
La scelta di tempo è stata simbolica e, del resto, in materia, gli inglesi sono autentici maestri.
Durante la partita con il City di Mancini, terminata poi sullo 0-0, non appena è scoccato il minuto 16, lo stesso numero della maglia che Roberto Di Matteo indossava quando giocava nel Chelsea, a Stamford Bridge è venuto giù il mondo.
Un’ovazione interminabile per l’allenatore italiano, campione d’Europa il 19 maggio scorso per la prima volta nella storia dei Blues, vincitore della Coppa d’Inghilterra, ma incredibilmente esonerato dal multimilionario russo Roman Abramovich dopo la sconfitta patita il 20 novembre scorso, a Torino, contro la Juve.
Fischi, buu (il sito del Sun ha ferocemente titolato “Boonitez”, con uno dei giochi di parole che sistematicamente riesce al ytabloid di Murdoch).
E poi uno, dieci, cento cartelli spuntati come funghi sugli spalti e dedicati all’usurpatore Benitez: Rafa Out, Rafa Go Home, We love Roberto, Thank You Di Matteo, you are for ever with us.
Durissima, civilissima, fortissima, la protesta dei tifosi del Chelsea ha pietrificato Abramnovich, sprofondato nel suo giaccone in tribuna, sotot gli occhi impietosi delle telecamere che cercavano lui e Benitez. Il quale, dopo la partita, ha peggiorato la situazione: «I fischi? Non li ho sentiti. Mi interessava soltanto la partita».
Abramovich possiede il Chelsea da dieci anni. Sul suo libro paga sono finiti 9 allenatori. Per ingaggiarli, licenziarli o cambiarli, il Paperone Russo ha speso 65 milioni di sterline. Al cambio odierno fanno circa 78 milioni di euro.
Ma il denaro non può comprare né l’amore dei tifosi né la loro approvazione per l’autentica soperchieria compiuta ai danni di Di Matteo. Onore al popolo dei Blues.