
di Gianni Cipriani – Che l’azione del Fai sia da prendere sul serio è del tutto evidente, come è altrettanto evidente che all’interno della galassia insurrezionalista esista una componente “oltranzista” (termine improprio che useremo per comodità) che vuole impugnare una pistola per fare qualcosa di più dei semplici petardi o pacchi bomba.
L’anarchismo che uccide, i vendicatori solitari rispetto alla tattica/tecnica dei bombaroli a bassa intensità esplosiva.
Del resto, se questo dibattito va avanti fin dal 2005 all’interno di quell’area, c’è da credere che l’azione del 2012 non sia stata il frutto in una estemporanea improvvisazione, ma il punto di arrivo di un percorso che deve segnare una fase nuova.
Tutto questo è vero e io sono tra coloro che prendono sul serio quanto detto dalla rivendicazione. Che – aggiungo – andrebbe letta bene, compresi quei passaggi critici verso le “lotte sociali”, che dimostrano come questa ala “oltranzista” nulla c’entri con la Tav o cose simili, nonostante i fuorvianti proclami lanciati nei mesi scorsi a margine delle manifestazioni contro l’alta velocità, in cui si paceva un parallelo tra bombaroli e manifestanti; tra nuovi terroristi e cortei.
Sono due mondi diversi. Anzi, chi ha sparato a Genova lo ha fatto per contestare la lotta sociale, la manifestazione. Quindi criminalizzare a 360 gradi non solo è sbagliato, ma non serve per comprendere dove davvero allignano i nuovi rischi.
Tuttavia una cosa va detta: la strategia di questa componente insurrezionalista si basa tutta sulla cosiddetta “propaganda del fatto”, che altro non è che la ricerca dell’effetto mediatico.
In queste ore su giornali e agenzie si rincorrono allarmi, super allarmi, dichiarazioni dalle quale traspare che ci dovremmo preparare ad una sorta di prossimo 11 settembre in salsa italiana. Addirittura si parla di rimettere l’esercito a difesa dei punti sensibili, quasi fossimo in guerra.
Mi permetto di dire che così facendo, così dichiarando, così esternando, si sta facendo una grande pubblicità alla cellula Fai di Genova, che proprio su questo effetto punta, per convincere i titubanti, i perplessi del movimento rivoluzionario ad armarsi e ad agire.
La rivolta, dicono gli insurrezionalisti, deve essere contagiosa. Sarebbe curioso che ad alimentare il contagio ci pensassero gli specialisti della dichiarazione o gli zelanti servitori dello Stato in cerca di visibilità. Che più parlano più rafforzano chi dicono di voler combattere. Si è andati ben oltre le righe. Un po’ di sobrietà sarebbe consigliabile.