
«La percezione dello ‘stare dentro’ era già presente nel Medioevo. Porta Napoli fu ricostruita nel 1820 con delle pietre della chiesa di San Lorenzo de’ Porcinari, demolita nel 1811. Lo sguardo Ottocentesco era di una città finalmente aperta. Uno sguardo verso l’altrove, un dialogo urbano».
Questo il cenno di storia di Fabrizio Magani, Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Abruzzo, in occasione della restituzione alla città dell’amata Porta Napoli, tra le 12 porte urbiche del capoluogo d’Abruzzo.
Da sempre via d’accesso alla città la Porta è anche detta Porta San Ferdinando in onore di Ferdinando delle due Sicilie. «In realtà – ha spiegato l’ingegner Giacomo Di Marco, uno dei progettisti impegnati nel recupero – fu chiamata Porta Napoli per la direzione. L’Aquila era la seconda città del Regno. Inizialmente non era una porta urbica, la città allora ne aveva 14».
Notevole l’importanza rivestita anche in occasione della transumanza. «Nella pietra miliare accanto alla Porta – ha affermato, Roberto Marotta, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila – è incisa la distanza fra L’Aquila e Foggia, qui passavano i pastori quando partivano per la transumanza».
Oggi la Porta, fra i luoghi simbolo dell’Aquila, ha il ruolo di riconquista metaforica del centro storico.
Una ricostruzione dopo il devastante terremoto del 6 aprile 2009 che passa non soltanto per l’Abruzzo, ma per l’intero Paese.
Un’apertura verso l’altrove che scriverà altre pagine di storia.
Alessia Lombardo
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