
Si è avvalso della facoltà di non rispondere il dirigente della protezione civile Roberto Petullà di fronte al pm Simonetta Ciccarelli che oggi lo avrebbe dovuto interrogare nel suo ufficio al tribunale di Bazzano.
«È stata un conversazione assolutamente interlocutoria», ha spiegato Petullà, accusato di essere la “talpa” del concorsone, la maxi selezione pubblica per 300 assunzioni nella ricostruzione dell’Aquila, colui che, reo confesso, è accusato di aver inviato una simulazione di uno dei quiz con relativa risposta a un giornale on line aquilano che poi lo ha reso pubblico. Il pm lo indaga per rivelazione di segreto d’ufficio.
«È stata una notifica celere fino all’altro giorno neanche sapevo di questo interrogatorio», ha detto, «quindi mi sono avvalso della facoltà di non rispondere in attesa di vedere come si svolgerà il resto del procedimento. Ma questo non significa che non intendo parlare in seguito con il magistrato».
Quanto alla vicenda giudiziaria, Petullà ha detto: «Credo che la situazione sottostante è destinata molto a ridimensionarsi rispetto a quanto è stato descritto finora».
Nei confronti delle ultime dichiarazioni del sindaco Massimo Cialente, che ha parlato di «complotto e responsabilità più ampie che devono essere indagate in modo approfondito», il dirigente della Protezione civile ha spiegato: «Se Cialente ritiene che ci sia un complotto dietro questa vicenda e ha le sue motivazioni, dica quali sono, sveli il retroscena. A me sfugge l’idea di un complotto. Ma so anche che il sindaco da questo punto di vista è molto fantasioso».
A proposito, invece, del rigetto da parte del Tar Lazio dei ricorsi di alcuni precari della ricostruzione contro il concorsone, Petullà ha detto: «Apprendo ora che il Tar ha respinto il ricorso dei precari, so che oggi c’è stata l’udienza di discussione in merito alla sospensiva relativa a due ricorsi. Credo il concorso sia una procedura assolutamente regolare e mi auguro che venga espletato e concluso quanto prima possibile. Io ho agito i n assoluta buona fede nel mandare l’e-mail.
Se avessi voluto fare qualcosa in mala fede avrei scelto strade diverse. E modalità diverse. Ma sottolineo che non né stato evidenziato che quel quesito è palesemente sbagliato. Le tre risposte proposte sono tutte errate. È un quesito che non poteva essere somministrato in quanto errato. Il quitz che è stato pubblicato era una bozza di lavoro che faceva riferimento a un quesito del tutto errato che non doveva, per questo motivo, essere sottoposto ai candidati».
[Mar.Gianf.]