
di Massimo Bordin Ilfoglio.it
Quando, nell’estate del 2008, Ottaviano Del Turco venne arrestato, moltissimi, quasi tutti, non ebbero difficoltà a crederlo colpevole.
A eccezione di chi lo conosceva era facile pensare a uno degli innumerevoli casi di corruzione. Per di più la procura di Pescara, che indagava dal 2006, parlava di prove schiaccianti.
C’era pure una foto, che si voleva di più? Sono passati quattro anni e il processo non è ancora arrivato alla sentenza di primo grado.
Tattiche dilatorie da parte dell’imputato? No, se mai problemi alla speditezza del dibattimento sono venuti dalla “parte lesa”. Ma, come spesso succede, al momento dell’arresto c’è stato il massimo risalto della stampa e delle tv nazionali poi a seguire il processo è rimasta solo Radio Radicale.
Ogni tanto però qualche articolo o intervista si pone il problema di un giudizio che ancora non arriva, pur in presenza di prove definite schiaccianti, e ne deduce che tanto schiaccianti non dovevano essere.
Prove forse “fragili, per non dire assenti”. E allora, considerata la durata “vergognosa” del processo come si fa a “ipotizzare che un indagato debba dimettersi dalle cariche politiche”?
Se lo domanda – da qui l’uso delle virgolette – il criminologo Achille Saletti nel suo blog pubblicato, ecco la notizia, dal Fatto quotidiano on line.
di Massimo Bordin – @MassimoBordin