Viaggio nel silenzio del carcere minorile dell’Aquila

di Valter Marcone
L’incontro con le storie di adolescenti privati della libertà e chiusi nel carcere minorile dell’Aquila è stato, per più di quarant’anni, un momento saliente del mio lavoro in quella istituzione, prima come educatore poi come direttore.
Ora che quell’esperienza è conclusa sovente tornano alla mente quelle storie, quei volti, quelle emozioni come memoria palpitante di vita: la mia in tutti quegli anni e quella dei ragazzi affidati all’istituto.
La poesia che segue ‘Dentro il silenzio‘, che da anche il titolo alla silloge di quattro composizioni in tutto – le altre tre saranno pubblicate a seguire nelle prossime settimane – è parte di una raccolta più ampia, inedita, dal titolo provvisorio ‘Casa Rieducazione’. La loro parziale pubblicazione ne LeStanzeDellaPoesia, è un modo di dare voce a quei ragazzi brutti, sporchi e cattivi chiamati, di volta in volta, discoli, monelli, banditi, bulli e dalle scienze sociali devianti e disadattati, ma sempre adolescenti alla ricerca di sé nell’arcipelago di esperienze positive e negative che il mondo degli adulti offre loro che spesso sono minori in tutto.
Dare voce a chi non ha molta voce di per sé stesso, tanto più in un contesto come quello dell’Aquila che, ancora oggi, dall’evento del sisma dell’aprile 2009, rimane chiuso, è un modo per far ascoltare quel silenzio e in generale il silenzio di tutti i ragazzi rinchiusi in un carcere. Il silenzio di quelle stanze e di quei cortili, di quei visi, di quelle storie che si alza, a volte, assordante.
Seguiranno le prossime tre settimane ‘Piangeva con una voce da baritono’, ‘Quella curva ad angolo retto’ e ‘Angela si chiamava’.
DENTRO IL SILENZIO
Di te era stremato in fondo
al cuore anche
un sorriso. Io non avevo
che le parole
per navigare lontano:
mi dicevo ti raggiungerò
anche a nuoto. Se tu
mi affidi
anche solo il segno della tua
pena, ritroverò la voce
per te
per dire questo e poco altro.
Tu lo sai che basta un sorriso
per accarezzare il viso
per dire in una grande solitudine
quello che può dire
in una parola una sofferenza senza fine.
Lasciami quel sorriso e dentro il silenzio
mi porti per una dolce deriva a ritrovare
forse per gioco il tempo quand’ero
adolescente come te e mi permetta
di restare adolescente anche se
in ogni età e in ogni lingua
il tuo pianto è pianto.
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