
Si è sentito assediato, accusato. Quando il sindaco Massimo Cialente è entrato nel tendone di piazza Duomo con le poltroncine di velluto rosso, è stato accolto dai lavoratori di Compel che rischiano il licenziamento dal primo maggio prossimo a causa di un disimpegno della società. Intercompel vuole vendere il capannone ed esternalizzare il lavoro solo per 5 lavoratori. E gli altri 95? Da tre mesi sono senza indennità di cassa integrazione. Al fianco dei camici blu che hanno occupato il tendone per una mezz’ora, c’erano i sindacalisti Gino Mattuccilli e Alfredo Fegatelli che hanno avuto una discussione piuttosto accesa con il sindaco Massimo Cialente.
Il primo cittadino è sembrato infastidito dalla manifestazione dei lavoratori che sono arrivati dal sindaco senza aver prima bussato alle porte di Provincia e Prefettura. Il prefetto avrebbe detto, hanno riferito i sindacati, che l’occupazione dovrebbe essere la primo posto dell’agenda del sindaco. Una frase che (se davvero pronunciata) non ha fatto piacere a Massimo Cialente. Dopo aver assistito al duello dialettico fra il sindaco e i sindacati, durante il quale sono volate parole grosse, i lavoratori sono andati via amareggiati concludendo che la politica non serve a nulla. Dal canto proprio Cialente ha promesso che interverrà sulle vertenza per la convocazione di un tavolo ministeriale. Alla base dello scontro forse un fraintendimento, «Non mi va di prendere in giro i lavoratori – ha detto il sindaco – Mi chiedo se siate andati prima a chiedere il parere della Provincia. Venite tutti qui a bussare».
Tornata la quiete l’assessore Lelio De Santis ha illustrato il documento contabile.
L’ASSEMBLEA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI INTERCOMPEL E P&A SERVICE – «Ieri sera abbiamo avuto la conferma che, quello che sospettavamo da tempo, è realtà: in questa città non c’è una sola istituzione politica che si preoccupi di affrontare in maniera seria il problema dell’occupazione. Centinaia di posti di lavoro persi o a rischio, nel disinteresse generale di coloro che dovrebbero invece tenere legate le persone a questa città, per fare in modo che non si spopoli. Anche un bambino capisce che una città può ripartire solo dal lavoro. Il nostro sindaco no! Siamo ancora sconcertati dalla scena pietosa a cui abbiamo assistito ieri sera nel tendone di Piazza Duomo. Un gruppo di lavoratori quasi licenziati e disperati, che va a chiedere aiuto al Sindaco della città e si trova di fronte una persona esagitata e arrogante, che prende a parolacce le rappresentanze sindacali, che si pone come unico problema quello di fare uno scaricabarile tra la Provincia, il Prefetto, la Regione. Come se lui non c’entrasse nulla, come se il nostro problema non fosse anche un suo problema, come se si fosse dimenticato di essere il primo cittadino di questa città. Ebbene, qualcuno glielo ricordi, gli ricordi quali sono le sue facoltà, gli ricordi cosa può fare e cosa non può fare per intervenire in nostro favore, gli ricordi soprattutto che, se è seduto su quella poltrona, è anche grazie al voto di qualcuno di noi. E ricordategli anche che è un Sindaco di sinistra, semmai se ne fosse dimenticato, che ha avuto l’onore e il privilegio di essere delegato dai cittadini aquilani a risolvere i problemi dell’intera comunità. D’altronde erano di sinistra anche gli altri consiglieri presenti all’assemblea, che si sono ben guardati dall’intervenire, nonostante fossero ben a conoscenza della vertenza Intercompel e p&a. Qualcuno ricordi loro che essere di sinistra vuol dire affondare le proprie radici nelle lotte operaie, vuol dire aver combattuto, anche a costo della libertà personale, per il diritto al lavoro e la dignità di tutti i lavoratori, uomini e donne. Ma erano altri tempi, era un’altra sinistra. A questo punto prendiamo atto che dei lavoratori in questa città non importa niente a nessuno, che il lavoro non è una priorità».