
di Valter Marcone
Una tristezza come di ragazzo
svagato dai sogni solitari
senza terra era la sua:
veniva da un’altra città
tutta diversa e nella memoria
aveva tutte quelle storie
della sua terra.
Piangeva con una voce da baritono
in quel baratro di meraviglia
dei suoi sogni,
note spuntate sull’armonia
d’un clarino affogato
era la sua voce. Saliva,saliva
fino ad incontrare quel sole di carta
disegnato e appeso sul muro della cella.
A sipario calato, dopo l’udienza
continuava a piangere
con la sua antica voce di baritono
e la consolazione non veniva,
non veniva da tutte quelle storie
che non riuscivano mai a concludersi
per continuare ad avvicendarsi
ai confini del mondo
prima di arrivare a quel sole di carta
disegnato e appeso sul muro della cella.
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