
di Tiziana Pasetti
Cara Emilia,
ti scrivo, oggi, anche se non so perché.
Dicono che abbiamo in comune molto. In realtà una cosa sola. Un terremoto, una terra squarciata. Può bastare, dicono. A creare una corrispondenza di amorosi sensi. Come chi è stato in guerra, come chi tutto ha perso, come chi ha nel cuore un’assenza.
Scrivere a chi non si conosce è difficile. O forse troppo facile. Posso raccontarti cose mie, e credere che sia lo stesso per te. In situazioni normali la chiamerebbero supponenza. Così no, così è compassione. Patere cum. Soffrire insieme. Capirsi, anche? Non lo so. Io non lo so, se ti capisco. E non so se tu capisci me.
Qui da me in questi giorni è grande festa. Un po’ di secoli fa un Papa, si chiamava Pietro, un tipo strano, un solitario, uno innamorato davvero, disse che c’era spazio per il perdono. Non solo per chi l’indulgenza poteva permettersela ma per tutti, anche per gli ultimi, anche per i miseri. Una rivoluzione vera.
Ti dicevo, in questi giorni è festa. Ricordiamo quel tempo, e in molti passano a capo chino sotto la Porta Santa della basilica di Collemaggio.
Io sono triste, però. Perché poi tornerà il vuoto e tornerà il silenzio.
C’è differenza tra essere abitati ed essere visitati dai turisti o da chi fino a quella notte mi viveva addosso. I passi, le intenzioni, cambia tutto. E’ una pressione che non provoca piacere. Pesa soltanto.
Cara Emilia, da dirti non ho molto di più. Però augurarti qualcosa posso, e lo faccio anche a me.
Ti auguro le corse concitate del lunedì mattina, quelle di chi corre al lavoro in ritardo e ti maledice pure. Ti auguro le passeggiate pomeridiane di chi non ti rivolge neanche uno sguardo perché sei scontata e sempre uguale. Ti auguro le notti pesanti di chi ti dorme più o meno serenamente sopra. Ti auguro i pensieri coloriti che ti rivolgono le persone quando non trovano un parcheggio. Ti auguro anche qualche cartaccia gettata maleducatamente. Ti auguro un paio di pipì in qualche vicolo un po’ nascosto.
Ti auguro l’energia degli incontri d’amore e ti auguro gli scoppi d’ira.
Ti auguro tanta noiosissima normalità, Emilia cara.
Tua, L’Aquila.
tpasetti@gmail.com
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