
di Fulgo Graziosi
Esistono da tempo delle categorie di persone che, a differenza della maggioranza, hanno assunto, non si sa bene a quale titolo, la qualifica di “intoccabili”. Ci riferiamo, in particolare, ai componenti della commissione grandi rischi. Non ci ha meravigliato la reazione degli stessi a caldo, subito dopo la lettura della sentenza del Tribunale dell’Aquila.
Costituisce, invece, un senso di innegabile irritazione la scomposta e irriverente posizione assunta dal mondo della scienza nei confronti del Collegio Giudicante, accusando lo stesso, in maniera palesemente strumentale, di aver sottoposto a giudizio “la scienza”.
Non è così. Non è stata giudicata la scienza. Neppure i dati che la stessa ha raccolto e fornito agli scienziati. Sono state sottoposte a giudizio le disinvolte e superficiali informazioni fornite all’opinione pubblica, che hanno sviato le attenzioni della gente, rassicurata proprio da quelle fonti istituzionali in cui hanno sempre creduto.
Appare appena il caso precisare, affinché il mondo, ancora una volta, prenda cognizione della compostezza e della civiltà degli aquilani: nessuno ha gioito alla lettura della sentenza. Infatti, non ci sono stati scroscianti applausi, o commenti di esaltante soddisfazione. Gli occhi degli astanti sono tornati ad essere umidi, lucidi e tristi. Forse, interiormente ognuno ha condiviso, non la delusione dei componenti della commissione grandi rischi, ma la pena agli stessi inflitti, nella piena consapevolezza che la stessa non serve a riportare in vita tutti i caduti della disastrosa catastrofe abbattutasi sulla città.
Questa ulteriore dimostrazione dovrebbe servire al Capo della Protezione Civile per valutare correttamente, senza porla in parallelo con altre diverse situazioni, quella compostezza che gli aquilani hanno saputo dimostrare anche al cospetto di catastrofi di indescrivibili dimensioni sotto il profilo fisico, morale e sociale.
Se questo esempio non dovesse essere sufficiente, sarebbe bene che l’ex Prefetto dell’Aquila, prenda attentamente in considerazione le pubbliche dichiarazioni del Prof. Visconti, che, a differenza di tutti gli altri, non si dimetterà dalla commissione grandi rischi, in quanto ritiene che la scienza non è stata mai sotto processo al Tribunale dell’Aquila.
La mancata corretta comunicazione dei possibili rischi sismici è stata doverosamente sottoposta a giudizio. Non si sarebbe potuto fare diversamente. Il responsabile della Protezione Civile dovrebbe effettuare una severa e critica riflessione sulla lezione di etica professionale fornita dal professor Visconti, prima di esprimere giudizi sugli atteggiamenti, non del tutto irreprensibili, di alcuni uomini di scienza che non si sentono troppo tutelati.
Cari signori, esistono diritti e doveri che vanno posti in maniera paritaria sulla bilancia del giudizio. Diversamente consentiremmo l’esaltazione di quegli “intoccabili” dal giudizio infallibile. I dati scientifici potrebbero essere infallibili, fino ad un certo punto, non certamente la manipolazione che dagli stessi potrebbe derivare.
Avevamo maturato un giudizio più concreto e positivo dell’ex Prefetto dell’Aquila nel corso del mandato prefettizio. Oggi, però, riteniamo che lo stesso giudizio debba essere riveduto e corretto, soprattutto alla luce di quanto il responsabile della Protezione Civile ha riferito in una recente audizione al Governo, perseverando nella negatività della sentenza del Tribunale dell’Aquila, ritenendo la stessa, addirittura, assurda, perché la pena è stata attribuita in maniera uguale per tutti, malgrado i diversi ruoli e funzioni dei vari componenti la commissione.
Se dovessimo effettuare un corretto e critico esame delle dichiarazioni di Gabrielli rese al Consiglio dei Ministri, dovremmo dedurre che la pena avrebbe dovuto avere pesi diversi in funzione delle figure giuridiche ricoperte, ma, guarda caso, la decisione delle informazioni da divulgare al popolo, che la stessa Prefettura ha ricevuto, fu assunta all’unanimità. Non fu imposta da nessuno, per quanto è dato sapere. Se, poi, Gabrielli è in possesso di diverse notizie, sarebbe oltremodo giusto chiedersi come mai non le abbia doverosamente fornite al Tribunale a tempo debito.
A questo sconcertante balletto interpretativo di una sentenza scaturita dall’esame dei fatti e delle documentazioni, si aggiunge anche lo sconsiderato ed inopportuno giudizio di un Ministro del Governo Tecnico, sparato a salve contro un Tribunale chiamato a giudicare una “Strage di Stato”.
Sarebbe quanto mai opportuno, urgente e indifferibile che il Prof. richiami l’attenzione del Corpo Docente dei suoi Ministri all’indiscutibile assolvimento dei compiti istituzionali per i quali sono stati chiamati al Governo, lasciando da parte illazioni e strumentalizzazione su una sentenza, ancor prima che la stessa venga depositata in termini di legge.
Qualcuno, in città, vorrebbe adottare provvedimenti a sostegno della sentenza che porta e recherà la firma del giudice Billi. A nostro avviso, appare quanto mai superflua e ininfluente perché i Giudici del Tribunale aquilano interessati dalla vicenda hanno operato con professionalità, serenità ed umanità nell’obbligatorio assolvimento di un compito non facile rispetto alle vittime e ai danni causati dalla immane catastrofe sismica che tanti danni ha arrecato alla città e ai cittadini.