
«Il percorso intrapreso dal sindaco Massimo Cialente nel pieno della campagna elettorale in collaborazione con Laboratorio Città» può essere ritenuto «utile anche e soprattutto come indicazione di percorso a livello nazionale, per tutto il centro sinistra, ma anche per quanti vedono la necessità di modificare sostanzialmente la “politica” italiana e occidentale». Lo dichiara l’associazione L’Aquila città futura, in una nota.
«La città all’inizio della campagna elettorale era in una situazione di strappo e di conflittualità altissima.
Le opposte fazioni si preparavano a scontrarsi con veemenza, senza limite.
Più virulento di tutti il rappresentante in pectore del centro destra voleva a tutti i costi “riprendersi” la città, rimettere le cose a posto.
Ma anche le sollecitazioni dalla sinistra e dai cittadini erano particolarmente conflittuali.
Nello scenario dato, la scelta del candidato sindaco Cialente è stata di chiamare la città alla partecipazione, al colloquio moderato, alla condivisione di dibattiti, ma soprattutto di chiamare la coalizione dei partiti che lo sostenevano ad effettuare una vera e propria sperimentazione politica, discutendo apertamente le conflittualità che, a L’Aquila come in Italia, hanno indebolito la forza del centro sinistra».
«Una partecipazione, quindi, – prosegue la nota, a firma di Francesca Fabiani – che non si svolgeva in territorio “neutrale”, fra cittadini di varia provenienza, ma che si impiantava in una situazione complessa, coinvolgendo vari attori: il candidato sindaco e i candidati consiglieri, i referenti dei partiti della coalizione (incluso il PD), i cittadini dei molti territori (centro città e periferie, frazioni e new town) già orientati a votare centrosinistra, alcuni cittadini al contrario orientati diversamente per il voto, alcuni portatori di interessi specifici (il volontariato, le imprese, il sociale).
Ma per di più una sperimentazione che si è svolta (e che si sta ancora svolgendo) anche su vari livelli: la partecipazione, appunto, ma anche la politica, il rapporto fra partiti e cittadini, i rapporti all’interno del maggiore partito del centro sinistra (Pd) e di altri, la scrittura collettiva del programma elettorale, prima, di mandato poi, la comunicazione fra amministrazione e cittadini, la informazione degli abitanti dei territori da parte della pubblica amministrazione».
«La cosa specialissima è che si sta provando a “modificare” la politica che non ci piace, quella che ha creato una distanza colpevole fra rappresentanti e rappresentati, quella che ha creato spazio alle peggiori corruzioni, attraverso il colloquio, attraverso la condivisione di termini e di obiettivi, di metodi e di percorsi.
Insieme, abitanti e amministratori dei territori, pianamente facendo emergere i conflitti e cercando di scioglierne i nodi.
Non è solo la partecipazione eterodiretta e neutrale (proposta negli ultimi 20 anni in Italia) che parte dai bisogni dei singoli: i partecipanti sono quasi tutti uomini e donne che la politica l’hanno fatta, la fanno, ne fanno un mestiere o una attività volontaria, la fanno nei partiti,nei sindacati, nelle associazioni, la fanno nelle scuole e sui luoghi di lavoro».
«Si sono candidati, oppure sono stati amministratori di circoscrizioni, hanno un ruolo attivo nei partiti, si interessano di cultura e di bandi di finanaziamento, conoscono il mondo del lavoro.
Persone che sul territorio vivono coscientemente e che il territorio hanno a cuore. Persone che sono scese in piazza (prima o dopo il terremoto) per difendere il territorio.
Persone che sanno che la distanza dalla politica (e della politica) è uno sbaglio, che bisogna ritrovare una lingua comune per ricominciare un nuovo percorso democratico. Persone che vogliono cercare una terza via fra l’antipolitica e la politica dei Berlusconi».
«Ed anche persone che hanno ben saldi i principi di uguaglianza, di bene comune, ma anche di beni comuni e di sostenibilità, di ambiente e di valore del lavoro e di impegno sociale, di giustizia sociale e di solidarietà, di tutela dei deboli e di cultura dell’accoglienza.
Uno zoccolo duro di cittadinanza attiva, orfana diegli spazi di democrazia che prima si trovavano nei grandi partiti, ma decisa a riprendere il percorso verso una nuova politica, una nuova democrazia.
Il laboratorio aquilano ha già dato alcuni frutti (ricordava il sindaco Cialente che al ballottaggio a l’aquila è andato a votare un maggior numero di persone che nel resto d’Italia), ma è giovane e non vogliamo aspettarci troppo.
Nel laboratorio aquilano per la prima volta gli attori si dirigono da soli, non siamo oggetto di studio da parte di guru della partecipazione, nè di Università di altri continenti. E questa è la vera partecipazione: in prima persona a cercare la via giusta, specifica e particolare per ogni diverso territorio.
Riteniamo che un’altra valenza speciale e importantissima, infatti, sia proprio nella insistenza nelle stesse persone di studiosi e studiati, nella assoluta coincidenza di accademia e sperimentazione sul campo.
Il laboratorio aquilano propone anche ai vertici nazionali dei partiti (in crisi) un percorso di studio e di sperimentazione empirica, guidata da preparatissimi scienziati disposti a “provare il nuovo”, e da politica di qualità disposti testardamente a ritrovare l’amore per la politica, la bellezza della partecipazione, la cultura della democrazia».
«In questo percorso, che ancora non è terminato, e che quindi non ha già “cambiato” la tradizionale gestione della cosa pubblica, – conclude la nota – c’è la forza delle persone che possono “scardinare” i sistemi tipici lobbystici di gestione del potere. C’è l’occasione per mostrare e recuperare la supremazia del bene comune, parcheggiato in attesa fuori dalle porte delle nostre case, crescendo tutti insieme nella critica a noi stessi ed al sistema.
Perchè il vero cambiamento non consiste nel cambiare le facce ai vertici (nei partiti, al governo, in comune…): il vero cambiamento ci sarà quando i cittadini voteranno con convinzione a cognizione di causa solo per chi è bravo, capace, onesto, cioè quando l’intera comunità (la nostra città territorio, in questo caso) avrà “digerito” e sperimentato, attraverso una partecipazione costante e continua (non a spot, con il professore di turno), il valore della informazione, della comunicazione, della condivisione di responsabilità, della politica come strumento di co gestione del territorio e di miglioramento.
Il vero cambiamento sta nel cambiare i partiti, strumenti di rappresentanza nella nostra costituzione, che devono essere “contaminati” e rinnovati continuamente dalla società, perchè i partiti abbiano la forza “per farsi portatori di un’altra idea di Europa rispetto a quella neoliberista, che considera centrale il lavoro, che fa dell’uguaglianza la sfida della modernità” (per citare Pietro Spataro)».
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