L’Aquila. Giochiamo al terremoto?

29 settembre 2012 | 10:15
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L’Aquila. Giochiamo al terremoto?

di Tiziana Pasetti

Il negozio di giocattoli è grande. Luci che esaltano i colori. La scelta è infinita.

“Allora, scegli una cosa”, dice la mamma alla figlia dagli occhi spalancati per la meraviglia.

Bambolotti rubicondi, Barbie stilosissime, orsacchiotti giganti, cucine che sembrano vere.

“Quella! Voglio quella lì”, indica con il dito la bimba. Una tenda rossa da campeggio delle Bratz.

L’unica rimasta. Scatola distrutta. Un prezzo ridicolo.

La mamma è contenta. Questa volta le è andata decisamente di lusso.

“Ma sei sicura?”, domanda alla piccina incrociando le dita.

“Sì!”, risponde la nanerottola tutta eccitata.

Primo pomeriggio. Interno, open space (sembra un ossimoro, eh?). Angolo gioco.

Quattro piccole donnine sono raccolte intorno alla tenda rossa. La mamma si avvicina. Lancia uno sguardo.

Tanti pupazzetti colorati dormono distesi all’interno della struttura. Altri, fuori, sono messi in fila.

“A cosa giocate?”, chiede la donna.

“Al terremoto!”, rispondono in coro le bambine.

“Questi stanno dormendo”, dice la bambina con i capelli castani chiari, “e questi, invece, fanno la fila per mangiare!”.

“Ma tu non sei mai stata in tenda”, la mamma si rivolge alla figlia, curiosa.

“Sì, però la fila l’ho fatta! Per le scarpe e le merende, non ti ricordi, mamma? E delle tende parliamo sempre, le amichette più grandi ci raccontano. Si sono divertite tanto perché erano sempre tutti insieme! Un grande campeggio!”

Ricominciano il gioco. La bambina mora è una regista che promette bene. “Adesso facciamo che arrivava un bambino che non trovava più i genitori. Allora tutti i grandi lo aiutano e scavano scavano scavano e li trovano vivi. Ah, sì, prendi quel mattoncino nero! Facciamo che c’era la televisione a riprendere il momento dell’abbraccio!

La mamma rabbrividisce per il terrore. Prova ad intervenire: “Bambine, ma il terremoto non è un gioco, queste cose sono accadute davvero e tante persone sono rimaste sole, non è bello, dai!”

La bambina con i capelli intrecciati la guarda stupita: “Mio fratello gioca con il computer. Gli antichi romani che lottano con le belve. Perde sempre e i leoni li sbranano. Allora pure quello non è bello, no? Dai, adesso arrivava Berlusconi e tutti i vecchietti lo abbracciavano!”

La mamma rischia un collasso. Di stampo comatoso.

Irreversibile.

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