
«Quello che succede sotto L’Aquila oppure oggi sotto l’Emilia Romagna è inaccessibile all’esperienza diretta, dobbiamo ragionare all’inverso. Abbiamo idee molto precise su tante cose, come avviene il fenomeno, dove succede, ma ancora non riusciamo a trasformare tutto questo in una serie di equazioni matematiche che consentano di prevedere il sistema». Lo ha detto l’ex presidente dell’Ingv, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Enzo Boschi, nel corso del suo esame come imputato al processo alla Commissione Grandi rischi, in corso all’Aquila.
Sulla riunione del 31 marzo 2009 che ha originato il processo, Boschi ha detto: «Ho capito dopo che il problema fondamentale era stabilire se i terremoti si possono prevedere o no, la mia risposta è senz’altro no». «Qualcuno ha considerato necessario andare all’Aquila e che si dicesse così, ma non sono io che organizzo – ha aggiunto l’ex presidente dell’Ingv – Mi aspettavo una cosa più lunga, anche se fin dall’inizio mi era apparsa una riunione diversa: ho visto altra gente che non conoscevo, era inusuale. Immaginavo una riunione più approfondita e non che alla fine si limitasse a girare attorno alla prevedibilità dei terremoti. Dissi che i terremoti non si possono prevedere. Bertolaso non era presente e in tutta sincerità quando me ne accorsi dentro di me avevo valutato l’intenzione di andare via».
SELVAGGI, SCARICO ENERGIA LEGGENDA METROPOLITANA – «Lo scarico di energia è una leggenda metropolitana. Uno sciame sismico non favorisce nè inibisce la probabilità di un evento forte» ha sottolineato il presidente del Centro nazionale terremoti (Cnt) dell’Ingv, Giulio Selvaggi nel corso della sua deposizione.
«A posteriori – ha aggiunto – posso dire che per fortuna in Emilia non c’è stato un singolo terremoto 6.1, che ha un potere distruttivo ben maggiore, ma due segmenti di faglia che hanno dato due eventi distinti 5.8 e 5.9». Parlando delle previsioni, Selvaggi ha concluso dicendo: «Sono trent’anni che cerchiamo di far capire alla gente che non importa prevedere un terremoto sei giorni prima, ma che è più importante costruire bene le case. In Giappone c’è la cultura del terremoto».
EVA, TEMA DISCUSSIONE VAGO – «Bertolaso era ben conscio che per scaricare l’energia di un sisma di magnitudo 6 sarebbero servite un milione di scosse di magnitudo 3 in precedenza, un fatto impensabile in natura» ha spiegato in aula Claudio Eva, nel corso della sua audizione. L’esperto ordinario di Fisica Terrestre, docente di Sismologia presso il Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse (Dip.Te.Ris.) dell’Università degli Studi di Genova, ha parlato anche della telefonata intercorsa tra l’ex numero “uno” del Dipartimento della protezione civile nazionale, Guido Bertolaso e Daniela Stati, ex responsabile della Regione Aruzzo della protezione civile, entrambi indagati in un procedimento connesso al filone principale. «Una telefonata – ha detto sempre Eva – che va divisa in due parti. La prima dice ‘meglio piccole scosse di una che fa male’ e questo è lapalissiano. La seconda parte dice ‘meglio piccole scosse perchè scaricano l’energia’. Ma scaricano l’energia delle piccole scosse non quella dell’eventuale, potenziale scossa più grossa». «Quando venni a Roma – ha aggiunto Eva – sapevo del terremoto di magnitudo 4 che c’era stato il 30 marzo 2009, ma non sapevo dello sciame precedente. Insieme a Boschi, appresi anche degli allarmi maturati all’Aquila e capii le cause della riunione, quella cioè di trovare giustificazioni a quegli allarmi. Mi sembrò strano andare all’Aquila e il tema della discussione era senza ordine del giorno, vaga, comunque il nostro lavoro era mirato alla valutazione tecnica dello sciame sismico in atto all’Aquila».
BARBERI, COSA DOVEVAMO FARE? – «Nella sua memoria in cinque-sei punti lei si fa domande retoriche. La commissione Grandi rischi avrebbe dovuto dare l’allarme? Prevedere il terremoto? Evacuare la città? Certamente no. A questo punto, però, mi sarei aspettato di leggere anche cosa avremmo dovuto fare e ho difficoltà a trovarlo». Con tono pacato ma fermo, Franco Barberi ha contestato nel corso del suo esame da imputato le accuse rivolte dalla procura aquilana alla commissione Grandi rischi. Nel corso della deposizione dell’ex presidente vicario della Cgr ci sono stati molti rumoreggiamenti in aula da parte dei familiari delle vittime del sisma, placati dagli ufficiali di polizia giudiziaria presenti. Tensione anche tra l’avvocato difensore di Barberi, Francesco Petrelli, e il pm Picuti.
BARBERI, IN ITALIA CI ATTENDONO TRAGEDIE
– «In Italia nei prossimi anni ci sono ad attenderci tragedie, calamità, miliardi di danni, morti». Lo ha detto nella sua deposizione Franco Barberi, ex sottosegretario alla Protezione civile, nell’ambito del processo alla commissione Grandi Rischi in corso all’Aquila in cui è imputato. «In Italia – ha aggiunto – bisogna costruire bene e fare interventi di consolidamento delle costruzioni edificate prima della classificazione sismica della zona. Il nostro è un paese che ha un elevato rischio sismico e solo tardivamente si sono classificate le zone sismiche. Parlare dei terremoti per noi è una ferita aperta, soprattutto quando si parla di morti e distruzione. Ci interroghiamo sempre su cosa di meglio avremmo potuto fare», ha proseguito Barberi.
DOLCE SVELA ORIGINE DOPPIO VERBALE
– Il doppio verbale della riunione della commissione Grandi rischi, quello ufficiale e la bozza, è nato da due versioni diverse di appunti che furono presi quel pomeriggio del 31 marzo 2009. A svelarlo in aula è stato nel suo esame da imputato Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione civile. «Durante la riunione – ha detto – due funzionari del dipartimento, D’Annibale e Salvatori, prendevano appunti e anch’io i miei. Loro compilarono una minuta di verbale, una bozza, con quello che avevano scritto, e dopo la riunione, mentre con la macchina mi dirigevo a Napoli perché avevo impegni, misi un po’ in ordine i miei appunti sintetici. Il giorno successivo – ha aggiunto Dolce – ricevetti la email da D’Annibale e da un confronto vidi che il suo verbale aveva un’impostazione troppo da stenografi e mancava qualche elemento perciò sviluppai i miei appunti continuando per concetti, che mi sembrava il modo migliore».
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