurici con un’arma che non aveva a 14 anni: la consapevolezza. Quando Leonardo, in tempi ben precedenti al terremoto aquilano, si trova a scegliere un’abitazione nel capoluogo abruzzese, è proprio la consapevolezza a spingerlo ad inserire l’anti-sismicità tra i requisiti principali della nuova casa. «Mi ricordo che visitai un appartamento e subito dopo aver attraversato la porta decisi di non prenderlo. Il proprietario stupito mi chiese i motivi della mia decisione dal momento che non avevo ancora visto nessuna delle stanze, risposi: “Il pavimento balla”. Oggi quella palazzina è gravemente danneggiata». Se Leonardo non avesse vissuto l’esperienza del terremoto in Friuli probabilmente non avrebbe mai fatto caso a quel particolare, così come gli aquilani prima del sisma non avrebbero mai pensato di volgere lo sguardo subito verso l’alto dopo essere entrati in una stanza mai vista prima.
La consapevolezza accompagna Leonardo anche nella notte del 5 aprile 2009: «Decisi di dormire sul divano con la mia compagna – racconta – Eravamo vestiti e accanto a noi avevamo pronti i cellulari e una valigia con tutti i beni di prima necessità. Subito dopo la scossa il mio primo pensiero è andato a mia sorella in Friuli, l’ho chiamata e le ho detto: “C’è stato un terremoto, non come il nostro, ma comunque molto forte”».
«Il terremoto è un ricordo indelebile con gli anni dimentichi il tremore, ma non il rumore» spiega Leonardo. Il riferimento è ai boati che accompagnano gli eventi sismici.
Le drammatiche esperienze in Friuli e in Abruzzo rafforzano una passione che Leonardo aveva sin da bambino: la sismologia. In seguito al dramma aquilano Leonardo conosce il tecnico del radon Giampaolo Giuliani e si appassiona alle sue ricerche sul terremoto, non riconosciute dalla scienza ufficiale. Nel 2010 inizia a collaborare con lo studioso e diventa il direttore della “Fondazione Permanente G. Giuliani”, presieduta dallo stesso Giampaolo Giuliani.
«La rete internet costituisce un’importante fonte di informazione sugli eventi sismici – conclude Leonardo – nel 1976 era estremamente più difficile raccogliere notizie, mentre oggi tutti conoscono i principali siti sui terremoti. Da ragazzo consultavo l’Ing, andavo alla pagina 595 del televideo Rai e leggevo le scosse di terremoto, oggi le informazioni sono molto più tempestive e alla portata di tutti».
di Maria Chiara Zilli
[[i]Foto Friuli: Protezione Civile[/i]]