
Bologna – Rivedere la logica centralistica di gestione dell’emergenza riportando al centro le amministrazioni locali. Evitare le demolizioni non strettamente necessarie. E, soprattutto, superare il modello delle ‘zone rosse’, perché anche nella vasta area colpita dai terremoti di maggio si rischia di creare «zone deserte come è successo all’Aquila e nell’Aquilano dove i centri storici sono morti». E’ questo l’appello dell’Ancsa, l’associazione nazionale centri storico-artistici, composta da esperti e da rappresentanti degli enti locali.
«I centri storici – ha detto Anna Marson, presidente Ancsa e assessore all’urbanistica della Regione Toscana – sono un punto di assoluto valore e devono essere considerati come un patrimonio per la ripresa del nostro Paese. Nella storia dei terremoti, il contributo di enti locali e popolazioni è stato decisivo. Per questo chiediamo che vengano coinvolti maggiormente nella gestione dell’emergenza».
Per Ancsa, il modello della ‘zona rossa’ rischia di essere distruttivo per la sopravvivenza delle comunità locali. La logica seguita da Marson e dagli altri membri dell’associazione non è quella di una conservazione fine a se stessa, ma di salvaguardare i centri storici come spazi di una comunità. «Non è tanto importante – ha detto Marson – salvaguardare i muri, quanto gli spazi di socializzazioni, i tracciati sociali che racchiudono».
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