
di Ennio Remondino – Beppe Grillo attore è stato, in una certa fase, una sorta di bomba dell’intrattenimento televisivo, per il poco in cui fu tollerato. Già allora la sua comicità nasceva dalla lettura alternativa dei fatti della vita quotidiana. Beppe Grillo politico ripete sostanzialmente il suo collaudato copione di allora: ribadire in piazza, con trasporto ed enfasi dosati dal mestiere, le incazzature correnti della gente comune. Sparando un po’ nel mucchio, elementarizzando, come impone la commedia. Ed ecco che la politica da vituperare non è Berlusconi il reietto, o Bersani, o Casini, o quello sfigato di Alfano -oggi il troppo tecnico Monti- ma la politica in blocco. I partiti -soprattutto- in un solo mucchio. Infatti il suo lo chiama “Movimento”, ma è un po’ come cambiare nome al Bagaglino e poi continuare a fare commedia antipolitica pecoreccia.
Per il Partito di Grillo ora però la questione si complica. Ieri erano state le incursioni pirata che avevano regalato la regione Piemonte al leghista Cota e creato qualche altro guaio in Molise. Certe vittorie clamorose possono schiacciare più e peggio di piccole sconfitte. Ora il “grillismo” deve diventare parlante. Col rischio istituzionale che qualche Pinocchio lo spiaccichi sul muro con una martellata. Ma qui non si tratta più di una fiaba e il gioco è persino più crudele del racconto di Collodi. Il primo a darcene conto sarà quel volto da bravo ragazzo di Roberto Castiglion, 32 anni, sposato con due figli. Primo sindaco eletto in Italia del Movimento 5 Stelle, il “non-partito” del comico genovese. «Beppe l’ho conosciuto sabato 28 aprile -confessa Roberto- quando si è fermato in piazza, qui a Sarego, col suo camper». Padania veneta.
Questo comune vicentino è noto alle cronache perché ospita il Parlamento padano in una sua frazione: Monticello di Fara, tre chilometri più su. A gennaio, nasce l’embrione grillino. Nel nome di Grillo, confessa Castiglion, «Il primo incontro è stato organizzato al ristorante “Il Brillo” dagli attivisti di Vicenza». La rima non guasta in questa storia. Il sindachino (pare molti lo chiamino già così), è laureato con lode in ingegneria informatica all’Università di Padova. «Sì, seguo da sempre il web e i social network. E’ anche per questo che mi sono avvicinato al blog di Grillo». Politico per necessità? «Non proprio». Il neo sindaco è project manager all’Enel di un gruppo di sviluppo di “mobile applications”. Un mestiere, un destino. Incensurato -come da statuto- e trasparente. «Abbiamo speso circa 300 euro per la campagna elettorale», spiega.
Oltre alla legittima esaltazione che può portare a deformare la realtà in un semplicistico “Tutti buoni” e “Tutti cattivi”, i dati elettorali di Serego, letti con un po’ più di attenzione, spiegano molto. Nel 2007, il sindaco uscente, Vittorino Martelletto, del centro-destra, vinse col 48,5% dei voti contro il candidato leghista Renato Giacomello, fermo al 39,8%. Il centro sinistra raccolse a stento, l’11%. Assieme, allora, l’asse berlusconiano-leghista era assemblaggio di interessi e adesioni che lasciava briciole e pareva imbattibile. Ora non è andata tanto meglio al Pd, ma molto, molto peggio per centro destra e Lega che precipita al 13,61%. Dunque, la cosiddetta “antipolitica” non punisce indiscriminatamente e allo stesso modo tutta la politica. Ed è la buona notizia che sfugge a molti analisti politici e, temo, allo stesso Beppe Grillo.
La sua insistenza, anche greve, nel colpire il presidente della Repubblica Napolitano è una delle buone ragioni per guardare con diffidenza ad un movimento che ha come vate simile personaggio. Alla pari dell’uscita -altro spettacolo mal riuscito- sul voto ai migranti. Ma il problema, come ha osservato acutamente Vendola, è un altro. L’attuale sinistra partitica tradizionale ha perso la sua storica capacità di essere riferimento dei vari movimenti di protesta nella società. Ecco spiegato il “peronismo” dei Di Pietro e il confuso movimentismo dei grillini. Che non vuol dire saper poi governare, ma intanto, ce lo ha spiegato per quindici terribili anni il berlusconismo, contano le illusioni che portano voti. Quindi, messaggio chiaro per la sinistra che risulta la sola forza politica tradizionale a tenere. Uscire dai palazzi, tornare per strada.
Il dettaglio del “grillismo” che colpisce, oltre all’anarchia personalistica del suo leader che lo porterà prima a poi ad implodere, è il suo “essere diverso”. Mi ha colpito, nelle inevitabili serate tv del dopo voto, il commento del sindaco leghista di Verona Tosi. «Ci confronteremo con loro. Sono gente per bene». Loro sono gente per bene. O cavolo! Ero rimasto ai tempi in cui, solo per il fatto di essere messo in lista da un partito, almeno la fedina penale la dovevi avere candida. Tutte persone per bene -mi illudevo e credevo allora- con la difficoltà a scegliere -per chi non possedeva ideologie e soluzioni precotte- tra chi potesse, tra tanti galantuomini, avere migliori attitudini, capacità per governare una città o un paese intero. Speriamo che Castiglion da Serego, oltre che specchiatamente onesto, si riveli un buon “project manager” per i suoi concittadini più e meglio del suo Grillo urlante.