
di Antonio Fatiguso
Una sentenza “rigida, da choc” che impedirebbe in Giappone di “accettare qualsiasi incarico in commissioni di esperti vista la possibilità di condanna”. Koshun Yamaoka, ordinario di sismologia all’Università di Nagoya, in Italia a maggio 2009 per un seminario internazionale sul sisma dell’Aquila, critica la condanna dei componenti della Commissione Grandi Rischi e, in un’intervista all’ANSA, afferma che “se si arriva ad attribuire responsabilità eccessiva agli studiosi, si apre una strada che rischia di limitare la libertà di espressione e il dibattito reale”, con conseguenze sul lungo periodo “per tutti i cittadini”.
“Non so se in Italia funzioni come da noi ma qui in Giappone gli esperti sono chiamati da agenzie nazionali e ministeriali a far parte di commissioni scientifiche per dare informazioni o mettere a disposizioni conoscenze, accettando di buona volontà anche se si perde tempo rispetto ai propri studi e alle proprie ricerche”, osserva Yamaoka, secondo cui, con lo spettro di una ipotetica condanna, “nessuno più accetterebbe incarichi”.
Nel Sol Levante si concentrano ogni anno il 20% delle scosse pari o oltre magnitudo 6 registrate nel mondo, 300 terremoti in media al giorno nel Paese e uno ogni 10 minuti solo nel Kanto, la grande piana su sui ci estende Tokyo e l’area metropolitana più ampia abitata da 35 milioni di persone. “Prevedere i terremoti è difficile”, dice il sismologo per il quale la versione nipponica della commissione Grandi Rischi fa capo direttamente all’Ufficio di gabinetto, alla “Direzione Prevenzione”. All’interno ci sono diversi sottocomitati che si occupano di aree specifiche: “io faccio parte di quello che segue la faglia di Nankai (letteralmente ‘mare del sud’, ndr)”, parallela all’isola di Shikoku, ritenuta tra le più minacciose.
“Non so se si possa fare causa in Giappone ad esperti per le informazioni sbagliate, ma in questo caso solo lo Stato potrebbe essere considerato responsabile”, conclude Yamaoka. La notizia della condanna dei sismologi italiani ha avuto grande rilievo sui media nipponici (ad esempio, l’Asahi Shimbun l’ha pubblicata in prima pagina e le tv, come la Nhk, hanno dedicato speciali), visto il devastante sisma/tsunami che l’11 marzo 2011 causò 18.000 tra vittime e dispersi e devastò il nordest del Paese, con la relativa crisi nucleare di Fukushima. Pochi giorni prima della triplice catastrofe, in un’area del Pacifico valutata meno a rischio, si registrarono varie scosse di cui due superiori al grado 6 della scala Richter, ma nessuno ipotizzò un sisma di magnitudo 9 e un maremoto con onde oltre 40 metri di altezza.
Le previsioni dei terremoti, dice Shinichi Sakai, professore associato dell’Earthquake Research Institute di Tokyo, “sono considerate attualmente molto difficili, come ha ribadito del resto l’ultima e recente riunione della Seismological Society of Japan (Nihon jishin Gakkai, ndr)”. “Se fossi stato io lì avrei detto le stesse cose perché non è possibile stabilire quando può verificarsi una forte scossa sismica”, aggiunge parlando con l’ANSA, in merito alla sentenza del tribunale dell’Aquila.