Cagliari-Roma conferma: mandiamoli a casa

24 settembre 2012 | 10:13
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Cagliari-Roma conferma: mandiamoli a casa

In margine alla farsa Cagliari-Roma, che ci induce a manifestare incondizionata solidarietà ai tifosi rossoblù, c’è una considerazione che si impone: bisogna mandare a casa chi (non) governa il calcio italiano e, soltanto dopo che la gara di Is Arenas è saltata, scopre come in Italia esista la questione degli stadi e, dentro la questione degli stadi, ci sia la questione Cagliari.

Da almeno 5 (cinque) anni, il club isolano e gli enti locali sono in guerra l’uno contro gli altri perchè il Sant’Elia, divenuto progressivamente sempre più fatiscente, non può più ospitare gare di serie A. Tant’è vero che, cinque mesi fa, la squadra di Cellino è stata costretta ad emigrare a Trieste, fra roventi polemiche.

Ma che l’impianto di Quartu Sant’Elena non sarebbe stato pronto per l’inizio del campionato, lo sapevano tutti. Eppure, sia in Lega sia in Federcalcio, sono andati avanti come se nulla fosse. E a fine luglio, quando sono stati compilati i calendari, al Cagliari è stata affibbiata la prima gara interna alla seconda di campionato, prima della sosta. Naturalmente si è giocato a porte chiuse e soltanto grazie alla signorilità dell’Atalanta di Percassi.

Ritardi, pastoie burocratiche, ripicche si sono susseguite sino alla fatidica notte fra sabato e domenica quando il Prefetto è dovuto intervenire d’autorità dopo avere preso atto dell’allucinante invito formulato da Cellino ai propri tifosi perchè si presentassero comunque allo stadio nonostante fosse sprovvisto delle necessarie autorizzazioni di legge.

Detto che Cellino, il quale è pure rappresentante della Lega di serie A in seno al Consiglio Federale, ha segnato il peggior autogol per la propria squadra che oggi il giudice sportivo punirà con lo 0-3 a tavolino, immediatamente dopo il disastro ecco scendere in campo il presidente della Figc e il presidente della Lega di A, dimissionario dal marzo 2011, ma ancora al proprio posto perchè, in Via Rosellini a Milano, sede della cosiddetta Confindustria del pallone, da 18 mesi non riescono a mettersi d’accordo su chi piazzare al suo posto.

Da Varsavia, Abete tuona contro Cellino e, dopo averci ripetuto per anni che la giustizia sportiva è autonoma e indipendente, invoca addirittuta una punizione esemplare per Cellino e il malcapitato Cagliari Calcio.

Da un luogo imprecisato, Beretta manifesta tutto il suo sdegno per il caso Is Arenas, si straccia le vesti sul caso stadi, supplica perchè venga finalmente approvata la legge ad hoc da un Parlamento dove il relativo di segno del provvedimento rimbalza da quasi cinque anni da una Camera all’altra, fra l’indifferenza della Casta di ogni colore che, come ben sappiamo, è dedita ad autofinanziare le proprie nefandezze con il denaro pubblico.

Nel frattempo, il calcio italiano rimedia l’ennesima figuraccia nazionale e internazionale sul piano dell’immagine. E pensare che voleva organizzare l’Europeo 2012 o, in alternativa, quello 2016. Ma all’Uefa non sono mica scemi.

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