
[i]di Oreste Luciani*[/i] – Sull’onda dell’enfasi suscitata dall’inaugurazione dell’auditorium disegnato da Renzo Piano e della presenza di personaggi istituzionali e non, l’assessore Stefania Pezzopane lancia la proposta di candidare la città de L’Aquila a capitale europea della cultura per l’anno 2019. Dalle parole dell’assessore si evince che la proposta sia rivolta all’intera cittadinanza aquilana con lo scopo di suscitarne idee e iniziative che rendano fattibile in seno alle istituzioni europee la candidatura del capoluogo d’Abruzzo.
Ma di quale cultura si tratta?
Il termine, oggi, assume una valenza complessa dal momento che: ‘[i]ogni individuo o società esprime un proprio concetto di cultura che in senso antropologico presuppone un patrimonio collettivo di credenze, tradizioni, norme sociali, conoscenze empiriche, prodotti del lavoro propri di un popolo in un dato momento della sua organizzazione sociale[/i]’.
C’è una cultura economica, scientifica, storica, umanistica, antropologica, archeologica, religiosa, etnica, architettonica, artistica. . .
Sarebbe stato più significativo proporre ad esempio Pescocostanzo capitale europea del merletto o dell’artigianato artistico della filigrana in oro e argento ovvero L’Aquila capitale europea dell’assetto urbanistico di sintesi tra medioevo, rinascimento e barocco, oppure l’area litoranea del Chietino capitale europea di produzione vinaria di eccellenza.
Alle spalle di tale proposta ne esiste un’altra, propriamente aquilana, che tenta di far riconoscere la ricorrenza della Perdonanza celestiniana come patrimonio universale dell’umanità.
Nessuno nega la valenza di tali iniziative che in questo momento difficile dovuto al tremendo sisma del 2009 potrebbero suscitare tra la gente nuova volontà di crescita individuale e sociale, ma le responsabilità di riuscita gravano tutte sulle spalle di una popolazione angosciata da innumeri difficoltà anche di ordine logistico e di speranze di lavoro per sé e i propri figli.
E’ vero comunque che da ogni parte si tenta di rimettere l’Aquila al centro delle attenzioni delle istituzioni nazionali, ma è anche vero che in tal modo la città rischia di ridiventare satellite di iniziative altrui che generano scambio ineguale tra risorse impiegate che contano nella misura in cui procurano alto livello di pubblicità se non di guadagno, viste la scarsità di fondi destinati ad enti ed associazioni artistiche.
Si vorrebbe, infine, individuare un’architettura della partecipazione per ridar corpo alla frammentazione urbanistica che il territorio colpito dal sisma sta vivendo, ma essa è minacciata o dalle strumentalizzazioni politiche, dalla cattura del consenso o peggio dalla mancanza di fondi destinati alla ricostruzione.
Lo stadio di complessità è talmente elevato che si può correre il rischio di confondere l’ispirazione soggettiva dell’architetto artista con il lavoro sistematico dell’architetto scientifico. Esempio emblematico è la realizzazione del nuovo “cubo” di Piano posto accanto al Forte Spagnolo che contiene uno splendido auditorium, intitolato al compianto Carloni, della stessa capienza ma realizzato dentro la storia della città.
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