
di Tiziana Pasetti
Eccoci pronti, come ogni anno ormai da oltre un decennio.
Tra tutti gli anniversari e i memorial day a riscuotere i maggiori successi è sicuramente quello dell’11 settembre newyorkese.
Tutti i quotidiani vendono di più e anche i programmi televisivi si vestono con l’abito buono.
Carrellata sulle torri gemelle, musica. Fumo, denso. In studio i volti sono tirati. Fino a ieri eravamo tutti sereni al mare ma adesso è impossibile non crollare sotto il peso del dolore. Musica. Una donna racconta l’ultimo messaggio inviatole dal figlio: “Mamma, qui è un casino. Ti voglio bene”. Noi allunghiamo una mano e accarezziamo i capelli del nostro bambino. La sorte è stata benevola. Siamo al sicuro e siamo belle persone perché guardando le immagini montate ad arte ci commuoviamo. Che grande cosa! Però c’è da dire che questa storia l’abbiamo già sentita. Qualche nuovo scoop non c’è? Magari qualcuno che è risorto dalle ceneri oppure, meglio ancora, un sopravvissuto che prima del fattaccio era cattivo e oggi fa il chierichetto?
Questi momenti bastardi devi viverli sulla tua pelle per capirli. Non c’è arte buonista che tenga, la vita, quando non va come te l’aspetti, è cattiva e basta. A cosa e a chi serve chiamare eroe uno che stava lavorando al sessantesimo piano di un grattacielo e non sa neanche cosa gli sia successo? Solo un boato. Solo fumo. Solo una paura primordiale. Osama Bin Laden non sai neanche chi sia. Lo saprà tua moglie, dopo. Tu no. Tu magari è un corto circuito, un terremoto. Tu non stai alzando le braccia al cielo e non stai complimentandoti con te stesso dicendoti “sono un eroe” mentre ti lanci nel vuoto perché brucia, brucia tutto.
Fino a ieri ti pendeva sulla testa una denuncia penale, sei un mezzo criminale. Poi vai a dormire. Arriva un terremoto. Sono passati otto anni, dall’attacco alle Torri. Vai a dormire dall’altra parte della Terra. Non ti svegli, alle prime ore dell’alba. Non ti svegli più. Un terremoto. Un riscatto. Sei un Angelo, adesso. Almeno così diciamo noi, noi che siamo sopravvissuti, intendo. Chi muore in una tragedia è Angelo ed Eroe per definizione. Ottimo. Serve a chi resta, crederlo. Serve a chi perde troppo, serve per non impazzire che restare vivi se non hai più i tuoi figli o chi ami accanto ti avvelena e pugnala senza tregua.
Ogni bestemmia è una preghiera vera innalzata al cielo ma ascolti, qualcuno ascolti. Ascolti la verità e non la retorica della postproduzione.
Morire in quel modo fa schifo.
Perdere qualcuno che ami in quel modo fa schifo.
Fa schifo sapere che lo show della tragedia non provoca dolore in chi lo guarda ma piacere.
Assistere alle catastrofi altrui minimizza i nostri guai e il nostro scontento.
Ascoltare chi è disperato accelera il nostro grado di attenzione.
La Sagra dell’orrore e delle catastrofi è universale.
Nel menù, sangue e lacrime casarecce.
In fila, rispettate la fila!
Ce n’è per tutti
e in tutte le salse.
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