
di Ariale
Il passo pesante ruppe il silenzio dell’attesa. L’uomo, barbuto e grande, prese le chiavi legate alla cinta e cominciò ad aprire gli ingranaggi che cigolarono rumorosamente sotto la sua pressione.
Quando finalmente il portone si aprì, uno scenario tutto colorato e chiassoso investì il custode ormai anziano.
“[i]Silenzio, fate silenzio[/i]” urlò perentorio per frenare quegli schiamazzi. Non c’era angolo che non fosse invaso da quella elettricità contagiosa: le vocali erano le più tranquille, quasi timide, in un angolo giocavano a tresette. Fra le lettere che si rincorrevano ad acchiapparsi travolgendo tutto, sicuramente la A maiuscola era la più arrogante . . . poi c’era il gruppo delle letterine H, J, K, magre ed insicure, spesso dimenticate, quasi dimesse, che aspettavano di essere finalmente chiamate. . .
“[i]Mettetevi in riga, da brave, c’è bisogno di voi[/i]” disse con tono burbero ma paziente Adamo.
“[i]Ora faremo un gioco: mischiatevi e formate delle squadre. Quando chiamerò il vostro numero correte più che potete fino a questa riga. Se riuscite a formare una parola potete uscire. Avete capito?[/i]”
L’eccitazione era alle stelle . . . tutte le lettere cercarono di unirsi frettolosamente . . . alcune fecero persino lo sgambetto alle meno richieste per formare gruppi più forti. . . altre tirarono i capelli alla A, B e C per spettinarle, vanitose come erano. Altre ancora, invece, si integrarono gentilmente con le altre. Ci volle un pochino, ma alla fine le squadre si formarono.
I punti esclamativi, interrogativi, le virgole, gli apostrofi, gli accenti, volteggiavano chiassosamente nell’aria per tifare . . .
“[i]Squadra numero . . . numero . . . TRE…[/i]” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo Adamo.
Le lettere cominciarono a correre, correre, e finalmente arrivarono . . . mentre stavano per formare la parola ANIMALE, la L e la E caddero, si slogarono una caviglia e rimase solo la parola ANIMA.
L’uomo chiamò più volte le squadre . . . non sempre si riuscirono a formare le parole: per esempio ci mancò poco che si formasse Balena . . . ma la seconda A, un po’ grassottella, arrivò fuori tempo massimo e per di più al posto della prima A si intromise, con una sgomitata, la E.
Risultato belen: squalificati senza appello.
“[i]Bene, bene[/i]” disse l’uomo “[i]siete pronte?[/i]”
“[i]SI, SI[/i]” urlarono quelle saltellando e trattenendo a stento l’entusiasmo. Si legarono bene ben l’una all’altra, si misero il casco di sicurezza sulla testa, indossarono le scarpe comode comode ed uscirono smaniose.
“[i]Un attimo[/i]” ordinò l’anziano:“[i]ricordate, le parole hanno una linfa che può stravolgere idee e storie: siete potenti. Ognuna di voi ha un mondo dentro. Sarete in grado di penetrare ovunque, come l’acqua, che si infila nelle fessure quasi invisibili e scappa al controllo e ha un percorso e una vita proprie.
Dalle parole nasceranno le idee e le idee partoriranno altre parole.
Vivere è faticoso, le giornate sono faticose, ma voi avrete la possibilità di alleggerire la fatica.
Le parole, come umili formiche, sono laboriose: hanno il potere rivoluzionario del cambiamento.
A volte le cose non sono come sembrano e allora ci vogliono parole chiarificatrici… altre invece potrebbero ingannare: ti amerò sempre… dipende da chi pronuncia quelle parole.
Ci saranno anche circostanze in cui non sarete ascoltate… non fa niente . . . voi avete il potere di rimanere nell’aria… aleggiare e forse, chissà, inaspettatamente, tornerete a far luce ad un uomo che vi cerca, a dare una risposta o un’intuizione in una situazione confusa . . .
. . . oppure scenderete dolcemente nella mano di una persona che ama scrivere per ricordare, onorare emozioni luoghi o persone che altrimenti, senza le parole, si perderebbero come minuscole particelle di polvere nell’aria.
State però attente, ci sarà anche chi vi userà senza darvi il rispetto che vi è dovuto, chi strumentalizzerà concetti per interesse proprio…chi tradirà una parola data . . .
Questo è un pericolo insito nella vostra missione . . .
Andate, ora, alleggerite i pensieri di chi vi cerca . . . fatevi trovare . . . passate il testimone, formate parole, frasi, date corpo alle intuizioni . . . [/i]”
L’uomo dette loro un sacchetto con la punteggiatura, che si muoveva smaniosa, e aprì la porta. Quelle sgattaiolarono come bambini all’uscita della scuola e corsero via, libere, a contaminare con la loro euforia l’aria e la terra.
Furono infaticabili, liquide come l’acqua che entra ovunque, delle vere professioniste, sbirciarono dalle finestre, entrarono da sotto la porta, origliarono parole sussurrate, arrossirono davanti all’amore, si addolorarono per le lacrime, tifarono ad una partita di calcio, presero il sole su una spiaggia ascoltando le parole sotto gli ombrelloni, udirono le confessioni di un uomo, guardarono le carezze date, si dispiacquero per quelle non date ed esauste, sfinite, tornarono da dove erano partite.
Quando Adamo le fece rientrare, dette loro modo di riprender fiato.
Poi, rifocillate da pane e nutella, con le altre lettere che composte sedevano nella sala, chiese loro di raccontare . . .
Ma una timidezza le bloccò, quasi intimorite. Allora l’uomo per incoraggiarle andò nell’angolo più intimo del locale . . . con le sue mani nodose e macchiate dall’inchiostro nero usato e riusato tante volte aprì lo sportello della vetrinetta e prese il prezioso incunabolo “le Vite di Plutarco” che aveva stampato nel 1481 nella prima tipografia del centro-sud, a L’Aquila, privilegio raro per una città di allora.
Poi accarezzò con lo sguardo i caratteri mobili che avevano reso possibile quella meravigliosa innovazione e cambiato il corso dell’umanità e, toccandoli, gli sembrò quasi di rivedere le sue mani che con tanto ingegno si erano adoperate nell’arte della stamperia per far volare le parole, come piccoli apostoli dalla vita eterna oltre i tempi e gli spazi e rendere immortale il suo nome nei secoli: Adamo da Rottweil.
Parlò loro dei sostantivi che raccontavano tempi lontani in cui si lavorava fino a quando il giorno non si ritirava ed erano le fiaccole ad accompagnare la vita degli uomini: il freddo dell’Aquila, un po’ come la sua Germania, la neve che cadeva copiosa, le montagne ancor invalicate, il quartiere di san Marciano dove aveva abitato con altri tedeschi dediti al commercio dello zafferano, le piazze affollate per ascoltare le prediche pulsanti di S. Bernardino, San Giacomo della Marca, San Giovanni da Capestrano che in questa cittadina avevano seminato le proprie parole ed i loro miracoli.
E si immalinconì al ricordo dei racconti che svelavano la degenerazione di parole in bocca a uomini annoiati e corrotti.
Ma poi parlò, in una ripresa di spirito e di energia, dell’anima di quelle parole che da sempre sono state fondanti, le stesse che avevano sostenuto la crescita dell’uomo e della civiltà: dignità, libertà, rivoluzione, uguaglianza, amore, democrazia, lavoro . . .
Fu solo allora, a racconto finito, quando la tensione si era un po’ placata, che una piccola R, timida timida, incerta, alzò la mano per parlare . . .
Raccontò la sua esperienza, di come avesse incontrato e visto uomini senza più terra, radici, credo e speranza e di come questo l’ avesse turbata profondamente e fremendo, avesse pensato, lei piccola e sola, cosa potesse fare . . . allora stranamente aveva superato le sue insicurezze e aveva chiamato le altre lettere a formare le buone parole che risanano l’uomo e le avesse organizzate in instancabili tour per illuminare uomini tormentati o confusi.
Allora tutte si alzarono in piedi ed applaudirono . . . l’uomo stampò in milioni di copie le buone parole e le liberò mentre tutte le altre letterine soffiavano con le guance gonfie per farle andare . . .
E dovunque andassero, quando il pensiero dell’uomo riusciva ad afferrarle, mentre volteggiavano sopra la sua mente, i deliri, le voci, le tempeste cerebrali si placavano e una fine si trasformava in inizio, nell’incontro perfetto fra un uomo ed una parola, un concetto, un’idea, in un miracolo semplice di chi cerca una risposta che spesso è già in noi, forse sopita, ma esistente, che chiede solo di essere conosciuta: mistero e potenza della mente umana che spezza gli abissi silenziosi con la forza della propria natura e con quella dirompente di parole che guariscono e regalano doni.