
Il Tribunale amministrativo regionale d’Abruzzo ha bocciato il Comune dell’Aquila su una vicenda di ricostruzione post-terremoto relativa a un aggregato da ricostruire prima pubblicato e poi cancellato.
La questione esaminata dai giudici del Tar riguarda l’aggregato costituito da palazzo Vastarini-Cresi e dall’ex monastero Santa Teresa, di proprietà pubblica.
All’inizio il Comune aveva inserito in un unico aggregato i due fabbricati vincolati e i proprietari avevano avviato le pratiche per la costituzione del consorzio obbligatorio. Successivamente l’amministrazione ha cambiato idea, scindendo i fabbricati e assegnandoli a due distinti aggregati, pur in presenza di una continuità strutturale certificata dalla sovrintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici (Bap) e ribadita dal direttore regionale dei Beni culturali, Fabrizio Magani. A quel punto è scattato il ricorso dei proprietari e accolto dal giudice amministrativo, che ha condannato il Comune anche al pagamento di 2 mila 500 euro di spese processuali. I proprietari ora denunciano di «aver perso un anno» e minacciano di inviare le carte alla Corte dei conti.
«Se entriamo nel consorzio con i privati rischiamo di perdere i 10 milioni di euro già stanziati per l’ex monastero di Santa Teresa». Questa la replica dell’assessore alla Ricostruzione del Comune dell’Aquila Pietro Di Stefano. I cittadini hanno avviato la causa, curata dall’avvocato Antonio Boschetti, sottolineando che, nel frattempo, avevano già individuato i progettisti e l’impresa affidataria, e che il Comune aveva «fatto perdere un anno di tempo». Per Di Stefano, invece, «era necessario fare due progetti separati con coordinamento delle parti comuni, in modo da consentire all’amministrazione di intervenire con il contributo assegnato dal commissario delegato per la ricostruzione. Soldi – conclude Di Stefano – che certamente il Comune non può affidare al consorzio perché vanno messi a bando pubblico».