
Oggi si proclama la volontà, l’assoluta coscienza di voler continuare a lottare per la patria femminile; oggi si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Un ruolo, a quanto pare, quello della donna: madre, moglie, balia, donna in carriera, condottiera, serva, laureata, lavoratrice; un ruolo che merita diritti e non solo doveri, un ruolo che deve essere rispettato nel mondo, nella vita, e anche nella più ingenua quotidianità.
Fu un gruppo di attiviste femministe, nel lontano 1981, che, riunitosi nell’incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, presso Bogotà, stabilì un giorno, il 25 di novembre, totalmente dedicato alla figura femminile. È stata poi l’Assemblea generale dell’Onu a proclamare una campagna di sensibilizzazione e a ufficializzare la data prescelta: il 17 dicembre del 1999 è stata decretata la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e tutti i governi furono invitati a portare avanti il nome della donna, sempre e comunque.
{{*ExtraImg_79845_ArtImgRight_300x200_}}La data scelta ha, ovviamente, un valore esemplare: il 25 novembre del 1960 le tre sorelle Mirabal, donne rivoluzionarie e combattive nei confronti del regime di Rafael Leònidas Trujillo, dittatore della Repubblica Domenicana, furono assassinate. A compiere il massacro gli agenti del Servizio di Informazione Militare: mentre le tre sorelle si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, gli agenti in questione le bloccarono, trascinarono in un luogo appartato, e le massacrarono. Furono poi gettate da un precipizio, chiuse dentro la loro auto, con l’intento di simulare un incidente stradale.
Simboli, a volte, le donne, di lotta contro la tirannia, lotta contro un amore sbagliato, contro una realtà disastrata, e contro una sottomissione assurda: le statistiche non possono altro che confermare questo stadio di arretratezza culturale e sociale; ogni anno una donna su tre subisce violenza fisica o sessuale, ogni anno centinaia di donne vengono uccise e umiliate.
È stata inaugurata lunedì scorso una campagna a favore delle donne con il lancio, al teatro Quirino di Roma, dello spettacolo 1522 organizzato con Telefono Rosa e accompagnato dal percorso musicale Dedicato a Lea con l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti, attraverso il laboratorio teatrale e musicale, ai temi delle pari opportunità. In Italia, infatti, dal 2006 la “Casa delle donne per non subire violenza”, a Bologna, ogni anno promuove il Festival “La Violenza Illustrata”, che, a oggi, è l’unico festival che risulta essere interamente dedicato a questo giorno triste, ma speciale.
Il secondo sesso: così Simone de Beauvoir, una delle primissime femministe, ha considerato l’essere donna in una delle sue opere più tipicamente rivoluzionarie. Una sorta di enciclopedia dell’Universo femminile che affronta e commenta la fisionomia di molteplici tipologie femminee (la sposa, la madre, la prostituta, la lesbica, la narcisista, l’amorosa, la mistica). Dal canto suo, la scrittrice, ha praticamente rifiutato, sul piano privato, il matrimonio e l’avere figli (che il compagno Sarte avrebbe voluto sicuramente).
«Donne non si nasce, lo si diventa». Questa la frase dell’autrice che è stata assunta come icona del movimento femminista storico internazionale. «La liberazione della donna non significa rifiuto della vita di coppia, bensì nuova e paritaria possibilità di relazione tra un uomo e una donna» – così si legge fra le pagine finali di un saggio della De Beauvoir – «Quando sarà abolita la schiavitù di una metà dell’umanità e tutto il sistema di ipocrisia implicatovi, allora la coppia umana troverà la sua vera forma». (g.c)