
La storia è molto più affascinante di ogni fantasia. Non bisogna andare molto lontano nei secoli per riscoprire una celebrazione che potrebbe rendere L’Aquila un fulcro di attrazione nazionale. Si tratta di una festa collegata a Celestino V e contenuta nell’antico statuto della città conservato all’Archivio di Stato, una tradizione la cui origine si collega al mito del Filo di Arianna e a tutte le feste di calendimaggio come il [i]MayPole[/i] in Inghilterra.
Il documento del 1434, fu così riassunto dallo storico Antinori: «Nel 1434, sotto il Camerlengato di Giovanni di Maneri fu stabilito in Consiglio che ad onore di S. Pietro Celestino si facessero quattro giorni di ballo avanti la festa (19 maggio), e questa si venerasse senz’alcuna fatica sotto pena di esiglio perpetuo e del taglio della lingua a chi arringasse contra».
Insomma ballare in piazza era così importante che chiunque non aderisse poteva essere mandato in esilio, chi invece parlasse contro poteva subire addirittura il taglio della lingua. Nonostante ciò la tradizione con i secoli è andata perduta, solo il palio è stato “riesumato”. Di qui la proposta dell’associazione [i]Panta Rei[/i] di riportare in auge questa importante tradizione popolare. «Si ballava in tutte le piazze – spiega la vice presidente Maria Grazia Lopardi – la danza di quel tempo era il Saltarello aquilano che purtroppo è andato perduto. Con [i]Panta Rei[/i] stiamo cercando di ricostruire filologicamente i movimenti originali della danza al fine magari di attivare corsi per gli aquilani che volessero mantenere viva questa tradizione».
L’obiettivo della Lopardi è far tornare in vita la trazione del 400 sulla base dello statuto con i cittadini in piazza a danzare l’antico saltarello aquilano. Con probabilità in origine si ballava sul labirinto perché in quei tempi così come allora (basta dare uno sguardo su internet) si credeva nel valore terapeutico del labirinto. «Allora perché non creare proprio in piazza Duomo un labirinto?», chiede la Lopardi.
A.Cal.