I giornalisti e la smania da Twitter

19 novembre 2012 | 16:46
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I giornalisti e la smania da Twitter

di Maria Chiara Zilli

«Sei quello che [i]twitti[/i]». A ricordarlo ai professionisti della comunicazione è Barbara Sgarzi, «giornalista online e offline», come lei stessa ama definirsi.

Tra i protagonisti del festival GlocalNews, Barbara Sgarzi ha sfruttato uno dei suoi interventi per mettere in evidenza le regole d’oro dei [i]social network[/i], sottolineando come l’errore sia sempre dietro l’angolo.

«Twittare troppo, autopromuoversi, fare spam, non essere abbastanza interessanti», queste le principali trappole che un professionista dell’informazione deve essere bravo ad evitare, senza mai dimenticare la deontologia, protagonista della vita on line e off line di ogni giornalista. Attenzione dunque al [i]tweet[/i] frettoloso: le notizie vanno verificate, anche se il mezzo di diffusione è un [i]social network[/i] e non una testata giornalistica.

Il tema è particolarmente caro anche al presidente dell’ordine dei giornalisti d’Abruzzo Stefano Pallotta, che ha deciso di affrontantare l’argomento nei giorni scorsi attraverso un post pubblicato sul proprio blog. A chiudere l’intervento del presidente una provocazione: «I giornalisti per guadagnarsi autorevolezza e rispetto da parte della pubblica opinione oltre che essere dovrebbero anche apparire culturalmente (in senso lato) credibili. Lo siamo sui social network?».

Secondo Pallotta «il giornalista deve tenere ben presente il suo [i]status[/i] in qualunque contesto pubblico e i [i]social network[/i], chiaramente, non sono contesti privati». «Bisogna stare attenti a non scambiare questi strumenti con spazi di comunicazione privata – argomenta – e a non dimenticare mai la deontologia, in maniera tale da non fare un uso distorto di un mezzo che, se usato in maniera corretta, ha grandi potenzialità».

«I [i]social network[/i] infatti – spiega Pallotta – permettono ai giornalisti di veicolare informazioni e opinioni che non troverebbero spazio nelle testate perché gli editori potrebbero ritenerle ‘scomode’. Grazie ai social network, inoltre, è possibile documentare in maniera multimediale dei fatti di cronaca grazie alla collaborazione dei cittadini, che hanno l’opportunità di diffondere immagini e filmati». «Se usati in maniera corretta – conclude il presidente dell’ordine dei giornalisti d’Abruzzo – i social network possono dunque configurarsi come elementi di crescita civile e democratica».

Consapevole del problema, Barbara Sgarzi ha dedicato gran parte del suo intervento al festival GlocalNews agli errori più comuni e alle strategie per evitarli. «Esattamente come faresti quando scrivi un pezzo fermati a controllare prima di fare un [i]retweet[/i] o di dare un’informazione della quale non sei certo» spiega Barbara Sgarzi, che consiglia sempre di chiarire «qual è la fonte e il grado di certezza della notizia». Se nonostante le verifiche non si è certi del fatto che si sta diffondendo è opportuno «conservare qualche carattere per scrivere ‘non è confermato’».

Twitter concorre allo sviluppo della reputazione dei giornalisti, dunque meglio evitare passi falsi. Tra gli errori più comuni c’è anche l’utilizzo ‘fantasioso’ della grammatica e dell’ortografia per risparmiare caratteri: «Niente abbreviazioni, vietato saltare gli spazi dopo la punteggiatura e niente ‘k’ al posto di ‘ch’» consiglia la Sgarzi. L’esiguità dei caratteri a disposizione per i [i]tweet[/i] non giustifica la sofisticazione della lingua italiana, specialmente se a scrivere è un professionista della comunicazione.

Quando un giornalista decide di utilizzare Twitter non deve dunque mai dimenticare il suo status e deve essere bravo a sfruttare al meglio uno dei cavalli di battaglia della professione: la sintesi. L’attenzione e la concentrazione devono essere costanti, lo strafalcione è sempre dietro l’angolo. L’impegno e il tempo investiti sul social network tuttavia secondo la Sgarzi sono sempre ben spesi perché Twitter è fondamentale per «creare e mantenere la reputazione online di un professionista dell’informazione» e per «coprire eventi in corso di svolgimento con il livetwitting», inoltre questo social network può essere utile anche come fonte, fermo restando il dovere di verifica.

Da Facebook in poi la parvenza di anonimato legata al mondo di internet è sempre più labile, se il [i]social network[/i] di Mark Zuckerberg ha portato i navigatori a ‘metterci la faccia’, Twitter obbliga a ‘a metterci la testa’, a dimostrare cioè le proprie competenze e la propria serietà in campo professionale. Barbara Sgarzi invita dunque a non credere al falso mito del presunto scollamento tra la vita on line e la vita offline: «Twitter in quanto tale non esiste, il popolo della rete non esiste, internet non esiste. A fare Twitter sono le persone».

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