
di Xavier Jacobelli
Non c’è niente da fare. Anzichè sotterrarsi o sparire o espatriare, quelli della Casta in questi giorni hanno una preoccupazione: censurare Internet, imbavagliare i blog, intimidire chi esprime le proprie opinioni in Rete.
E il bello è che, con la consueta ipocrisia, tentano di farlo accampando la scusa di riformare le norme sui reati a mezzo stampa per le quali Alessandro Sallusti rischia di andare in galera il 26 ottobre. Ciò che è accaduto al direttore del Giornale è stato talmente indecente da indurre i politici a intervenire con un’affannosa corsa contro il tempo.
Nelle pieghe del disegno di legge all’esame delle Camera è rispuntato, però l’obbligo di rettifica anche per “[i]tutti i siti informatici[/i]”: qualora non ottemperassero alla norma, per i gestori scatterebbero multe salatissime, dell’ordine di almeno quattro zeri. E poco importa che, per correggere il tiro, si voglia aggiungere la dizione: “[i]Tutti i siti informatici di natura editoriale[/i]”.
Siccome quelli della Casta o non conoscono o fanno finta di non conoscere la realtà del web, l’espressione è troppo generica, poichè ogni sito informatico potrebbe avere natura editoriale e quindi essere sottoposto alla norma liberticida.
Tradotto in soldoni, tutto questo significa che, se passasse l’obbligo di rettifica, milioni di utenti della rete potrebbero rinunciare a manifestare le loro opinioni per non incappare nelle pesantissime multe. Non solo: la rettifica potrebbe anche non avere fondamento, ma dovrebbe essere pubblicata comunque, pena la stangata sul portafoglio.
Il voto decisivo è previsto per martedì 16 ottobre in Commissione Giustizia al Senato. Dire no alla censura di Stato su Internet è un dovere civile. E un modo civile per dare una legnata alla Casta.
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