Macchi, eroe paralimpico: accusato di doping, ora assolto

Questa è la storia di Fabrizio Macchi, eroe paralimpico, ciclista varesino, ingiustamente accusato di doping, escluso da Londra 2012. È stato prosciolto da ogni addebito, ma fuori tempo massimo. La giustizia sportiva, quella che dovrebbe essere rapida, veloce, efficace, ancora una volta è arrivata tardi.
Macchi era accusato di avere frequentato nel 2007 il medico Michele Ferrari, inibito dal 2002 dalla Federciclismo per vicende di doping. È stato assolto “perchè il fatto non costituisce illecito disciplinare”. Per forza: all’epoca, Macchi non era tesserato Coni e, qualora l’avesse voluto, sarebbe stato libero di intrattenere rapporti con tesserati inibiti. Ma c’è di peggio per chi ha impedito a Macchi di partecipare alle Paralimpiadi dove avrebbe potuto vincere almeno due medaglie d’oro: durante il dibattimento non è emerso uno straccio di prova che Macchi abbia mai seguito una tabella, un programma di allenamento di Ferrari. Macchi aveva semplicemente incontrato la figlia del medico che stava preparando la tesi di laurea in scienze motorie.
Il campione del ciclismo paralimpico ha perso Londra 2012 e il posto di lavoro con una testata giornalistica di cui era collaboratore. La procura antidoping del Coni aveva chiesto otto mesi di squalifica e l’immediata esclusione dai Giochi. Adesso, il minimo che Petrucci dovrebbe fare, prima di lasciare la presidenza del Comitato Olimpico, sarebbe chiedere scusa a un atleta innocente che ha vissuto un’esperienza devastante.
«Sono felice perché ero sicuro di me, ma questa vicenda mi ha fatto male, anzi, malissimo. Ho perso le Paralimpiadi per qualcosa di cui non ho colpa. Ho sempre avuto fiducia che la verità sarebbe emersa alla fine. È stato un grande dolore soprattutto per i miei familiari. Voglio solo ringraziare la mia famiglia e il mio avvocato. Certo mi hanno fatto malissimo tutte le accuse, vedere il mio nome legato al doping quando il doping non c’entrava nulla e non è mai entrato in questa vicenda. Non so se ci sono delle colpe, ma io mi assumo le mie responsabilità e lo dovranno fare pure gli altri – ha concluso Macchi – La cosa più drammatica è stata l’aver dovuto dire, il 24 agosto 2012, a mio figlio di cinque anni e mezzo che non andavo a Londra e che lui non sarebbe venuto, mentre i suoi amichetti gli dicevano che avevo rubato. Ecco, questo mi ha dato molto fastidio. E’ stata dura spiegargli che non ero un ladro o un dopato mentre tutti lo scrivevavo o lo dicevano. Ci vorrebbe un po’ più di sensibilità… E, comunque, ormai l’Olimpiade che ho perso non me la potrà restituire nessuno».
Coraggio, Petrucci. Quanto ci vuole per telefonare a Macchi?