Casillas, Di Bartolomei e il calcio nelle ossa

3 luglio 2012 | 10:28
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Casillas, Di Bartolomei e il calcio nelle ossa

di Tiziana Pasetti

Senza calcio nelle ossa, dicono gli esperti, non si vive. Lo sostiene anche papà Franco, professione geometra, con grande convinzione. Per lui, e per me che con lui sono cresciuta, calcio si legge Roma. Anzi, “la Rometta”.

Ne abbiamo vissute di gioie infinite, io e lui. Pruzzo, Falcao, Conti, uno scudetto di millenni fa, come fosse ieri.

Poi un dolore disumano, leggi Liverpool.

Dolore intimo di una città per sempre, leggi Agostino Di Bartolomei, capitano, mio capitano.

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Ho amato follemente la Nazionale di Italia’90. Adoravo Giuseppe Giannini, morivo dietro la torsione principesca della sua caviglia destra. Aveva un polpaccio e una massa muscolare elegantissimi. La sua accelerazione in corsa andava in sincrono con la mia tachicardia. La sconfitta è stata un lutto durato anni.

Poi è passata. Questa passione, questo ardore. Basta calcio. Ho deluso mio padre quando lo scudetto romano della stagione 2000/01 l’ho guardato solo di sfuggita e l’ho accoltellato non innamorandomi mai der pupone nostro.

Mentre gli italiani vincevano il mondiale del 2006 io mi perdevo negli occhi assassini di una figlia appena partorita. Il campionato del 2010 ha visto fuori gioco me per altri poco simpatici e davvero sgradevoli accadimenti, quindi sorvoliamo che altrimenti mi innervosisco ancora oggi e, come dice sempre il mio nipotino Riccardo di anni 7: “zia Tippe, quando ti innervosisci impazzisci. E questo non è bello”.

Quando smetto di amare, o quando sono costretta a smettere di amare, mi salva solo il cinismo. Mi difendo diventando acida. Come le care, vecchie zitelle di un tempo. Quindi il calcio, ad un certo punto, ho cominciato a snobbarlo. E’ diventato un baraccone ridicolo e offensivo, troppi soldi in ballo, troppo protagonismo mediatico, troppo fango.

Insomma. La vedo, nell’alto dei cieli, la mia adorata maestra Elisabetta con le mani tra i suoi bianchi capelli che scuote la testa e dice: “Sì, va bene. Ma si può sapere che cosa stai cercando di dire?”

Allora. Sto carcando di dire che ho seguito la partita con la Spagna. Che non tifavo Italia perché non tollero la supponenza dei giocatori e dei giornalisti sportivi italiani e soprattutto l’idiozia dei tifosi che invece di gioire per la vittoria ottenuta preferiscono prima offendere i rivali sconfitti (vedi dopo partita Italia-Germania). Che ho adorato e ammirato (è bellissimo; i miei complimenti alla collega Sara Carbonero, molto fortunata) Iker Casillas, la sua educazione, il rispetto per i vinti, l’eleganza del campione vero.

tpasetti@gmail.com

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