
di Marcello Martelli
Abbiamo visto che la riformetta delle Province non piace a nessuno. Non serve, crea nuovi problemi, e non si dice precisamente se e quanto farà risparmiare.
Abbiamo capito che il governo dei Professori non è molto ferrato nei conti e, quando prova a farli, sbaglia (vedi pasticcio esodati).
Per non far capire una decisione dannosa e parziale (pur se attesa da più di 40 anni), hanno . . . non spiegato a noi incolti che tutto dipende dalla “spending review”. Che sarà mai? Insomma, si sono trincerati dietro l’[i]inglesorum[/i], come un tempo facevano con il [i]latinorum [/i]i vecchi curati di campagna per mettere in soggezione i peccatori renitenti.
I “tecnici governanti” sono così riusciti a non farci capire molto. Semmai, hanno confuso di più le idee di noi che non abbiamo frequentato la Bocconi e neppure blasonate università di oltre Oceano. Provinciali soltanto e, fra non molto,senza neppure la Provincia. Appiedati del tutto e privati del vecchio usbergo di cittadini d’un piccolo dignitoso Capoluogo carico di storia. Sicché, la riformetta che non serve dovremo solo accettarla senza capirla. Né azzardiamoci a trovare un colpevole se, a giostra conclusa, l’azzeramento del nostro secolare assetto territoriale si rivelerà farmaco più disastroso del male da guarire.
E’ la “[i]spending review[/i]”, bellezza! “[i]Provincia closed[/i]”, direbbe Elsa Fornero la dotta. E se, come prevedibile, il “riordino” cosiddetto fa solo danni, la colpa non è del premier Monti e men che meno del governatore Chiodi. Già lo sappiamo: tutto dipende dalla cura “[i]spending review[/i]”. E se davvero non ce la facciamo a capire, aggiorniamoci con un corso accelerato “[i]ad hoc[/i]” (anzi,“[i]fitted[/i]”).
Dal latinorum all’inglesorum, il salto è d’obbligo. Vogliamo finalmente metterci in testa che il progresso cammina, nonostante tutto, e noi cittadini per primi dobbiamo affrettarci al salto qualitativo verso le nuove frontiere globalizzate? Vogliamo o no essere all’altezza dei raffinati nostri governanti? Almeno, capirli quando si decidono a parlarci? Un tempo, per essere o apparire colti e autorevoli, bastava condire il discorso con qualche citazione di latino maccheronico pescata fra sbiadite reminiscenze scolastiche. Ma adesso che neppure i vescovi conoscono più la lingua morta dei padri? Urge l’[i]inglesoru[/i]m, di cui ci danno quotidiana lezione gli eruditi di Palazzo Chigi, Elsa Fornero in testa.
Aggiorniamoci in fretta. Dopo secoli di Storia, è in arrivo la vendetta della geografia e porta con sé una rivoluzione copernicana, che trasforma i teramani in aquilani, i chietini in pescaresi. In nome della “[i]spending review[/i]” benedetta. Nessuno capisce forse perchè e, soprattutto, sa dire come finirà. Importante è mostrarsi europei. E a morte i provinciali, nel Paese dei conti sbagliati, che ha dimenticato la tabellina, non solo il latino.
P.S.- A rifletterci bene, [i]latinorum[/i] o [i]inglesorum[/i]? Provinciali o europei? Le distanze restano sempre le stesse. Immutabili fra sovrani e sudditi di ieri. Come fra provinciali e [i]élites [/i]bocconiane di oggi. Tanto da far concludere ad un acuto commentatore:[i]”Quando ho sentito choosy, ho pensato a quale e quanta distanza ancora separa, dopo 60 anni di democrazia, le classi colte dalla gente comune, anzi, ordinary people,come direbbe Fornero . . .[/i]”.
A noi della “[i]Provincia closed[/i]” non resta che chiudere con linguaggio [i]démodée[/i]: “[i]Ave Caesar, morituri te salutant[/i]”. Così maccheronicamente tradotto: “Ave Governo spending review, li mortacci di quelli che osano salutarti”.
[i]Da “La Città” quotidiano.[/i]