‘Il lungo viaggio di ritorno’ di Fulgo Graziosi

3 agosto 2012 | 16:10
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‘Il lungo viaggio di ritorno’ di Fulgo Graziosi

In una cornice perfettamente culturale l’associazione Pro Loco e l’amministrazione Comunale di Castel del monte hanno organizzato un incontro con il coinvolgimento della ben nota associazione “Certame Abruzzese” di Pescara.

Dopo i saluti ed i ringraziamenti di rito del sindaco Luciano Mucciante si sono esibiti sul palco del teatro comunale “Giuliani”, completamente gremito di cittadini giunti anche dai centri limitrofi, poeti, artisti e musicisti, accompagnati dai canti della corale “Fonte Vetica” di Castel del Monte.

Un attore drammatico del “Certame Abruzzese” ha prestato voce ed interpretazione alla lettura di un brano inedito elaborato da Fulgo Graziosi, relativo ad un evento drammatico verificatosi nel 1942 nella parte terminale della zona est di Campo Imperatore.

Una famiglia castellana, i coniugi Cetra, nella seconda decade del mese di novembre, malgrado le incerte condizioni climatiche, decise di recarsi a Villa Celiera, un Comune pedemontano del pescarese posto a ridosso dello spartiacque dell’Appennino, per barattare ed acquistare le derrate alimentari necessarie alla famiglia per superare le difficoltà invernali e quelle rese ancora più difficoltose dalla Grande Guerra.

Una impetuosa tempesta di neve e vento sorprese i due coniugi durante il lungo viaggio di ritorno, rendendolo arduo, difficile e impossibile. Cosa sia avvenuto realmente in quella circostanza nessuno è stato in grado di conoscere anche con approssimazione.

Nella mente di Fulgo Graziosi, all’epoca ancora bambino, rimase impressa questa immane tragedia. Nel corso degli anni è tornato con la mente a quei giorni, cercando di immaginare pensieri, argomentazioni, riflessioni e decisioni dei due coniugi, fino a tradurre in parole quel “lungo viaggio di ritorno”, che non ha raggiunto l’agognata meta terrena, la propria casa, arrivando, invece, a quella del Padre in età prematura.

L’ansia dei genitori per raggiungere in fretta la casa. Il vorticoso movimento della crudele bufera. La spasmodica attesa dei tre figli, ai quali la furia del vento impediva di guardare dai vetri anche a poca distanza. L’arrivo del piccolo cagnolino, unico superstite della tragedia. I vani tentativi dei figli di andare incontro ai genitori per aiutarli a tornare sani e salvi a casa, sono descritti dal Graziosi in maniera coinvolgente. Gli spettatori hanno seguito l’interpretazione dell’attore in perfetto silenzio e, quando si sono accese le luci prima di sfociare in un prolungato applauso, avevano tutti gli occhi lucidi ed i più anziani ricordavano perfettamente l’avvenimento.

Abbiamo il piacere di pubblicare il racconto del “Lungo Viaggio di Ritorno” in anteprima, dividendone la pubblicazione in sei puntate, una ogni settimana, per ragioni strettamente tecniche di spazio.

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“IL LUNGO VIAGGIO DI RITORNO”

17 NOVEMBRE 1942 – DECESSO DEI CONIUGI CETRA A CAMPO IMPERATORE.

di Fulgo Graziosi

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SECONDA PUNTATA

[i]Per coprire l’intero percorso, della lunghezza di circa trenta chilometri, occorrevano almeno sette ore di cammino. Sicuramente i Cetra erano partiti prestissimo, verso le tre di notte, per essere sul posto quanto prima possibile, probabilmente verso le dieci. La contrattazione fu abbastanza rapida, non più di una mezza ora. Le derrate furono sistemate nei sacchi e contenitori. Il senso dell’ospitalità esistente tra le genti del nostro Abruzzo impose ai due castellani di fermarsi a pranzo per non essere scortesi nei confronti di una famiglia con cui avevano tessuto rapporti ultraventennali. La fretta di ripartire, comunque, era evidente e, fortunatamente, incontrava tutta la comprensione degli ospiti, anche se questi ultimi, forse, avrebbero voluto che gli amici fossero ripartiti la mattina seguente per non affrontare i disagi della sera e dell’oscurità.

Evidentemente, gli impegni familiari e gli accordi raggiunti in casa non consentivano ai Cetra di trattenersi per la notte. Partirono subito, verso mezzogiorno, dopo aver consumato un frugale pasto, per non arrivare troppo tardi a Castel del Monte, soprattutto perché il tempo non prometteva nulla di buono.

Un carabiniere, originario di Calascio, in servizio a Villa Celiera, tentò invano di far desistere i due coniugi dall’intraprendere il viaggio che, ovviamente, lasciava intravedere un possibile peggioramento delle condizioni atmosferiche. Ma, ogni considerazione fu vana.

Evidentemente, in casa era urgente, indispensabile e indifferibile la presenza dei genitori.

Cadeva una leggera pioggia quando si misero in cammino, era un’acqua fredda e pungente. Man mano che la mulattiera si inerpicava verso la montagna la pioggia si fece più intensa e, tra le gocce d’acqua, cominciarono a comparire dei fiocchi di neve che si scioglievano appena toccavano terra. In prossimità del valico verso il Voltigno la neve aveva raggiunto già un apprezzabile spessore di alcuni centimetri. La temperatura si era abbassata sensibilmente. Il freddo era pungente. I due coniugi, malgrado tutto si strinsero la sciarpa di lana sul collo e sulla testa. Il marito calcò il cappello ed alzò il bavero della pesante giacca. Entrambi si avvolsero attorno un telo impermeabile per cercare di non bagnarsi eccessivamente.

Subito dopo il valico, la mulattiera si inoltrava all’interno del bosco che, anche se quasi privo di foglie, attutiva la caduta della neve sul viottolo e, perciò, animali e persone riuscivano a camminare più agevolmente, anche se erano costretti a proseguire in fila indiana. Innanzi a tutti, con la coda arricciata sulla schiena, camminava il piccolo volpino che annusava sassi e piante per riconoscere la via giusta. Avevano quasi percorso metà della strada che li divideva da Castel del Monte. La luce cominciò a farsi sempre più fioca a causa delle pesanti nuvole che impedivano il passaggio degli ultimi raggi di sole.

All’uscita dal bosco il vento divenne sempre più impetuoso. Creava delle vere e proprie turbolenze e la neve veniva risollevata dal suolo. I muli emettevano vapore dalle narici per il freddo e la fatica. Le orecchie erano praticamente abbassate e, di tanto in tanto, orientate a scatti in verticale per ascoltare meglio rumori improvvisi. Il cane era sempre davanti a tutti per indicare la strada.

Fu allora, forse, alle prime difficoltà serie, che Attilio volle assicurarsi delle condizioni fisiche della moglie. Lei, stringendo i denti e con il cuore in gola, non rispose per non far capire la sua apprensione e fece cenno al marito di proseguire, di non perdere tempo. Attilio, comunque, doveva essere seriamente preoccupato. Si assicurava spesso che il carico fosse in perfetto equilibrio, in maniera che i muli non soffrissero. La sua mente, con molta probabilità, correva a Castel del Monte, dove tre figli erano in trepida attesa e, contemporaneamente, si concentrava sulla resistenza fisica della moglie Beatrice. Probabilmente si sentiva sopraffatto dalla fatica e, perciò, ostentava tutta la sua tranquillità e sicurezza, facendo appello alle ultime forze residue.[/i]

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[url”Leggi la prima puntata”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=31221&typeb=0[/url][/i]