
di Sarah Porfirio
Nuova richiesta al giudice titolare del processo alla commissione Grandi rischi, Marco Billi, da parte dell’avvocato Fabio Alessandroni che parla della necessità di protezione sociale cui i migliori scienziati del panorama mondiale sono venuti meno. «È stato detto ad un malato morente di stare tranquillo». «Per il sindaco Cialente, per l’assessore Stati e il dirigente Leone chiedo che siano trasmessi gli atti alla Procura perché se erano presenti alla riunione c’è un tessuto normativo nazionale e regionale sulla previsione del rischio e sulla previsione del danno che incombono su loro. Il primo cittadino disse che uscì ancora più allarmato dalla riunione del 31 marzo e allora perché non ha tutelato la sua comunità?».
Un udienza interamente dedicata ai legali di Parte civile: «Passare dal panico del 30 di marzo alla tranquillità del giorno dopo, fino alla catastrofe del 6 aprile non fu una fatalità come si voleva far credere». Assente l’avvocato Giulia Bongiorno, grande attesa, ad aprire i giochi nel processo ai 7 componenti della commissione Grandi rischi è l’avvocato Attilio Cecchini, legale di fiducia dei parenti di Vezio Liberati.
Scelte razionali delle vittime, fredde, basate su «una assoluta fiducia nelle parole della commissione di esperti chiamati a dare rassicurazioni». «I luminari hanno fatto affermazioni, [i]in primis, [/i]per contraddire Giuliani, il tecnico studioso del gas radon, poi ci hanno detto che scosse più forti di quella del 30 marzo erano poco probabili. Ha creduto nello Stato, ma è stato ingannato dallo Stato. La protezione civile ha ingannato. Ha mancato al suo obbligo di prevenzione».
Tagliente l’avvocato Cecchini che chiama in causa anche l’ex capo della Protezione civile: «Basta rileggere la telefonata tra Bertolaso e la Stati – l’allora assessore regionale alla Protezione civile –, un’operazione mediatica che anestetizzi gli aquilani, ‘in modo di zittire qualsiasi imbecille, placare illazioni, preoccupazioni’. L’imbecille è Giuliani – chiosa Cecchini –. È il primo accenno che Bertolaso fa sulla situazione: ‘Saranno convocati i massimi esperti’ e anticipa quello che diranno. ‘Diranno, meglio che ci siano 100 scosse di 4 scala Richter che il silenzio’».
Nel corso della riunione si condusse, secondo l’avvocato di Parte civile, un «esorcismo» delle teorie perorate da Giuliani, lasciato fuori la sala dove il 31 marzo 2009 si confrontarono i 7 membri della commissione Grandi rischi. Il messaggio fu «un inganno delle strutture statali che indusse in errore la coscienza degli aquilani». «Introdurre San Tommaso, invocare il libero arbitrio, è un insulto alle vittime che gli imputati hanno provocato. Il parere della scienza è solo una trappola culturale come l’ha definita il professore Antonello Ciccozzi». Secondo Cecchini, Giuliani vestì l’abito del convitato di pietra per coloro chiamati a esprimere «dei pareri che non furono altro che il conio delle parole di Bertolaso».
Cecchini identifica un [i]leit motiv [/i]nelle deposizioni dei parenti delle vittime: «Tutti ci hanno detto che alla prima scossa si fuggiva in macchina, non ci eravamo abituati a quello sciame sismico. La scossa segnava l’allarme per abbandonare il letto della propria abitazione. Quel messaggio rassicurante – della commissione – ha indebolito fino ad annullare, deviare, alterare, il dinamismo mentale che ordinava il comportamento delle vittime. Liberati si uniformò al messaggio dopo aver riflettuto, meditato, su quelle parole che, come disse Maurizio Cora, ‘erano attese come la manna’».
Billi, ha disposto su richiesta del Pm Fabio Picuti, la trascrizione dell’arringa di Cecchini parte civile, «talmente ricca di spunti giuridici da approfondire».
Alza i toni l’avvocato Angelo Colagrande e denuncia la posizione del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente: «Nella sua deposizione afferma di non aver capito nulla di quello che aveva detto la Commissione Grandi rischi quando era tornato a casa. Cialente aveva detto solo di essere rimasto confuso e non tranquillizzato. Lo stesso sindaco fu interrogato da un giornalista circa un piano di emergenza su eventuali situazioni di pericolo e lui disse che c’era un vecchio piano redatto dall’ex sindaco Tempesta e che uno aggiornato sarebbe stato fatto nei giorni successivi e che bisognava stare tranquilli perché tanto non sarebbe successo nulla».
Un ruolo discutibile, dunque, secondo l’avvocato Colagrande quella del primo cittadino. «Far sedere Cialente sul banco degli imputati spettava al procuratore deciderlo, dico solo che la Legge prevede che fino a prova contraria, fino a un minuto prima che succeda una qualsiasi calamità, il capo della protezione civile nella città è il sindaco».
Parlando poi delle telefonate, tre in tutto, intercorse tra il ricercatore Giuliani ed il primo cittadino, in cui Cialente veniva messo al corrente di una possibile scossa di forte intensità, circostanza smentita dal sindaco dell’Aquila, Colagrande ha concluso affermando: «La reticenza del sindaco è tale e tanta da restare allibiti».
Affila le armi l’avvocato Antonio Valentini che con il suo esposto nell’estate del 2009 diede vita alle indagini sui 7 componenti della commissione Grandi rischi, scaturite poi nel processo. Nella sua «guerra», così definisce la sua parte nel procedimento stizzendo l’avvocato della difesa Melandri, riferendosi alle 16 ore di requisitoria condotta la settimana scorsa dei Pm Picuti e Roberta D’Avolio, tuona: «Ad un certo punto i Pm mi svirgola quando chiede l’assoluzione per Aurelio Giallonardo e Giuseppina Vasarelli». Una estromissione dal processo chiesta dalla Procura per 7 vittime e un ferito.
«Il messaggio che fu mandato alla commissione Grandi rischi è ancora più grave di quanto è stato detto in questa aula. Non solo dissero che non si verificheranno scosse di maggiore intensità ma dice ‘state attenti ai cornicioni’. Vuol dire che non dovevamo uscire di casa perché la tegola o altro sarebbero potuti cadere». Valentini inoltre individua la violazione di una sequenza di norme che avrebbero dovuto seguire i 7 membri della commissione.
L’avvocato Wania Della Vigna, difensore di fiducia di 11 parti civili, si lega alle parole dello scomparso professore Giuseppe Grandori – al quale si deve l’introduzione in Italia, all’inizio degli anni ’60, della moderna ingegneria sismica e della sismologia applicata all’ingegneria -: «Bisognava solo decidere se dare o non dare l’allerta. Delle precauzioni minime di cui la popolazione dell’Aquila doveva essere informata. Non è stata data la possibilità di decidere come decidere né ai politici né alle vittime».
Sul giudizio approssimativo che sarebbe scaturito dal [i]summit[/i] dei 7 luminari Della Vigna riporta le parole del vulcanologo Francesco Stoppa che tra il 199 e il 2003 fece parte della commissione Grande rischi: «Avrebbero dovuto dare una informazione proporzionata alle nostre conoscenze, che nel 2009 mettevano in luce una criticità all’Aquila. Nelle condizioni che c’erano 5 – 6 giorni prima del terremoto bisognava dare informazioni e questo non vuol dire prevedere i terremoti».
Della Vigna riporta alla mente anche le testimonianze degli scienziati stranieri, intervenuti nel procedimento come suoi consulenti, Lalliana Mualchin – sismologo capo del dipartimento dei trasporti nello Stato della California con la responsabilità di fornire stime di pericolosità sismica, di sviluppare metodi avanzati per la mappatura del pericolo sismico -, e Vladimir Kossobokov – studioso che si dedica alla promozione degli studi scientifici applicati alla riduzione del rischio di pericoli naturali in un mondo sempre più urbanizzato -: «La sicurezza pubblica non è stata presa in considerazione della commissione». E ancora, «come scienziato non avrei mai dichiarato che un grande terremoto non potesse essere possibile».
Dura battaglia per l’avvocato Roberto Madama che lotta per far rientrare nel processo, escluso dalla Procura, Piergiorigio Lauri, il ragazzo rimasto per diverse ore sotto le macerie dell’ala nord della Casa dello studente. Gli avvocati della difesa Stefano e Petrelli nel corso dell’esame del testimone ripresero alcune dichiarazioni rese nel procedimento della Casa dello studenti, ancora in fase di Gup. «Lauri ha mutato il suo comportamento solo ed esclusivamente in seguito al messaggio della commissione. Le chiedo, signor giudice, di raccontare anche la sua storia».
Eleonora Caira, la sostituta della Bongiorno, fa riemergere le immagini che «tormentano l’avvocato Cora da oltre 3 anni a questa parte». Cora, vivo «suo malgrado» dopo essere precipitato per 18 metri, nel crollo parziale della palazzina di via XX settembre 79, ha perduto la moglie Patrizia e le due figlie Alessandra e Antonella. «Senza il messaggio della commissione, le donne avrebbero lasciato l’abitazione e si sarebbero recate al parco del Castello come loro abitudine. Le valutazioni hanno avuto per tutti i 4 componenti della famiglia Cora un impatto così dirompente che ha portato a modellare i loro processi volitivi. Si sono affidati totalmente alla diagnosi rassicurante espressa dalla commissione perché ‘erano la massima espressione della scienza in Italia e non solo, ahimè abbiamo sbagliato’», riporta la testimonianza dell’avvocato aquilano resa il 30 novembre dello scorso anno.
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