
di Fabio Chiusi*
L’ennesimo svoltone dell’ex sindaco di Roma divide il centrosinistra. Lui, più genericamente, parla a Repubblica di «un’alleanza col Pd imperniata sulla candidatura di Bruno Tabacci alle primarie e sulla prospettiva di un governo solido che porti avanti le riforme difficili del governo Monti».
Insomma, addio Terzo Polo con Fini e Casini: la prospettiva è comunque cambiata non di poco.
Il Pd non è più il partito «mai nato» dell’«abbastanza qualcosa» che si tramuta, invariabilmente, in nulla. O peggio, la riedizione del Pds destinata «a restare per sempre nell’opposizione»: come diceva appunto in quei giorni. E niente più «incubo di una coalizione con la sinistra radicale», come sottollineava ai tempi.
La notizia, tuttavia, è che – nonostante le tante perplessità suscitate dal caso Lusi – gli abbandonati non sembrano intenzionati a sbattergli la porta in faccia. Si prenda ciò che dichiara Giuseppe Fioroni, già nella rutelliana Margherita, a ‘l’Espresso’: «Rutelli è stato il fondatore del Pd, poi è uscito dal Pd ma è sempre rimasto nell’alveo del centrosinistra. E che lo sia senza se e senza ma, mettendo in pista per le primarie una persona stimata e competente come Tabacci, determinante per la vittoria di Milano, credo sia per il centrosinistra sicuramente utile».
Non solo: se per Fioroni il tema di un reingresso nel Pd non si pone, c’è «un’ottica di centrosinistra in una coalizione pre-elettorale».
Del resto, conclude l’ex ministro, «Rutelli ha sempre parlato con chiarezza di centrosinistra: altri hanno avuto la politica delle mani libere». Leggasi Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, secondo Fioroni. Di cui tuttavia è difficilmente comprensibile l’amnesia rispetto alle decine di dichiarazioni in cui il leader dell’Api mostrava insofferenza ed equidistanza da entrambi i poli.
Anche il deputato democratico Roberto Giachetti conosce bene Rutelli. Un’amicizia trentennale che risale ai tempi dei Radicali. Eppure, premesso di essere rimasto del tutto all’oscuro dell’ultima giravolta, spiega di non condividere il giudizio generoso di Fioroni. «E’ un po’ singolare che Rutelli ci abbia lungamente spiegato che sbagliavamo e che adesso, improvvisamente e a ridosso delle elezioni, con una prospettiva di sparizione, scopre invece che ci sono ancora possibilità di agire nel Pd».
Per Giachetti si tratta di un «ripensamento operoso», che dimostra che «lui sbagliava, e noi avevamo ragione». Ma è anche un «ripensamento tardivo», che propone per l’ennesima volta «lo spettro della ricomposizione di un quadro frastagliato che ci riporta alle ombre di alleanze poco felici per il centrosinistra».
E lo fa, in sostanza, per salvare la poltrona al leader di un partito che da solo evidentemente non supererebbe la soglia di sbarramento. «Un conto è l’accordo con Casini, per governare», spiega; «un altro «fare eleggere presumo, dipende dalla legge elettorale nelle tue liste qualcun altro, trovandosi poi magari con ulteriori contraddizioni e problemi». A partire dalle differenze di vedute sui diritti civili.
Decisamente contrario al ritorno del ‘figliol prodigo’ è Ivan Scalfarotto, che del Pd è vicepresidente: «Nessun motivo personale», spiega nel suo blog «ma non si capisce per quale motivo qualcuno che ha liberamente lasciato il partito dalla porta debba ora rientrarvi dalla finestra. L’Api di Rutelli non sembra avere un gran seguito elettorale: questo è a un tempo un buon motivo per lui per voler tornare e un buon motivo per noi per declinare cortesemente la lusinghiera offerta».
Il deputato Francesco Boccia, invece, fa presente i regolamenti del partito: che «non è un autobus», precisa. «Lo statuto parla chiaro: chi va via dal partito non è che rientra e può essere candidato. Ci sono dei vincoli». E poi, «sarebbe anche un’umiliazione per tutti, non avrebbe senso».
Eppure anche per Boccia le porte di un’alleanza, pre o post elettorale dipende da quale accordo si raggiungerà per sostituire il Porcellum, sono aperte: «Rutelli ha le motivazioni per sostenere il centrosinistra. Lo sta facendo in Sicilia, è ovunque con il centrosinistra, ha un buon gruppo dirigente», argomenta. Anzi, di più: «Mi auguro che Api possa intercettare il più possibile il consenso moderato e possa allearsi con il Pd, con i socialisti, con Sel e con l’area dei progressisti che stiamo costruendo. Da questo punto di vista lo esorto ad andare avanti». Sempre tenendo bene a mente che a dettare l’agenda è Bersani, non Rutelli, ammonisce.
* [url”da L’Espresso”]http://espresso.repubblica.it/dettaglio/rutelli-is-back-imbarazzo-nel-pd/2190874[/url]