La Premiata ditta Ciolina – Biaggi dell’Aquila

5 novembre 2012 | 06:14
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La Premiata ditta Ciolina – Biaggi dell’Aquila

di Vincenzo Battista

‘[i]Ricordo bene la bottega dove si trovavano zio Angelino e zio Luigi[/i]’. Iniziò così, molti anni fa, la conversazione con Alfonsina Ciolina: ‘[i]molti contadini portavano lo zafferano[/i] – raccontava – [i]a Ciolina, che stava a L’Aquila, ai “Quattro Cantoni”, la bottega. . .[/i]”, la Premiata ditta Ciolina- Biaggi, costituitasi nel 1769, commerciava con Norimberga, Augusta, Venezia e poi Bologna, Milano, Genova e tante altre città del nord. Ma questo racconto ha inizio, come sempre, da secoli, in questi giorni, quando spuntano i primi fiori di zafferano (l’unica magia che si conosca di questo territorio) dentro i ridotti campi a quattro solchi lavorati come un giardino dai contadini, intorno alle sterili, desertiche, pietrose terre, che sono tutt’uno con i borghi degli altipiani.

{{*ExtraImg_75308_ArtImgRight_300x405_}}Lo zafferano, appunto, dagli stimmi rossi, posseduto solo il tempo di un incantesimo, quanto basta, e mai utilizzato da loro, dal fascino economico, lussuoso, fastoso: ma questa è un’altra storia.

Questa, invece, riguarda Alfonsina Ciolina : ‘[i]Ero ragazza, sono nata nel 1917 . . .[/i]” così un brano del suo racconto, la sua ‘immagine posseduta’ di una micro-storia della città, una ‘fotografia d’epoca’ così descritta.

‘[i]L’ingresso era sul corso Umberto, dove si entrava nel negozio Grimaldi. In quel piccolo ingresso c’erano due sedie di ‘Vienna’ dove sedevano, alle volte, per vedere il passeggio, gli amici dei miei zii che erano i Palitti e i Cappelli. La bottega era formata da un bancone con due poltrone e una pedana di legno. A sinistra di questo bancone c’era una piccola bilancia d’ottone su cui pesavano lo zafferano, che portavano i contadini, per venderlo. La bottega, inoltre, era attrezzata con dei grossi banconi nel retro dove si conservava una gran massa di zafferano.

{{*ExtraImg_75309_ArtImgLeft_224x482_}}Raggiunto un forte quantitativo, i miei zii lo mettevano al centro della stanza su un [i]telo di lino[/i], nel pavimento, e lo sceglievano facendosi aiutare dal signor Berardo che era il portiere di casa Ciolina.

Per [i]scegliere lo zafferano[/i] toglievano i fili bianchi e tutte quelle cose che in genere i contadini mettevano per aumentare il peso. Si trovavano, infatti, dei fili di lana rossa, oppure direttamente gli stami gialli del fiore. Lo zafferano alla fine era puro, data l’onestà dei fratelli Ciolina; loro lo guardavano attentamente, lo liberavano da tutte le impurità che erano aggiunte.

Fatto questo si metteva in cassette di legno di noce, ricoperti da sacchi di tela di iuta, chiusi con ceralacca, e dopo aver apposto l’indirizzo su pezzi di carta incollata, si spediva sicuramente in Svizzera per le ditte dei medicinali a Milano e Benevento per il liquore “Strega”.

{{*ExtraImg_75310_ArtImgRight_300x423_}}Dopo che i contadini avevano venduto lo zafferano in dicembre e a gennaio, le confezioni non pesavano meno di un chilo. Negli altri mesi dell’anno nella bottega si doveva pulire lo zafferano, prepararlo e spedirlo fuori città con le casse e i contadini allora non venivano più a portarlo.

Mio padre, mi ricordo, un anno fece preparare dei vasetti di ceramica per contenere lo zafferano con scritto ‘Ciolina- Biaggi’ e poi [i]Crocus Sativus[/i] con la figura del fiore. Ci spiegava che bisognava scrivere “Sativus” perché lo zafferano era diverso dal bucaneve, il croco, che nasce sotto la neve'[/i], un’altra storia che non ha fine, avvolta dal mistero; un’altra fiaba che esprime ricchezza, del Signore che chiuse la mano e apparve il bucaneve, che racconteremo, ma questa volta nei giardini del Gran Sasso.

[i](Quinta e ultima puntata)[/i]

{{*ExtraImg_75311_ArtImgLeft_300x427_}}[url”Leggi la prima puntata”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=38360&typeb=4&Loid=153&Quel-fiore-viola-tra-terre-e-pietre[/url]