
Stefano Biasini, giovane imprenditore aquilano, accusato di essere il tramite attraverso cui la ’ndrangheta, ovvero della famiglia Zindato-Borghetto-Caridi, abbia tentato di inserirsi nella ricostruzione post terremoto, si vede ora contestato un nuovo reato legato allo spaccio di stupefacenti.
Secondo le indagini, riferisce “Il Messaggero”, dei carabinieri del reparto operativo, Biasini avrebbe direttamente spacciato a Mosciano Sant’Angelo, luogo in cui l’imprenditore aquilano possiede un autosalone, tre grammi di cocaina e uno di hashish. Altri casi di spaccio, sempre secondo gli investigatori, sono avvenuti nella frazione di Paganica. Sempre Biasini e Plevani sono accusati di aver venduto «quantità imprecisate di sostanze stupefacenti». Per gli inquirenti Plevani avrebbe avuto il ruolo di «uomo di fiducia» di Biasini, incaricato da quest’ultimo di ritirare anche le somme di denaro derivanti dalla vendita della droga nel comune di Basciano. Le contestazioni del pm Mancini fanno riferimento al mese di dicembre di due anni fa. «I fatti narrati dalla informativa di polizia giudiziaria – scrive il pm – segnala la presenza di elementi che avvalendosi dell’appartenenza e della contiguità con alcuni elementi legati alla criminalità organizzata (’ndrangheta) hanno importato, dal 6 aprile del 2009, ingenti quantitativi di droga, cocaina, dalla Calabria e dal Lazio. Le attività tecniche delegate dalla Procura hanno consentito di acclarare autonome condotte illecite, riconducibili a un livello di smercio dello stupefacente certamente più locale».