
Nella nuova geografia giudiziaria disegnata dal Ministero della Giustizia spariscono i 4 tribunali abruzzesi di Avezzano, Sulmona, Vasto e Lanciano.
Il Governo, tenuto conto dei pareri delle Commissioni giustizia di Camera e Senato nonché di quello reso dal Consiglio superiore della magistratura, ha licenziato il testo finale del provvedimento, dando così attuazione alla delega conferita con la legge per la stabilizzazione finanziaria n.148/2011 del precedente esecutivo.
La versione definitiva del decreto prevede la soppressione di tutte le 220 sedi distaccate di tribunale, confermando così l’iniziale previsione, la riduzione e l’accorpamento di 31 tribunali e di 31 procure. Rispetto allo schema di decreto approvato il 6 luglio scorso, il Governo ha deciso di mantenere i presidi giudiziari nelle aree ad alta infiltrazione di criminalità organizzata (Caltagirone e Sciacca in Sicilia; Castrovillari, cui sarà accorpato il tribunale di Rossano, Lamezia Terme e Paola in Calabria, Cassino, cui sarà accorpata la sezione distaccata di Gaeta nel Lazio) e di dotare di un ufficio di Procura anche il Tribunale di Napoli nord.
«Ho letto con grande attenzione il parere del Csm, prevalentemente incentrato su aspetti organizzativi, e delle commissioni parlamentari, analizzando tutti i profili emersi – commenta la ministro Paola Severino -. Ho registrato posizioni tra di loro diversificate e, in piena sintonia col Consiglio dei ministri, abbiamo deciso di valorizzare quella che risulta essere invece una comune linea direttrice: il mantenimento di un forte presidio giudiziario nei territori caratterizzati da una significativa presenza della criminalità organizzata».
«Sono state espunte, dall’iniziale elenco di 37 tribunali e relative procure, le sedi in zone ad alta concentrazione di criminalità organizzata, con l’unica eccezione di Rossano il cui accorpamento a Castrovillari è giustificato dalla presenza di una criminalità mafiosa omogenea, dalla contiguità territoriale dei due circondari e dalla facilità di comunicazione tra i territori. È stata invece confermata – conclude la guardasigilli – la soppressione di tutte le sezioni distaccate, nonostante le richieste di mantenimento di alcune di esse, poiché l’esperienza sin qui fatta dimostra che si tratta di un modello organizzativo precario ed inefficiente sotto il profilo della produttività e della carenza di specializzazione con un impiego di risorse spropositato rispetto alle esigenze».
SINDACI ALL’ATTACCO DEL GOVERNO – Lunedì alle 17, nel Municipio di Avezzano, i primi cittadini Giovanni Di Pangrazio, Luciano Lapenna, Mario Pupillo ed Enea Di Ianni (vice sindaco di Fabio Federico) esamineranno il provvedimento del Governo Monti per poi decidere la strategia migliore per cancellare una decisione assurda. «Il consiglio dei ministri – attaccano i sindaci – ha calpestato un territorio messo già in ginocchio dal terremoto e assestato il secondo schiaffo al Parlamento Italiano, prima interpretando una legge in maniera distorta e poi non rispettando le indicazioni delle Commissioni giustizia di Camera e Senato che hanno ribadito l’esatta interpretazione della legge che fissa l’esercizio della delega tra tre anni, poiché la situazione infrastrutturale dell’Abruzzo, in particolare della città dell’Aquila, non consente la chiusura dei tribunali. Sarebbe il caos. Senza contare che questa riforma, sbandierata come epocale, è destinata a produrre solo ulteriori disagi e costi aggiuntivi per i cittadini a fronte di un risparmio di pochi spiccioli per le casse pubbliche. Non possiamo tollerarla. Sarebbe una mazzata letale per l’economia e un arretramento dello Stato in una zona molto appetibile per la criminalità organizzata. Impugneremo il provvedimento e porteremo il Governo davanti alla Corte Costituzionale». L’obiettivo dei sindaci, quindi, è chiaro: costringere il Governo dei tecnici alla corretta applicazione del comma 5 Bis dell’articolo 1 della legge 14 settembre 2011 n. 148 recante delega al governo per la riorganizzazione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale: per gli effetti prodotti dal sisma del 6 aprile 2009 sulle sedi dei tribunali di L’Aquila e Chieti il termine di cui al comma 2 per l’esercizio della delega relativamente ai soli tribunali delle province di L’Aquila e Chieti, ovvero Avezzano, Sulmona, Vasto e Lanciano, è differito di tre anni. Il governo dei tecnici, quindi, seppur chiamato a un lavoro di risanamento dello Stato, non può by-passare il Parlamento.
PARLAMENTARI PD: «LAVOREREMO PER ASSETTO PIU’ RAZIONALE» – I parlamentari abruzzesi del Pd Franco Marini, Giovanni Legnini, Lanfranco Tenaglia e Giovanni Lolli criticano la decisione assunta ieri dal Consiglio dei Ministri che dispone la chiusura dei Tribunali di Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto, a fronte della norma in vigore che disponeva il rinvio di tre anni della decisione sulla riforma delle circoscrizioni giudiziarie abruzzesi . «Il Governo, invece, interpretando in modo restrittivo e inaccettabile la norma e contraddicendo i pareri delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato – affermano -, ha disposto la chiusura dei 4 tribunali sub-provinciali, oltre che delle sezioni distaccate, differendone l’attuazione di tre anni, che si aggiungono all’anno e mezzo concesso a tutti i tribunali soppressi. Un risultato a metà, pertanto, che consente il funzionamento dei quattro tribunali interessati per quattro anni e mezzo, in virtù dell’emendamento presentato dal senatore Legnini, a suo tempo approvato, e dell’ordine del giorno dell’onorevole Tenaglia sull’inserimento del Tribunale di Chieti tra gli uffici pubblici danneggiati dal terremoto del 2009. Lavoreremo nei prossimi anni insieme ai sindaci, all’avvocatura, alla magistratura e a tutte le altre forze politiche – proseguono i parlamentari – per cambiare la decisione assunta e per dare al territorio abruzzese un assetto più razionale, maggiormente corrispondente all’ampiezza territoriale e alle condizioni infrastrutturali delle aree interessate. Incassiamo il tempo più lungo che abbiamo ottenuto e ribadiamo il nostro impegno a difesa di ampi territori dell’Abruzzo e dei loro cittadini, che non possono essere privati del servizio giustizia».