Terremoto, una voce dall’Emilia

7 giugno 2012 | 08:54
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Terremoto, una voce dall’Emilia

[i]Alessandro Montosi è uno scrittore emiliano esperto di manga che più volte, dopo il terremoto aquilano, ha scritto per ilCapoluogo.it. I suoi sono sempre stati articoli di ricerca e studio con una particolare attenzione alla situazione della nostra città. Oggi ci racconta il suo, di terremoto. Senza dimenticare L’Aquila, però. (t.pas)[/i]

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di Alessandro Montosi

PRIMA. Il 19 maggio è il giorno dell’esplosione alla scuola di Brindisi. È l’argomento di cui si parla qui in Emilia quando ci si vede con altre persone.
Alla sera a Ferrara continua a svolgersi il palio che richiama turisti e curiosi dalle zone limitrofe e più distanti, che si riversano in città, affollandone strade e parcheggi, rendendo difficile trovare un posto auto a chi, come il sottoscritto, ha deciso di andare in un cinema del centro storico.
Vedere Ferrara così affollata già da diversi weekend è insolito, ma piacevole. Monumenti e attrazioni non mancano, come il maestoso castello Estense. E poi questa non è una zona a rischio sismico, come dicono sempre tutti, possiamo stare tranquilli, quei monumenti sono al sicuro qui.

Tornato a casa e fatto un giro sul web, decido di restare sveglio ancora un po’, nonostante siano ormai le 4 del mattino, perché apprendo dalla tv che c’è da poco stato un terremoto di quarto grado in Emilia.

DURANTE. Anche se ero sveglio non l’ho riconosciuto subito. [i]All’inizio sembrava il rumore di una delle auto o del camion dei vicini[/i] che passano abitualmente davanti a casa mia, ma col passare dei secondi mi rendo conto che stava durando troppo a lungo quel rumore.
La mente ci arriva per esclusione: si scartano le possibilità che siano delle auto, dei camion, che sia il tuono, un aereo, qualcuno che sta muovendo il tavolo, scartate quelle si arriva a capire che è il terremoto. E che a quella scossa di prima ne sta facendo seguito una molto più potente, accompagnata da un rumore cavernoso e sinistro, e dalla consapevolezza di vivere in una casa che non è antisismica e che potrebbe crollare. C’è giusto il tempo di sussurrare un “ma che cazzo..” e di buttarsi sotto al tavolo per tentare di salvarsi (“è troppo tardi per cercare di uscire”, penso in quel momento sebbene mi trovi al piano terra), mentre tutto si muove e gli oggetti iniziano a cadere, provocando un rumore improvviso dal piano di sopra. E la scossa continua, mentre [i]sembra che dal pavimento sotto al tavolo schizzi fuori acqua, al punto da farmi ritrarre le braccia e spostarmi pensando di essermi bagnato[/i].
Poi di colpo tutto finisce.
Si gira per casa per capire cos’è accaduto, si esce con una torcia elettrica per vedere se ci sono crepe nei muri e per parlare coi vicini di casa che sono usciti e sono anch’essi increduli e preoccupati per le loro abitazioni.
Nessuno qui ricorda che sia mai accaduta una cosa del genere, così forte e così lunga, mentre alcuni salgono in auto e lasciano le loro case, chi dormendo fuori, chi girando nei dintorni senza una meta. Per trovare notizie su quello che sta accadendo e per rassicurare chi si conosce, c’è il web e facebook, sebbene il timore di nuove e devastanti scosse sia forte in quei momenti.

DOPO. Poi arriva l’alba, si esce nuovamente di casa per ricontrollarla con la luce, sperando che non ci siano danni. Si parla ancora coi vicini per condividere la propria esperienza: la scossa ha ricordato quella dell’Irpinia nel 1980 a chi la visse in prima persona, mentre ad altri quella de L’Aquila poiché avvenuta di notte. Ed è proprio L’Aquila e quello che accadde agli abruzzesi che si ripete e si ripeterà ossessivamente nei giorni successivi parlando con le persone. Sappiamo cosa vi è accaduto dopo il sisma e sappiamo che tutto ciò può ora ripetersi in Emilia. Questo non fa che rendere le persone ancora più nervose e arrabbiate in Emilia, creando allo stesso tempo un forte legame emotivo con la popolazione abruzzese che ha subito il sisma.

Mentre nella maggior parte delle persone continua ad albergare l’incredulità per quanto accaduto e per le ulteriori scosse dei giorni seguenti (c’è chi, e sono molti, preferisce rifarsi alle profezie dei Maya e della fine del mondo, piuttosto che cercare e accettare una spiegazione scientifica), è principalmente il web a fornire le risposte più precise e ad abbattere l’idea che l’Emilia sia una zona sicura dai terremoti: girando in rete si risale facilmente ai resoconti storici e scientifici dei terremoti che colpirono Ferrara nel 1570 (sciame sismico che durò per 4 anni e che presenta analogie con quello attuale), Argenta (comune ferrarese dalla vasta estensione, che confina col bolognese e il ravennate) nel 1624 e Bologna nel 1929. Si apprende, inoltre, che il sottosuolo emiliano non aiuta a difendersi dalle scosse sismiche, perché le amplifica, provocando anche la “liquefazione del suolo”, fenomeno a me noto per averlo letto in un fumetto giapponese e che alcuni esperti intervistati da giornali e tv ritengono che possa rendere inefficaci persino i tradizionali criteri di costruzione anti-sismica.
Come tutto questo sia sempre rimasto sepolto nel silenzio, è probabilmente dovuto a intrecci di politica ed economia, che hanno radicato nella mente della popolazione la convinzione di essere al sicuro dai terremoti. Si assiste impotenti anche alla chiusura di edifici che rappresentano simboli e luoghi di ritrovo delle zone colpite (il castello Estense di Ferrara e tanti altri) e ai quali sono legati ricordi personali, provocando incredulità (non può accadere proprio a noi, non è possibile, non qui in Emilia) e spaesamento: chiuse per inagibilità la chiesa di S. Pietro Capofiume (BO) dove ho fatto comunione, cresima e anche tre funerali negli ultimi anni, quella di S. Maria Codifiume (FE) famosa per il suo presepe e quella di Traghetto (FE), che nella mia infanzia servì da rifugio in una notte d’estate sconvolta da un’improvvisa tromba d’aria. Chiuse anche alcune scuole superiori nelle mie immediate vicinanze.

Nel frattempo si aggrava il timore di nuove scosse con epicentri più vicini a dove si vive e che l’Eternit e l’amianto presenti in alcuni dei capannoni e degli edifici crollati, non facciano che incrementare, nel lungo periodo, il numero delle vittime.

ORA. Quello che sarebbe necessario in Emilia è rivoluzionare il processo di costruzione degli edifici, rifacendosi a tecniche usate in Giappone in zone con sottosuoli simili alla pianura padana (ad es. a Odaiba, quartiere di Tokyo), unendolo a una vasta campagna informativa e di prevenzione per ogni fascia di età, poiché ora siamo tutti consapevoli di vivere in un territorio a rischio sismico. Nel frattempo dilaga il timore che la miscela composta da crisi economica, tasse ed inflazione, danni del terremoto, volontà di tornare a lavorare perché si ha bisogno di soldi, diffusione del precariato, disoccupazione, incredulità e spaesamento per quanto accaduto, nervosismo unito a problemi e tensioni sociali e famigliari, possa avere effetti devastanti sulle persone e su questo territorio, specialmente quando calerà l’attenzione mediatica. Tutto ciò mentre viviamo con il timore di nuove forti scosse, coi nervi tesi per rumori e vibrazioni improvvise, e con la preoccupazione che preclude i momenti che precedono il sonno.

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[url”Professione #hashtagger “]http://ilcapoluogo.globalist.it/blogger/Tiziana%20Pasetti[/url][/i]

tpasetti@gmail.com