Viaggio nel silenzio del carcere minorile dell’Aquila

23 novembre 2012 | 17:01
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Viaggio nel silenzio del carcere minorile dell’Aquila

di Valter Marcone

L’incontro con le storie di adolescenti privati della libertà e chiusi nel carcere minorile dell’Aquila è stato, per più di quarant’anni, un momento saliente del mio lavoro in quella istituzione, prima come educatore poi come direttore.

Ora che quell’esperienza è conclusa sovente tornano alla mente quelle storie, quei volti, quelle emozioni come memoria palpitante di vita: la mia in tutti quegli anni e quella dei ragazzi affidati all’istituto.

La poesia che segue ‘Dentro il silenzio‘, che da anche il titolo alla silloge di quattro composizioni in tutto – le altre tre saranno pubblicate a seguire nelle prossime settimane – è parte di una raccolta più ampia, inedita, dal titolo provvisorio ‘Casa Rieducazione’. La loro parziale pubblicazione ne LeStanzeDellaPoesia, è un modo di dare voce a quei ragazzi brutti, sporchi e cattivi chiamati, di volta in volta, discoli, monelli, banditi, bulli e dalle scienze sociali devianti e disadattati, ma sempre adolescenti alla ricerca di sé nell’arcipelago di esperienze positive e negative che il mondo degli adulti offre loro che spesso sono minori in tutto.

Dare voce a chi non ha molta voce di per sé stesso, tanto più in un contesto come quello dell’Aquila che, ancora oggi, dall’evento del sisma dell’aprile 2009, rimane chiuso, è un modo per far ascoltare quel silenzio e in generale il silenzio di tutti i ragazzi rinchiusi in un carcere. Il silenzio di quelle stanze e di quei cortili, di quei visi, di quelle storie che si alza, a volte, assordante.

Seguiranno le prossime tre settimane ‘Piangeva con una voce da baritono’, ‘Quella curva ad angolo retto’ e ‘Angela si chiamava’.

DENTRO IL SILENZIO

Di te era stremato in fondo

al cuore anche

un sorriso. Io non avevo

che le parole

per navigare lontano:

mi dicevo ti raggiungerò

anche a nuoto. Se tu

mi affidi

anche solo il segno della tua

pena, ritroverò la voce

per te

per dire questo e poco altro.

Tu lo sai che basta un sorriso

per accarezzare il viso

per dire in una grande solitudine

quello che può dire

in una parola una sofferenza senza fine.

Lasciami quel sorriso e dentro il silenzio

mi porti per una dolce deriva a ritrovare

forse per gioco il tempo quand’ero

adolescente come te e mi permetta

di restare adolescente anche se

in ogni età e in ogni lingua

il tuo pianto è pianto.

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