Ciapi, D’Alessandro: Chiusura alle porte

19 novembre 2012 | 18:15
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Ciapi, D’Alessandro: Chiusura alle porte

«Un altro sfregio si sta consumando senza colpo ferire, la chiusura del Ciapi è alle porte». Lo denuncia il capogruppo del Pd in Consiglio regionale Camillo D’Alessandro.

«Stamane – aggiunge D’Alessandro – ho incontrato i lavoratori e le rappresentanze sindacali del Ciapi e mi pare che non esista alcun progetto da parte della Regione, ancora una volta si paventa un atteggiamento ‘pilatesco’ dove si evita di entrare nel merito».

«Non si tratta di difendere – spiega il capogruppo del Pd – l’esistente a tutti i costi, bensì di capire perchè si è arrivati ad una fondazione Ciapi indebitata e l’associazione Ciapi il cui debito sfiora i 3 milioni di euro. Non io – spiega l’esponente del Pd – ma l’assessore Gatti il 9 luglio del 2010 sottoscrisse un verbale con le rappresentanze sindacali nel quale annunciò l’impegno di estinguere la fondazione facendo transitare tutti i lavoratori nell’associazione, porre in liquidazione l’associazione Ciapi, istituire un nuovo soggetto che abbia il compito di assorbire tutti i lavoratori dell’associazione Ciapi».

«Dal 2010 – prosegue D’Alessandro – il nulla, anzi si è arrivati all’orlo del precipizio, forse perche il Ciapi non ha sede nella provincia dell’assessore Gatti, ma solo in quella di Febbo».

«In Abruzzo – chiede il capogruppo del Pd – serve o non serve la formazione? Quale tipo di formazione? La formazione deve garantirla il privato e basta? Quale possibilità di integrazione? Quanto del lavoro del Ciapi può essere salvaguardato e utile all’Abruzzo? Infine – conclude D’Alessandro –la Regione è totalmente inadempiente rispetto ai suoi precisi obblighi: inadempiente nel versamento delle proprie quote associative, inadempiente nel trasferimento dei beni immobili, inadempiente nel pagamento di quanto dovuto per il personale Ciapi trasferito alla Regione».

LA RISPOSTA DI GATTI – «Massimo impegno per salvaguardare il futuro dei 40 lavoratori, rispetto delle leggi, anche quelle sopravvenute; stop all’indebitamento per un ente strumentale. Su questi punti ci stiamo muovendo per la vicenda Ciapi». Questa la risposta dell’assessore Paolo Gatti in riferimento alle dichiarazioni del consigliere regionale D’Alessandro.

«Per entrare poi nel merito delle affermazioni – aggiunge l’assessore – per quanto riguarda l’ingente mole di debiti accumulati dal Ciapi, il consigliere D’Alessandro farebbe bene a chiedere a coloro che hanno governato la Regione Abruzzo prima del gennaio 2009. In secondo luogo, quanto ipotizzato nel 2010 insieme ai sindacati purtroppo si è scontrato con gli avvenimenti e le normative successive, certamente ben note a D’Alessandro, non ultima quella della [i]spending review[/i]».

«Su una cosa sola D’Alessandro può stare tranquillo – spiega Gatti – ci occuperemmo, come sempre ci siamo occupati e preoccupati, dei lavoratori, che in questa vicenda sono la nostra unica stella polare. E lo faremo rispettando le leggi, come da nostro costume e senza consentire che il Ciapi torni a produrre montagne di debiti come successo in passato a carico degli abruzzesi. Ritengo invece costruttivo proporre al consigliere D’Alessandro di ragionare sulla reale necessità che la Regione necessiti di un ente di formazione pubblico quando, invece, ce ne sono una novantina privati accreditati (tre volte di meno rispetto ai tempi in cui al Governo regionale c’era il centro-sinistra). Informo, in conclusione, che ci sono stati, nelle scorse settimane, incontri formali ed informali con le parti sociali, e sulla base del confronto svolto continueremo a lavorare per produrre le soluzioni migliori possibili per i lavoratori del Ciapi e per tutta la comunità abruzzese».

LA RISPOSTA DI FEBBO – Sull’argomento è intervenuto anche l’assessore Mauro Febbo, che ha parlato di «un modo di fare politica volgare, qualunquista e esclusivamente strumentale come dimostrato dalle dichiarazioni del consigliere regionale Camillo D’Alessandro sulle e difficoltà economiche del Ciapi».

«Con le sue affermazioni – sottolinea Febbo – D’Alessandro conferma di essere al di fuori dalla realtà in cui viviamo e questo perché o finge di non sapere, cosa ancor più grave, o non sa e in questo caso dovrebbe studiare e aggiornarsi. E’ giusto ricordare che le nuove disposizioni di Legge stabiliscono che gli Enti pubblici e le Regioni non possono avere quote di partecipazione in società o enti in passivo (Legge 78/2010 e Spending review). Le Leggi vanno rispettate fermo restando che è nostra priorità tutelare i dipendenti del Ciapi e le loro preziose professionalità. Il capogruppo del Pd a volte veste i panni del paladino della razionalizzazione e del controllo della spesa pubblica ed altre si erge a difensore dei lavoratori, ma dimentica come si è arrivati alle difficili situazioni di bilancio, leggasi ingenti debiti, che hanno investito quasi tutti gli enti partecipati dalla Regione Abruzzo soprattutto sotto le precedenti amministrazioni regionali. In passato infatti, strutture come Centri di ricerca e i Consorzi ecc. erano costantemente foraggiati da finanziamenti regionali e nel corso degli anni si è venuto a creare un quadro a tinte fosche con un ingente quota di debito pubblico pari a oltre 4 miliardi di euro che grazie alla nostra azione amministrativa sono stati ridotti a 2.124.000.000 euro. A questo proposito forse lo smemorato D’Alessandro dimentica come, e soprattutto grazie a chi è cresciuta la voce debitoria del Ciapi che ammontava a oltre 3 milioni di euro. Inoltre secondo molti, considerando contenziosi e altre situazioni, questa cifra dovrebbe aggirarsi intorno ai 6 milioni. Forse dovrebbe chiedere ai suoi colleghi che hanno governato, insieme a lui, la Regione fino al 2009».

«Questa amministrazione regionale – sottolinea Febbo – continua a lavorare con costanza e determinazione per risolvere le ingenti criticità ereditate e a oggi i fatti parlano chiaro. Voglio sottolineare che la Giunta Chiodi preferisce impegnarsi, anche in silenzio, per mettere in campo azioni concrete e risolutive piuttosto che andarsi a cercare spazio e visibilità sui media regionali con dichiarazioni prive di fondamento al solo scopo di screditare gli avversari politici. E questo avviene proprio per l’abitudine di lavorare in silenzio e coerenti con il programma elettorale del nostro partito che riteniamo ancora valido. Prova ne è – prosegue – l’azione amministrativa rispetto al riordino delle Province che è comune a tutti i livelli istituzionali, in una strategia che si basa su due principi chiari e indissolubili: l’eliminazione necessaria delle Provincie prima e, ora, puntando sull’incostituzionalità del Decreto che, così fatto, non tutela molte città e i territori che sono economicamente integrati. A supporto di quanto dichiarato c’è l’ultimo atto in ordine temporale , ovvero la pregiudiziale presentata dal Pdl in Commissione Affari costituzionali del Senato (che porta la firma del Senatore Fabrizio Di Stefano) che punta proprio, come il Governo della Regione Abruzzo ha inteso, all’incostituzionalità del decreto stesso perché non solo contrasta con gli articoli della Costituzione, che disciplinano la materia, ma anche perché produrrà effetti negativi nei confronti della popolazione residente nelle province interessate. Nella pregiudiziale quindi si chiede di non procedere alla conversione del decreto-legge. Contrarietà a questo provvedimento è rintracciabile proprio nel Pdl come si evince anche dall’articolo sul Corriere della Sera di oggi (Mercoledì 21 Novembre) in cui si possono leggere passaggi significativi su tale questione: “[…] Al momento, però, il Decreto non è riuscito a fare il primo passo. E’ fermo in commissione Affari Costituzionali, al Senato. Ieri l’ennesimo rinvio. Una decisione presa dopo la guerra di trincea che si è consumata durante l’incontro tra il ministro della pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi e i capigruppo dei partiti. La Lega non ha mai nascosto la sua contrarietà, specie sullo scioglimento anticipato delle giunte. Il Pd chiede qualche modifica anche se non sembra intenzionato a salire sulle barricate. Il vero scoglio sta dalle parti del Pdl che con il vice capogruppo Oreste Tofani, ha presentato una pregiudiziale di costituzionalità.[. . .]”. Da qui scaturisce un analisi politica importante – conclude Febbo – in cui solo il Pdl ha avuto coscienza, a tutti i livelli istituzionali, con una visione moderna del sistema-Paese e delle Regioni stesse nell’affrontare questo spinoso argomento. La proposta votata in Consiglio regionale, che prevede anche il ricorso alla Corte Costituzionale, ricalca perfettamente questa visione. Siamo fermamente convinti che questo obbrobrio non debba passare mentre altri partiti, come il Pd e finanche l’Udc hanno dimostrato un atteggiamento opportunistico a secondo della situazione e più volte si sono lavati le mani. Il Partito democratico, determinante nella votazione del CAL, ha abbandonato gli scranni in Regione al momento di fare una scelta salvo poi fare un appello al capogruppo ad Anna Finocchiaro (non raccolto, come sottolineato proprio dal Corriere della Sera) per salvaguardare la Provincia di Chieti. L’Udc a livello nazionale non proferisce parola alcuna in merito, in Regione ha presentato, con il consigliere Antonio Menna, un emendamento che mai avrebbe raggiunto la maggioranza dei voti ed infine in Provincia di Chieti, il Presidente Di Giuseppantonio non è riuscito a compattare nessuno dei 103 Sindaci dei Comuni sulle sue posizioni. In definitiva c’è chi fa proclami e propaganda in camaleontici atteggiamenti di convenienza, chi parla il politichese” e non concretizza, chi fa appelli inutili e chi, come il Pdl, il sottoscritto, il Presidente Chiodi e il Senatore Di Stefano, lavora (magari in silenzio) raggiungendo gli obiettivi prefissati».

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